Mi presento: sono uno studente di servizio sociale, iscritto al terzo anno, che ha intrapreso questo percorso dopo una prima laurea in scienze della comunicazione (presa con lode, ma inutile...), per coronare il sogno di diventare professionista dell'aiuto. Il problema è che svolgendo il tirocinio mi sto rendendo conto di quanto l'assistente sociale per molti versi sia lontano dall'idea "romantica" che avevo della professione. Più che stare vicino agli utenti sostenendoli con la relazione continuativa, accompagnandoli nella presa di consapevolezza dei loro bisogni e delle soluzioni atte a risolverli, mi pare che l'a.s. sia un coordinatore di risorse, una figura di mediazione fra il servizio in cui opera e il territorio, un po' colui che prende i contatti, invia ad altri professionisti che gestiscono l'intervento vero e proprio, e generalmente sta più dietro una scrivania che sul campo vero e proprio. Ad esempio io ero affascinato dal lavoro in carcere, ma ho capito che nell'esecuzione penale esterna l'a.s. svolge un lavoro giuridico che è ben lontano dalle mura carcerarie. Ho conosciuto il ruolo professionale in Prefettura (stendiamo un velo pietoso, là siamo poliziotti), al Ser.T, un minimo all'UEPE, e ora sto prendendo contatto con una collega che opera al Municipio, area minori. Ma l'impressione generale è che l'assistente sociale non è quello che effettua molte visite domiciliari, sta a contatto continuativo con gli utenti, mi sembra che i professionisti che stanno effettivamente sul campo accanto ai pazienti siano gli psicologi/psicoterapeuti e gli educatori. Ora, se io non avessi quasi 26 anni, penserei ad un eventuale passaggio a psicologia. Il problema è che là per poter fare concretamente qualcosa ci vogliono 5 anni (3+2) e poi per fare terapia individuale altri 5 anni di scuola di specializzazione!!!

