Ladri di mele: alla ricerca del peccato originale degli AS
Re: Ladri di mele: alla ricerca del peccato originale degli
Non sono d'accordo sul fatto che lo psicologo si ferma alla teoria e l'a.s. va sulla pratica. In entrame le professioni c'é teoria e pratica. Pensare che lo psicologo non é effettivo significa pensare che il sostegno psicologico e le psicoterapie non servono, e mi sembra un pensiero disperante tanto quello di Android sull'a.s.. Riguardo al medico, poi, il difetto di tanti medici é proprio quello di non andare oltre il corpo. Questo spiega in parte il successo delle medicine alternative: questi medici danno molta importanza all'ascolto, al dialogo, all'anamnesi profonda e alla componente psicologica. Molti medici oggi fanno corsi di aggiornamento di psicosomatica. Il discorso centrale é che l'a.s. si occupa delle componente sociale e la deve valorizzare. Questa componente sociale si intreccia con quella medica e quella psicologica ma la sua essenza é campo nostro ed é un campo altrettanto rispettabile e difficile. Il problema é che, come diceva anche Paolo, oscilliamo tra onnipotenza e disperazione. Ovvero tra pensare che siamo fighi solo noi (e quindi che i medici e gli psicologi sono dei poveri sciocchi) e tra pensare che non serviamo a niente. É il nostro problema. Io, come Paolo accoglie le parole del signor Bartolucci, penso che siano da accogliere anche quelle di Android e non lo/la accuserei. Non lo farei perché mi farei un'autocritica di categoria: se i colleghi sono stati formati abbastanza, se il loro aggiornamento é congruente, se le loro mansioni sono congruenti. Io capisco il disagio di Android, perché quando hai vissuto alcune evenienze sul lavoro e non solo l'ente, ma la categoria stessa non ti ha supportato, puoi arrivare a pensare come lui/lei. Adesso non so se lui/lei lavora, o non lavora, quanti anni ha ecc. Peró penso che per non pensare almeno in parte quello che dice Android, dobbiamo essere persone veramente forti (oltre ad avere una preparazione tecnica impeccabile) e che hanno avuto la fortuna di vivere in contesti lavorativi ma anche personali molto supportivi. Magari avendo fatto anche esperienze parallele al mondo del servizio sociale che ci hanno aiutato. Perché il percorso dell'a.s. é davero in salita e sono poche le "anime salve" che alla fine non si stancano....
Re: Ladri di mele: alla ricerca del peccato originale degli
mac giusto per puntualizzare... qualche risposta più indietro scrivevo anche questo
1) Lacuna della professione :
Allora, premesso che quanto tu dicevi tra la teoria e la prassi è una cosa totalmente inesatta (in psicologia non si mira a rimanere nel teorico ma proprio l'opposto a far si che concezioni teoriche agiscano per migliorare il reale della persona), nel trattare l'argomento teoria prassi indirettamente hai centrato il problema cardine (sempre dal mio punto di vista) della nostra professione. Noi a differenza degli psicologi e dei medici in realtà siamo slegati dall'anima teorica propria del nostro settore, ovvero la sociologia. In psicologia l'anima teorica e quella pratica convivono (non esiste lo psicologo e l'assistente psicologo) nel nostro caso invece esistono il sociologo (teorico della società) e l'assistente sociale. Da questo divorzio abbiamo ottenuto una sociologia screditata perché difficile nel tramutarsi praticamente ed un servizio sociale screditato perché privo nel suo agire di basi teoriche autorevoli.
2) Lacuna dei professionisti : auspicarsi (in astratto) una autocriticità estrema nell'utente tale da aspettarsi come possibile e giusto che questi possa talvolta arrivare a mettere in discussione persino fondamenti del proprio vissuto, senza poi noi per primi riuscire ad ammettere in che condizioni versiamo(e con riuscire voglio dire avere la capacità di accettare, avere l'apertura mentale per).
