Salve a tutti,
stasera voglio porvi un quesito, soprattutto ai più anziani di voi: qual è il punto forte di un/a giovane As senza esperienza?
Mi pongo questa domanda da molto tempo e me la ripeto in particolar modo quando, compilando un curriculum, non so cosa scrivere di concreto nella sezione "esperienze pregresse" (...). Peraltro non ho mai letto un annuncio di lavoro dove non compaia come requisito fondamentale l'esperienza nel settore! In alcuni casi non viene richiesta nemmeno l'iscrizione all'albo...
....qual'è il punto forte di un/a giovane collega senza esperienza?
Sembra un paradosso, ma non lo è, semplicemente perchè per "esperienze" non si possono intendere solo quelle "strettamente lavorative".
Tra queste c'è il tempo libero, il volontariato, i tirocini, pure lavori avventizi,.....tutto ciò sono esperienza, eccome!
Il curriculum non è "l'elenco della spesa", cioè la lista dei lavori. Specie quello europeo aiuta ad autoattestarsi competenze (che fanno qualità!)che derivano anche da percorsi altri.
Se io dovessi selezionare colleghi scaverei appunto (siccome mi interessa la qualità) nelle loro esperienze.
Faccio qualche esempio. Per me tra un neolaureato che d'estate se ne andava per tre mesi al mare nella villa dei genitori e quello che d'estate faceva il bagnino per guadagnarsi qualcosa, la differenza in termini di esperienza c'è. Per me tra un neolaureato che ha fatto il tirocinio per "x ore" (il minimo) ed uno che ha fatto più di "x", la differenza c'è. Idem se un neolaureato durante lo studio ha fatto volontariato ed un altro se ne andava in discoteca.....pure là la differenza c'è. C'è chi si fa l'erasmus, chi invece resta a casa perchè non sa rinunciare alla pasta della mamma... beh, pure là la differenza c'è.
Il mondo del sociale ha mille possibilità d'impiego. Dipende però pure da come noi ci poniamo. C'è chi studia e basta (come al liceo), c'è chi fa altro. E' questo "altro" che fa la qualità.
Ma anche quando si lavora, credetemi: per voi sono uguali due colleghi che vengono da percorsi diversi? Magari il primo è lì de trent'anni, il secondo ha fatto mille lavori, è probabile pure (in quest'Italia) che il primo guadagni di più, ma pensate che siano entrambi esperti?
Ciò per ribadire che la qualità deriva dalla competenza e questa è il frutto delle proprie esperienze, anche extralavorative.
caro collega Albano,
il tuo ragionamento é profondamente giusto... anch'io darei più chances a chi ha fatto esperienze diverse (formative, lavorative, di vita, anche all'estero) di chi ha un c.v. impeccabile fatto essenzialmente di studio e un po' di lavoro retribuito (in quel campo senza mai spostarsi).
se ti trovassi, in futuro, a capo del personale o comunque nella condizione di vagliare c.v. per assumere qualcuno, inizierebbe forse a cambiare qualcosa...
purtroppo il più delle volte la realtà é diversa (in questo caso parlo solo di meritocrazia, non di bravura/determinazione a trovarsi un lavoro, fortuna o raccomandazione/ segnalazione): per esperienza personale e non solo, dico cosa vuoi interessi, al datore di lavoro, se ad esempio hai fatto 1 anno il cameriere in inghilterra, 3 mesi il volontario in africa, altri 6 in albania, istruttore di arti marziali, conosci la lingua dei segni, parli 4 lingue, suoni 3 strumenti... naturalmente con la tua bella laurea anche 3+2, albo ma poco o niente di esperienza concreta, certificata, nel settore che richiedono? potranno dire "uhm però... non é stato proprio con le mani in mano..."
di qui a scommettere su di te o darti una possibilità...
mi pare che ce ne passa.
Ogni sistema di selezione serve a selezionare le persone migliori. Migliori però per chi?
Il problema è semplicemente questo: spesso si pensa che la selezione sia meritocratica, mentre può pure non esserlo, dipende da chi assume. Dipende cioè da COSA stanno cercando, e ciò non vuol dire cercare il migliore.
Faccio un esempio: un Comune che ha bisogno di un assistente sociale - bambola, cioè di una persona che "sappia tappare i buchi" ed "essere servizievole" verso il sindaco. Ho bisogno cioè di una persona che "voli basso" e che veda questo lavoro come occasione di stabilità. Il candidato ideale dev'essere un precario (che pensa di vincere al lotto se ha il posto fisso), meglio se con carico familiare (così si adatta meglio alla stabilità "piatta"), meglio ancora se ignorante, appunto perchè voglio un esecutore. Competenza? E che ci importa, non è quella che si cerca.
Faccio lo stesso esempio al contrario: un Comune che ha bisogno di un assistente sociale attivo, cioè di una persona che "sappia scovare le risorse" ed "essere propositivo" verso il sindaco. E' proprio il caso che io cerchi competenze: conoscenza, flessibilità, creatività, capacità di mediazione, ecc. Sempre un assistente sociale cerco, ma questo è di tipo diverso.
TENDENZIALMENTE le organizzazioni pubbliche hanno bisogno del PRIMO tipo di colleghi. PIU' PROBABILMENTE per gli apicali cercheranno il secondo. Se invece si preferiranno i soliti ignoranti/raccomandati, si metteranno le solite persone sbagliate al posto sbagliato.
Ora però stiamo ragionando -mi pare- su che strategia mettere in campo per venire considerati. Quindi, se è il caso di adattare il curriculum a seconda dell'interlocutore (se devo fare l'impiegato al catasto è meglio glissare sulla nostra creatività), io non posso non puntare su competenze da mettere più o meno in risalto a seconda di chi valuta.
