Rispondo a Caterina e riprendo il tema partendo da alcune sue considerazioni, che riporto virgolettate, per chiarezza.
1. “essere omosessuali non è un desiderio è un modo d'essere. Come essere uomini, donne, eterosessuali, africani, cinesi.”
R: Possiamo chiamarlo come preferisci, la comunità gay usa diverse espressioni, e mi pare preferisca ad esempio “orientamento sessuale” (cfr.
http://gaynet.it/wp-content/uploads/201 ... stampa.pdf, p. 16). Sui termini bisogna fare molta attenzione, per rispetto e correttezza; io distinguerei tra l’orientamento, il comportamento e i desideri che da questi derivano o possono derivare.
In senso generale, io metto in discussione la pretesa di vedere riconosciuto come diritto un desiderio o una specifica volontà che contrasta con l’attuale assetto giuridico, non giudico il fatto che uno si dichiari omosessuale (o che lo sia o che abbia quel tipo di orientamento).
Per fare un altro esempio, non giudico chi volesse avere tre relazioni stabili contemporaneamente (se mai ci riuscisse …), discuto sul fatto che lo voglia vedere riconosciuto legalmente.
2. “La Costituzione è stata scritta in un periodo storico un po’ diverso da quello che stiamo vivendo adesso. Le cose cambiano”.
R: Appunto, se la vogliamo modificare, parliamone. Non però penso che possiamo trattare la Costituzione in due modi, a seconda del tema trattato:
a) quando ci piace: come legge fondamentale e da applicare,
b) vecchia e superata, quando non ci piace;
mi pare una modalità opportunista.
Il matrimonio è di per sé orientato alla procreazione (orientato non vuol dire che i figli debbano ‘per forza’ esserci), quindi prevede la differenza sessuale. E’ un concetto laico, non religioso. Il matrimonio religioso ha altre valenze che qui non serve richiamare.
3.”Le persone omosessuali pure si sposerebbero, eh, solo che non possono.”
R: La natura del matrimonio è la stessa in tutte le culture e latitudini, indipendentemente da religioni o altre variabili; questo lo dice, tra i tanti, C. Levy-Strauss, antropologo certo non filo-cattolico, in “Razza e storia e altri studi di antropologia”, 1967, p. 149.
Si possono comunque pensare istituti diversi per cose diverse: giustizia non significa dare a tutti lo stesso, ma dare ad ognuno il suo, lo diceva anche Marx. Livellare tutte le situazioni significa disconoscere la specificità di ognuna; e comporta in ogni caso fare un torto a qualcuno.
3. La tutela dei bambini.
R: Io porrei la seguente distinzione. Un conto è cercare di sistemare (passatemi il termine) l’esistente: è il caso dell’adozione dei bambini che ci sono già, e una legge che la disciplina esiste; altro è invece normare una situazione ancora non esistente in previsione che si verifichi: prevedere che un bambino venga concepito o acquisito come figlio di una coppia non composta da un uomo e una donna (che è il dato naturale incontrovertibile) significa sancire che questo sia il suo bene migliore; ebbene, questo mi pone molti interrogativi. Non discuto la capacità di amare delle persone, non sta a me giudicarla, ma la condizione di partenza nella quale quel bambino viene a trovarsi dal suo concepimento in poi. Un bambino ha bisogno, a mio parere, di un papà ed una mamma che si amano, di un utero che lo accolga, di una mamma che, dopo averlo partorito, lo possa anche allattare (il biberon può andare bene come ripiego, ma … vuoi mettere?), di tutto l’amore possibile e di altre cose a completamento (calore, casa, istruzione, stabilità economica, …). Penso di non essere fuori strada, a meno che non riteniamo che l’umanità abbia sbagliato fin qui e che la natura non abbia un suo proprio messaggio (che certamente non è confessionale).
Dire che c’è bisogno di amore, mi sta bene, ma non mi basta. Se basta l’amore, allora perché non riaprire gli istituti (contro i quali il servizio sociale si è giustamente battuto per anni) e li facciamo gestire da personale qualificato e pieno di voglia e capacità di amare?
Due parole sulla tutela o assistenza in ospedale per dire che non è assolutamente vero che al convivente non è riconosciuta la possibilità di essere informato o di prestare assistenza (cfr. ad es. art. 3, L. 91/1999 in tema di trapianti, tanto per citare un argomento particolarmente delicato). In linea generale, non c’è un interrogatorio di stato civile prima che uno venga fatto entrare in camera di degenza a far visita a qualcuno (e se c’è, è illegale): i legami affettivi, tutti, sono riconosciuti; invece, sono le persone non gradite al degente (anche i familiari), che vengono eventualmente invitate ad allontanarsi.
5: “Non parliamo di buon senso, parliamo di studi scientifici e di realtà di fatto”.
Qui indico due questioni: di studi ne possiamo portare tutti, andrebbero visti con attenzione, partendo ad esempio dalle modalità di reclutamento del campione esaminato. Non vado oltre.
Un fatto esistente è certamente un dato di realtà, spero non si pensi che il dato di realtà basti come metro di misura per dire che qualcosa che esiste richiede di per sè un riconoscimento giuridico: è come dire che se mio figlio sa guidare a 15 anni gli devo dare la patente o che se l’amicizia esiste (ed esiste sì!) le devo fare una legge che la disciplini.
” … dietro questi discorsi, che sento da anni, ci sta un'omofobia interiorizzata (o latente)”
Penso che il confronto non si debba condurre sulla base di etichette o pensieri attribuiti ad altri, su cose che uno non pensa e non ha detto. Se il pensiero arbitrariamente attribuito ad altri giustifica attacchi o offese, temo qualche brutta deriva. Confrontiamoci invece su ciò che viene detto e agito, mi pare più corretto.
Per quanto riguarda il comunicato del CNOAS, ritengo si opportuno agire prudenza e riflessione, che se c’è stata immagino sia il frutto di una discussione avvenuta in sede di Consiglio Nazionale, della quale mi piacerebbe conoscere i contenuti, ad esempio un verbale.
Il nostro Codice deontologico al titolo II, parte dai principi ed indica la priorità che va data alla centralità della persona, al rispetto dei diritti universali, al non giudizio di valore sulle persone, al cambiamento, alla non discriminazione; richiama anche i fondamenti etici e scientifici, l’indipendenza di giudizio, il ricorso alla scienza e coscienza. Il Codice non dice, per fortuna, che dobbiamo pensarla tutti allo stesso modo.
Cari saluti a tutti.
G. Marco