Domanda provocatoria

ventinove
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da ventinove »

Sarebbe interessante trattare queste tematiche ad un livello più ampio; chessò un seminario, un convegno... se non per brevi cenni, non mi è mai capitato di partecipare ad incontri in cui si siano mai approfonditi questi argomenti...
Oppure: perchè non incontrarci anche a livello informale per disquisire sul tema?
JJJ
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da JJJ »

Hai ragione ventinove tutto ciò dovrebbe essere trattato ad un livello più ampio senza formalismi, cerimonie e letteratura inutile e gli organi professionali dovrebbero farsi garanti di questo. Ma tutto ciò è sistematicamente ignorato, proprio dalla Comunità Professionale stessa. L'istituzione delle Classi di Laurea in SSS è tra le più recenti, nel campo delle Professioni d'Aiuto, rispetto agli altri rami ed ambiti disciplinari. Del resto è innegabile il divario esistente tra le nuovi generazioni di Assistenti Sociali e quelle precedenti; i primi assuefatti ad un contingente di conoscenze teorico-scientifiche fondamentalmente sconnesso e disorganizzato, i secondi forti di un rodaggio pratico maturato in anni ed anni di lavoro sul campo, ma che esula forse, dalla Professione, quale oggi la si vuole intendere. Il punto d'incontro tra il "vecchio" ed il "nuovo",potrebbe essere in primis una riforma seria dell'accesso alla Professione (perchè non prendiamoci in giro all'esame di Stato all'Albro A accede gente che non ha nemmeno il Triennio di base e peggio ancora Laureati provenienti da Cdl diversi seppur di grado Magistrale) con una riforma ancora più seria, unitaria e vincolante da farsi a monte, nel Piano di Studi Universitario e per l'istituzione stessa dei Cdl negli Atenei Universitari. Dico questo con cognizione di causa in quanto successivamente alla Laurea in SSS, ho potuto fare, il confronto (personalmente e direttamente) con il Cdl in ST Psicologiche nello stesso Ateneo; ho trovato innanzitutto: un Corpus di Discipline finalizzato ed attinente alla Professione (non come il mio Cl 6 dove...vabè lasciamo perdere...) e cosa utilissima i Laboratori e le Attività Professionalizzanti dove gli studenti acquisiscono e sperimentano in termini e con riferimenti molto pratici i vari ambiti d'intervento della Professione aldilà dei Tirocini (interno ed esterno)...e nessuno si offenda - in quanto in quello che dico non ci sono intenti polemici - ma è palese che la Psicologia sia quella che concretamente presenta le maggiori affinità con la Ns. Disciplina (anche se si tratta di due Campi d'Azione differenti) e non è un caso che Assistenti Sociali e Psicologi si trovino spesso ad operare in tandem (anche se per così dire non si "amano" ma questo è un altro discorso...). Solo così potremo difendere e palesare quotidianamente (nelle diverse situazioni e con le diverse persone - colleghi di altra professione e non) la Ns. Identità Scientifica e Professionale, e solo così, consegneremo nelle mani delle nuove generazioni una Professione ed un Disciplina solida ed inattaccabile seppur inperfetta, e, scegliere di fare l'Assistente Sociale non sarà un ripiego, poichè, concretamente non s'è potuto fare altro e ne tantomeno s'intraprenderà tale cammino Professionale misconosciendone l'identità e le fondamenta. Tirando le somme...non prendiamoci in giro, ma, esternamente ai Ns. uffici (o forse anche in quelli) siamo invisibili!
ventinove
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da ventinove »

Io vorrei pormi un obiettivo di minima: cercare, se possibile, un confronto diretto con altri colleghi/e proprio su questo tema. Penso anch'io che
gli organi professionali dovrebbero farsi garanti di questo
Ma quando così non è, se voglio darmi delle risposte, vedo queste soluzioni:
- manteniamo il dibattito on line (fortuna che esiste questo canale!);
- mi butto sulla letteratura (ma resto chiuso al confronto);
- mi incontro con altri colleghi/e che hanno a cuore questa tematica.

Preferisco quest'ultima soluzione solo perchè non amo scrivere a lungo al pc e non mi va di sforzare gli occhi. ; )
Apro un altro post per proporre eventuale modalità di incontro e lasciare qui lo spazio a chi vuole mantenere il "dibattito" on line... potrà poi non andare a buon fine, ma almeno ci abbiamo provato!
Nuvoletta
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da Nuvoletta »

Sono d’accordo che questi temi debbano essere ripresi in primis a livello di comunità professionale. Speriamo che il recente obbligo alla formazione continua venga colto come un’occasione per poterci confrontare. Lavoro da più di vent’anni e mai come oggi colgo una seria crisi di identità professionale. Saranno i cambiamenti del welfere che ci trova spiazzati e in prima linea a fronteggiare bisogni a cui non possiamo più rispondere utilizzando beni e servizi con i quali, da sempre, siamo stati comunque identificati (e con i quali SIGH! un certo numero di colleghi si identifica proprio) , sarà la formazione di base che, all’interno dell’università, sta perdendo sempre più la sua caratterizzazione perché non riconosciuta come disciplina scientifica con una sua autonomia . E qui torniamo al problema della scientificità. Noi utilizziamo senz’altro dei parametri (mappe valutative od altro) che ci aiutano a effettuare una valutazione più oggettiva possibile con molti limiti di ripetibilità e controllabilità perché applicata a situazioni molto complesse( dove rientrano contemporaneamente aspetti personologici, relazionali, di contesto, di fenomeno ecc.) Ma la nostra mission non è solo la valutazione, ma anche l’intervento e su questo, considerate le tante variabili in gioco (in primis le risorse per sostenere i progetti incerte, variabili nei tempi, spesso insufficienti) , pongo forti dubbi di scientificità ovvero di ripetibilità e controllabilità. Ed è anche per questi limiti che il mondo accademico fatica a attribuirci una specificità, oltre a ritenere che di proprio della professione vi siano solo due aspetti: la metodologia e i valori. I valori non sono scienza e la metodologia è solo una modalità che serve a raggiungere una conoscenza della realtà. Ma che conoscenze la nostra disciplina ha prodotto? Abbiamo elaborato una teoria?Abbiamo protocolli che garantiscono in modo controllabile e ripetibile risultati certi?Abbiamo, per esempio, test validati per sostenere una valutazione? E’ su questi temi che, secondo me, dovremmo confrontarci se no – e uso concetti obsoleti- non passeremo mai da essere semi-professionisti a veri professionisti e non potremmo mai ritenere scientifico il nostro agire.
JJJ
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da JJJ »