Faccio un esempio: se a me piace ballare il tango e la samba e mi candido ad un Ministero, devo sapere che queste mie abilità non sono richieste. Se invece mi candido per una cooperativa di animazione della terza età, forse è davvero il caso.
Quindi: 1) bilancio di competenze (che quelle fanno la qualità); 2) connettere le competenze all'interlocutore; 3) scindere competenze da esperienze lavorative: sono cose diverse, seppur collegate.
Ogni sistema di selezione serve a selezionare le persone migliori. Migliori però per chi?
Il problema è semplicemente questo: spesso si pensa che la selezione sia meritocratica, mentre può pure non esserlo, dipende da chi assume. Dipende cioè da COSA stanno cercando, e ciò non vuol dire cercare il migliore.
Faccio un esempio: un Comune che ha bisogno di un assistente sociale - bambola, cioè di una persona che "sappia tappare i buchi" ed "essere servizievole" verso il sindaco. Ho bisogno cioè di una persona che "voli basso" e che veda questo lavoro come occasione di stabilità. Il candidato ideale dev'essere un precario (che pensa di vincere al lotto se ha il posto fisso), meglio se con carico familiare (così si adatta meglio alla stabilità "piatta"), meglio ancora se ignorante, appunto perchè voglio un esecutore. Competenza? E che ci importa, non è quella che si cerca.
quel "dipende da chi assume" significa quindi essere o meno equi, avere o meno trasparenza e buona fede,
rivelarsi professionali o meno?
il quadro che hai tracciato, per quanto attendibile, non mi pare molto allegro né edificante. mi chiedo anche: é sempre e ovunque così? scioglierò altri dubbi al convegno del 12 febbraio a roma, magari durante il coffee break.
In Italia vige il sistema taylorista, per cui le organizzazioni cercano non i "geni", bensì le persone "adatte" a quel posto.
Il settore pubblico è ancora legato ad un vaglio meritocratico "formale", ma di fatto ciò non avviene, sia per clientelismo, sia per incapacità cronica dei dirigenti a saper selezionare, sia perchè -anche lì- non si cercano i geni, ma i "fedeli".
Un pò diverso è nel privato, in cui -raccomandato o meno- il lavoro devi saperlo fare.
Stiamo però parlando del LAVORO DIPENDENTE, in cui la mia valutazione NON E' rispetto al merito, BENSI' rispetto alla funzionalità sull'organizzazione.
Se invece ci spostiamo sulla LIBERA PROFESSIONE la musica cambia, eccome: non c'è più un'organizzazione che mi valuta (secondo suoi fini), ma c'è un mercato che mi paga SOLO se sono competente.
Insomma, io non sto esprimendo opinioni. Dico solo: se è così, capiamo almeno perchè ed evitiamo di farci del male da soli.
ugo.albano ha scritto:In Italia vige il sistema taylorista, per cui le organizzazioni cercano non i "geni", bensì le persone "adatte" a quel posto.
Il settore pubblico è ancora legato ad un vaglio meritocratico "formale", ma di fatto ciò non avviene, sia per clientelismo, sia per incapacità cronica dei dirigenti a saper selezionare, sia perchè -anche lì- non si cercano i geni, ma i "fedeli".
Un pò diverso è nel privato, in cui -raccomandato o meno- il lavoro devi saperlo fare.
Stiamo però parlando del LAVORO DIPENDENTE, in cui la mia valutazione NON E' rispetto al merito, BENSI' rispetto alla funzionalità sull'organizzazione.
Se invece ci spostiamo sulla LIBERA PROFESSIONE la musica cambia, eccome: non c'è più un'organizzazione che mi valuta (secondo suoi fini), ma c'è un mercato che mi paga SOLO se sono competente.
Insomma, io non sto esprimendo opinioni. Dico solo: se è così, capiamo almeno perchè ed evitiamo di farci del male da soli.
Premetto che ho dubbi sui sistemi di selezione del personale...
comunque concordo con Ugo in merito alle competenze e aggiungo che anche l'atteggiamento con cui ci si presenta al colloquio di selezione può fare la differenza. Dimostrare di avere buona volontà di imparare, di essere disposti a mettersi in gioco e di avere idee innovative può essere un punto a favore del giovane neo-laureato.
Nazg ha scritto:Premetto che ho dubbi sui sistemi di selezione del personale...
comunque concordo con Ugo in merito alle competenze e aggiungo che anche l'atteggiamento con cui ci si presenta al colloquio di selezione può fare la differenza. Dimostrare di avere buona volontà di imparare, di essere disposti a mettersi in gioco e di avere idee innovative può essere un punto a favore del giovane neo-laureato.
é vero, anche come ti presenti può fare la differenza.
per esempio determinati, curiosi, volenterosi e propositivi. ma ovviamente non basta, spesso viene richiesta esperienza pregressa/specifica... allora bisogna essere abili e un po' fortunati a trovare chi si sente di "rischiare" e metterti, finalmente, in condizione di cominciare. per quanto mi riguarda qualcosa sto facendo, certo non posso ritenermi appagato.
L'esperienza in sè PUO' essere indice di qualità se l'esperienza stessa va nella direzione di ciò che il selezionatore cerca. Ma non è per nulla detto.
ANZI!! Più il selezionatore cerca qualità (come capacità di innovazione), più deve orientarsi verso chi è SENZA ESPERIENZA.
E' logico (al contrario) se ho bisogno di "un passacarte", chi l'ha fatto per anni è oggettivamente un "passacarte di qualità".