Sento la necessità di condividere con la Comunità Professionale un interrogativo che mi sto ponendo già da lungo tempo e che riguarda, credo, un’ampia parte del Nostro lavoro quotidiano con i minori, le loro famiglie e l’Autorità Giudiziaria nei casi di contenzioso fra i genitori.
Per farlo, voglio prendere spunto da una situazione che sto vivendo.
Sono Assistente Sociale dal 1999 e da 9 anni lavoro con contratto a tempo indeterminato in un Comune della Provincia di una grande città che conta oltre 20 mila abitanti e dove sono l’unica figura professionale in dotazione organica.
La storia, riassunta per sommi capi, è la seguente.
Seguo una famiglia composta da madre, padre e tre figli minori in età di scuola dell’obbligo dal 2002, quando il padre si rivolse spontaneamente al Servizio Sociale; dopo qualche anno la coppia si separa e il Tribunale Ordinario dispone una CTU per prendere la migliore decisione in merito all’affidamento. Con un provvedimento di affido condiviso, i figli vengono collocati presso la madre e vengono stabilite le modalità di visita del padre. Già a quei tempi si era attivato un Servizio di Assistenza Domiciliare per Minori a Rischio e la frequentazione dei bambini di un Centro Diurno del territorio. Ho dovuto assentarmi dal lavoro per Maternità in due distinti periodi e, in entrambi i casi, sono stata sostituita solo in maniera discontinua. In questi periodi, in ogni caso, il progetto d’aiuto al nucleo è continuato come lo avevo definito. Rientrata al lavoro e sovraccarica dell’accumulo legato al lungo periodo di assenza durante il quale, appunto, ero stata sostituita in maniera discontinua, la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni chiede al mio Servizio di svolgere un’indagine socio – ambientale sul nucleo in questione; invio la relazione (dopo circa 9 mesi dalla richiesta della Procura), proponendo l’affidamento dei minori al Servizio Sociale e il loro collocamento presso la casa della madre, la regolamentazione del diritto di visita del padre, la continuità della frequenza dei bambini al Centro Diurno e la prosecuzione per i genitori del percorso di sostegno alla genitorialità.
In seguito a questa relazione, il padre mi denuncia all’Ordine Regionale degli Assistenti Sociali che apre un procedimento disciplinare a mio carico (Maggio) che si concluderà ad Ottobre dello stesso anno con la seguente sanzione: sospensione dall’Albo per sei giorni lavorativi. Nel frattempo, il padre, su indicazione dello stesso Ordine Regionale, ha chiesto la mia ricusazione all’Amministrazione Comunale che, però, gli è stata negata, anche perché sono l’unica Assistente Sociale in servizio. In quei giorni, pur recandomi sul posto di lavoro nel consueto orario di servizio, in ottemperanza a quanto stabilito dall’Ordine degli Assistenti Sociali, mi sono astenuta dall’esercizio della professione di assistente sociale. Per inciso, nel frattempo, il Tribunale per i Minorenni aveva emesso un Decreto dove incaricava il mio Servizio di prescrivere ai genitori di intraprendere un percorso di sostegno alla genitorialità e di garantire ai minori adeguata ed assidua assistenza domiciliare (rilegittimando il mio operato malgrado la decisione dell’Ordine di cui il Giudice era stato messo a conoscenza). Mi sono scelta un Legale di fiducia (a mie spese) per presentare ricorso al Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali dove avrò l’audizione a metà del mese di Novembre (a distanza di 18 mesi dall’apertura del procedimento). Malgrado l’Ordine degli Assistenti Sociali mi avesse suggerito di “passare il caso” ad altro operatore, accettando la ricusazione dell’utente (che non era, però, stata ritenuta plausibile né dal mio datore di lavoro né dall’Autorità Giudiziaria), ho scelto di continuare a mantenere la titolarità del caso con la supervisione costante di una collega Assistente Sociale Coordinatore della ASL con la quale ho lavorato a stretto contatto a partire da Marzo scorso. Morale della favola? Siamo state entrambe denunciate all’Ordine Regionale dallo stesso genitore e mi trovo a ricominciare tutto da capo! E prima ancora della conclusione “in secondo grado” del primo procedimento. Ma abbiamo richiesto la riapertura del fascicolo in Tribunale per i Minorenni e di nuovo il Giudice Incaricato ci ha conferito il mandato a fare degli interventi e, quindi, il padre in questione ha chiesto ancora la mia ricusazione.
Premesso che non ritengo di essere infallibile, ma, anzi, di essere soggetta alla possibilità di commettere degli errori, mi chiedo e Vi chiedo: nelle situazioni di contenzioso dei genitori per l’affidamento dei figli minori (in qualsiasi sede giudiziaria, Tribunale Ordinario e/o Tribunale per i Minorenni, Corte d’Appello … ) chi è il nostro utente? Il bambino o il genitore? Quando abbiamo l’incarico dall’Autorità Giudiziaria siamo legittimati ad agire o chiunque può farci sollevare dall’incarico perché proponiamo qualcosa che non sta bene ad una delle parti, cosicché di passaggio in passaggio il tempo passa e si mantiene lo status quo della situazione? E’ probabile che questo padre non abbia più un rapporto di fiducia con me e, forse, è a rischio anche la mia incolumità, ma io non sono deputata alla cura dell’interesse dei minori? Io non credo di avere agito contro i principi della Nostra Professione, ma voglio condividerlo con tutta la Comunità Professionale e confrontarmi con quanti lo vorranno sull’argomento, magari anche organizzando un evento pubblico. Abbiamo, intanto, cominciato a costituire dei gruppi di lavoro composti da Assistenti Sociali, Psicologi ed Avvocati nel tentativo di formulare delle linee – guida condivise dagli Ordini Professionali e dalla Magistratura anche per evitare il ricorso strumentale della denuncia all’Ordine Professionale.
Nel ringraziarVi dell’attenzione che mi avete dedicato, Vi invito a diffondere quanto più possibile queste mie riflessioni con la preghiera, a quanti conoscono personalmente la mia storia, di non diffondere il mio luogo di lavoro o altre informazioni per garantire la privacy di questo nucleo.



Assistente Sociale XY