Il problema nostro sta in una ERRATA PERCEZIONE della rilevanza del servizio sociale. Senza voler fare scale (che tu contesti ma che poi sembri sposare quando confronti i più e i meno delle diverse professioni) semplicemente “percepiamo” un servizio sociale diverso da quello che è in realtà. Che piaccia o no anche se noi ci riteniamo i salvatori del mondo la professione non gode di tutta questa fama e nei fatti la professione non è (da sempre) quella cosa che noi immaginiamo. Ora davanti a questo STATO DI COSE ci si interroga e le risposte possono essere due. La prima risposta potrebbe essere “ ah la gente non capisce nulla, è colpa dell’altra gente, è colpa delle altre professioni che ci vogliono affossare, è colpa dei colleghi che non conoscono il lavoro, colpa del servizio etc etc etc... (risultato: difficoltà per i successivi 40 anni nel riuscire a trovare ancora una risposta e/o senso di frustrazione)
La seconda risposta invece potrebbe essere “ seppur io percepisca diversamente la professione, se la mia ricerca è seria devo mettere in conto anche l’ipotesi che le mie aspettative e la mia percezione generale della professione siano distorte” (possibilmente si lavora meglio, si finisce con le frustrazioni e si trovano della cause valide sulle quali lavorare, per esempio: come ci siamo ridotti cosi? Da par mio la causa e la soluzione stanno nel punto uno, bisogna unificare la sociologia col servizio sociale)
Per rafforzare quanto sostengo ricorro ad uno dei miei ormai soliti esempi : se tizio è un calzolaio sicuramente riuscirà nel mestiere del calzolaio e sarà sereno, se invece tizio è un calzolaio ma è convinto di fare l’ingegnere non riuscirà mai a fare bene né il suo lavoro di calzolaio né quello di ingegnere
x kappavis: apprezzo il tuo modo di porre le questioni
io comunque ritengo che il discorso possa essere estremamente sintetizzato e brevemente spiegato così:comunque è possibile che io generalizzi troppo, sò che c'è gente che si fa il mazzo e che davvero ci sa fare a loro va davvero tutto il mio rispetto. i dubbi li esprimo sulla professione + che altro
1) Lacuna della professione :
Allora, premesso che quanto tu dicevi tra la teoria e la prassi è una cosa totalmente inesatta (in psicologia non si mira a rimanere nel teorico ma proprio l'opposto a far si che concezioni teoriche agiscano per migliorare il reale della persona), nel trattare l'argomento teoria prassi indirettamente hai centrato il problema cardine (sempre dal mio punto di vista) della nostra professione. Noi a differenza degli psicologi e dei medici in realtà siamo slegati dall'anima teorica propria del nostro settore, ovvero la sociologia. In psicologia l'anima teorica e quella pratica convivono (non esiste lo psicologo e l'assistente psicologo) nel nostro caso invece esistono il sociologo (teorico della società) e l'assistente sociale. Da questo divorzio abbiamo ottenuto una sociologia screditata perché difficile nel tramutarsi praticamente ed un servizio sociale screditato perché privo nel suo agire di basi teoriche autorevoli.
2) Lacuna dei professionisti : auspicarsi (in astratto) una autocriticità estrema nell'utente tale da aspettarsi come possibile e giusto che questi possa talvolta arrivare a mettere in discussione persino fondamenti del proprio vissuto, senza poi noi per primi riuscire ad ammettere in che condizioni versiamo(e con riuscire voglio dire avere la capacità di accettare, avere l'apertura mentale per).
Il problema nostro sta in una ERRATA PERCEZIONE della rilevanza del servizio sociale. Senza voler fare scale (che tu contesti ma che poi sembri sposare quando confronti i più e i meno delle diverse professioni) semplicemente “percepiamo” un servizio sociale diverso da quello che è in realtà. Che piaccia o no anche se noi ci riteniamo i salvatori del mondo la professione non gode di tutta questa fama e nei fatti la professione non è (da sempre) quella cosa che noi immaginiamo. Ora davanti a questo STATO DI COSE ci si interroga e le risposte possono essere due. La prima risposta potrebbe essere “ ah la gente non capisce nulla, è colpa dell’altra gente, è colpa delle altre professioni che ci vogliono affossare, è colpa dei colleghi che non conoscono il lavoro, colpa del servizio etc etc etc... (risultato: difficoltà per i successivi 40 anni nel riuscire a trovare ancora una risposta e/o senso di frustrazione)
La seconda risposta invece potrebbe essere “ seppur io percepisca diversamente la professione, se la mia ricerca è seria devo mettere in conto anche l’ipotesi che le mie aspettative e la mia percezione generale della professione siano distorte” (possibilmente si lavora meglio, si finisce con le frustrazioni e si trovano della cause valide sulle quali lavorare, per esempio: come ci siamo ridotti cosi? Da par mio la causa e la soluzione stanno nel punto uno, bisogna unificare la sociologia col servizio sociale)