Concordo con entrambi, sia in merito al confronto sul web che in merito alla Formazione Continua. Il Servizio Sociale nel suo universo di valori e di peculiarità trova, un valore aggiunto insostituibile ed inrinunciabile: il suo essere una Professione dinamica sempre attuale e sempre in evoluzione con la contemporaneità. E' un dato di fatto che il confronto, come ben si è espresso ventinove, oggi trova nei forum e nei social media un valido mezzo ed un punto di scambio e di confronto immediato oltre che un ottimo punto di partenza il nostro scopo deve essere quello di avanzare proposte concrete e soprattutto "agire" deve essere l'imperativo! Ma come giustamente osserva nuvoletta la Formazione Continua è l'occasione determinante. Questa crisi identitaria sarà un nuovo punto di svolta? segnerà un nuovo approccio ed una sostanziale "via italiana" della Professione? L'inserimento tardivo (come sempre del resto!) nel nostro paese, della Disciplina nell'istituzione universitaria ha negativamente influito sulla trasmissione e formalizzazione delle conoscenze prodotte. Del resto non dobbiamo dimenticare la nostra storia nel campo delle Professioni d'Aiuto. Percui il punto d'incontro tra il passato ed il futuro siamo noi e tutti noi potremmo essere determinanti, dobbiamo semplicemente alzare la testa, soprattutto in una fase epocale delicata come quella che stiamo attraversando. Percui l'augurio che mi faccio come nuovo Assistente Sociale e che faccio a tutti quanti voi e che in un domani molto vicino si possa misurare e valutare il cambiamento e possa concludersi anche sostanzialmente il Riconoscimento dell'Assistente Sociale nella sua Identità e Professionalità.
ventinove
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da ventinove »

Ciao, ho aperto qui la discussione rispetto ad eventuale disponibilità ad incontrarci:
incontro-informale-vt3732.html
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italo_da_b
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da italo_da_b »

Cari colleghi,
scusate se intervengo a questa simpatica diatriba. La domanda è corretta ma il paragone proposto, direi, è dei più infelici. Avete provato a vedere quanti articoli sul servizio sociale presso le riviste scientifiche sono scritti con rilevazioni empiriche o metodi sperimentali? Molto spesso, infatti - e lo dico per esperienza - emerge da parte nostra ''quell'effetto pigmalione'' che nasce dalla paura di ''essere osservati'', nonché studiati, e col rischio, quindi, che possano emergere le proprie magagne, da ciò si evincono le relative resistenze dei servizi a qualsiasi ricerca. La scientificità della professione è dunque a portata di mano, ma non riusciamo mai ad afferrarla serenamente perchè siamo troppo intenti a ''pararci il *ulo''.
Italo
davide
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Re: Domanda provocatoria

Messaggio da davide »

ho letto con interesse gli interventi di questo post. e vorrei a tal proposito dichiarare che il costante processo di definizione della professione, pone delle sfide assolutamente da cogliere. questa è una di quelle.

Prof. Luigi Gui ha risposto alla domanda con un libro intitolato "Le sfide Teoriche del Servizio Sociale i fondamenti scientifici di una disciplina"
CArocci Faber. un libro importantissimo.

L'utilizzo di paradigmi scientifici come positivismo in un epoca definita post-moderna e liquida sono un tantino anacronistici.
Il servizio sociale in Italia oggi è caratterizzato dalla sua tipica tridimensionalità, individuo, comunità e soggetto istituzionale.
La nostra è una professione che ha un corpus teorico-metodologico preciso e contingente, basato sul concetto della riflessività in azione.

Gli studi sulla riflessività uniti alla tridimensionalità sono un cammino di ricerca non solo tra quelli che pensano (accademia e centri di ricerca) ma devono esserlo anche per coloro che agiscono quotidianamente e che purtroppo sembrano scordare, troppo persi nella relazione incentrata sul paziente, o troppo persi all'interno della burocrazia dell'ente.

a questo proposito suggerirei anche il testo di Silvia Fargion
"Il servizio sociale. Storia,temi dibattiti." Editori Laterza. Una rivisitazione in chiave critica della professione nella storia fino ad oggi.

Abbiamo una responsabilità immensa, quella di coniugare e porci esattamente al centro dei processi di cambiamento della società, al centro tra individui il loro benessere e la loro psiche,e al contempo immersi in un contesto di comunità, territorio e reti senza però mai tralasciare le istituzioni, la politica sociale e i dettami legislativi.
non è davvero sperabile, approcciare una problematica di disoccupazione e le sue conseguenze psico-emotive se non si capisce cosa sta dietro le dinamiche di sviluppo dei sistemi di mercato, perdendo quello che è una funzione base dell'assistente sociale, l'advocacy.
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