Per rafforzare quanto sostengo ricorro ad uno dei miei ormai soliti esempi : se tizio è un calzolaio sicuramente riuscirà nel mestiere del calzolaio e sarà sereno, se invece tizio è un calzolaio ma è convinto di fare l’ingegnere non riuscirà mai a fare bene né il suo lavoro di calzolaio né quello di ingegnere
x kappavis: apprezzo il tuo modo di porre le questioni
Re: Ladri di mele: alla ricerca del peccato originale degli
Cari colleghi, vorrei commentare ancora l'ultimo tema di Android. 1) Personalmente credo che la soluzione non sarebbe quella di unificare sociologia e servizio sociale. Il problema sarebbe creare una disciplina a sé che si chiama servizio sociale e che sintetizza ed elabora gli apporti delle altre discipline (sociologia, psicologia, medicina anche) ma che nello stesso tempo é originale e gode di autonomia accademica e di inquadramento professionale. Puó sembrare un'utopia, ma pare che in tutti gli altri stati europei funzioni cosí, magari non perfettamente, ma abbastanza meglio. 2) Come poni la questione, Android, a me convince abbastanza perché io stessa ho passato questa fase. Ad un certo punto, sono riuscita a sopravvivere alle dinamiche perverse dell'ente convincendomi che "era cosí" e che tanto valeva accettarlo. Questo pensiero mi ha veramente aiutato ad andare avanti, perché ho fatto pace con il sentimento di frustrazione. Ho fatto il professionista serio e scrupoloso, ho continuato a dare, peró con la certezza che il mio dare profondo andava solo verso l'utente e il territorio, assolutamente non verso l'ente. Tre testi che mi hanno aiutato molto sono stati "Il piacere di lavorare" di E. Piccinino, "Il bambino che sei stato", di non ricordo chi, e "Attraversare il dolore per trasformarlo" di Espanoli e Todesco (tutti Erickson). Ho relativizzato le aspettative e la decisione di cominciare gli studi di psicologia é stata una scelta derivata: sintetizzando molto, per fare quello che sempre avevi desiderato e che avevi "messo nel cassetto"; forse per fare la cosa per la quale veramente eri piú adatto (qui dove sono io non si scandalizza nessuno: esistono perfino avvocati e medici affermati che si iscrivono a psicologia per interesse personale) e forse, in fondo in fondo, per avere un piccolo sogno di via d'uscita (prima di lasciare il lavoro, veramente il pensiero di restare in quella situazione fino alla pensione mi toglieva il respiro). Aggiungo peró che ho avuto, negli ultimi due anni, delusioni non piccole anche da parte degli utenti. Non ti ho chiesto, Android, cosa intendevi quando scrivevi "basta con le stelle....", ma ti inquadro il mio pensiero. Cosí come é sbagliato demonizzare l'utente e considerarlo causa di tutti i mali da parte di alcuni a.s. (almeno, nel mio servizio era cosí: "perdo l'udito? mi ha stressato l'utente... mi si interrompe la gravidanza? é stato l'utente... e via dicendo), é anche sbagliato pensare all'utente come se fosse "buono" per natura e che quindi dobbiamo trarre tutta la soddisfazione del nostro lavoro dal smeplice fatto di poterlo "aiutare". Non é cosí. Purtroppo é accaduto, soprattutto recentemente, probabilmente a causa del clima generale di scontento e del cattivo funzionamento dell'ente, che gli utenti se la siano presi con noi, ovvero con gli unici che, a differenza di quanto esprime il signor Bartolucci, non rimbalzano poi tanto come omini del Subbuteo. Tutti gli apicali, cominciando dal direttore generale e passando per il sindaco, il dirigente, il funzionario ecc. rimbalzano, mentre noi ci becchiamo i colpi forti e non rimbalziamo piú, perché siamo l'ultima ruota del carro ma, per magia della pubblica amministrazione, quelli che alla fine ci rimettono siamo NOI. E non parlo assolutamente di aggressioni fisiche, ma parlo di rischi legali, che poi nessuno ti copre, perché alla fin fine tutti i bravi responsabili ti rispondono: la cavolata l'hai fatta tu, d'altra parte la responsabilitá civile e penale é personale. Ecco dunque che ogni volta che fai un passo devi stare attento e pesare tutto quello che dici e che scrivi, per non finire come il compagno di scrivania che deve pagarsi l'avvocato di tasca sua perché l'utente gli ha fatto l'esposto in Procura. Ecco finita la bellezza dell'aiutare. Queste mie riflessioni non vogliono assolutamente dare una visione distruttiva, ma vogliono stimolare a pensare che un professionista (se professionista é) deve vedere al di lá del piacere della mansione e deve anche pensare alla sua tutela e al suo inquadramento contrattuale. Altrimenti, benissimo guadagnare quello che guadagnamo ora e bellissimo anche non fare carriera: ma allora non ci vengano ad appioppare responsabilitá pari a quelle di un primario, solo perché bisogna trovare un capro espiatorio su cui scaricare tutti i mali della pubblica amministrazione.