PREVENZIONE DEI COMPORTAMENTI A RISCHIO NELL'ADOLESCENZA

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Ass. Nardone-Watzlawick
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PREVENZIONE DEI COMPORTAMENTI A RISCHIO NELL'ADOLESCENZA

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Intervento di Roberta Mariotti, Presidente dell'Associazione Nardone-Watzlawick Onlus tenutosi a Rimini il 28 maggio 2008

Adolescenza, istruzioni per l'uso. Il primo incontro pubblico organizzato a Rimini dall'associazione Nardone-Watzlawick è stato dedicato alla fase più delicata e controversa della vita e alla prevenzione dei comportamenti a rischio che, in questa particolare stagione dell'esistenza, assumono forma e consistenza.

Le riflessioni partono dall'esperienza maturata nel corso di anni di attività psicoterapeutica e di sostegno a genitori e insegnanti e dall'esigenza di condividere concrete possibilità di cambiamento in situazioni difficili che coinvolgono una fascia d'età che continua ad appropriarsi prepotentemente delle prime pagine dei giornali.

Ma quali sono quei comportamenti comunemente considerati a rischio?

L'uso di droga e alcool, il ricorso alla violenza contro se stessi (atti auto-lesivi, suicidio) o contro gli altri (in famiglia, nella scuola, nel mondo), comportamenti sessuali trasgressivi, prostituzione, violenze sessuali, abusi.

Quando si opera, come consulenti o psicoterapeuti, con insegnanti, genitori, medici, educatori, manager accade spesso di facilitare nell'interlocutore, anche involontariamente, l'insorgere di comportamenti preventivi, ovvero di innescare la rottura di un circolo vizioso di situazioni disfunzionali all'interno della famiglia o della scuola. Il risultato è in questi casi proprio quello di prevenire comportamenti che potrebbero diventare pericolosi o patologici.

I casi presentati hanno illustrato come sia possibile prevenire l'insorgenza di comportamenti violenti o a rischio, partendo da situazioni che non presentano carattere di particolare gravità (paure, insuccessi e abbandoni scolastici) ma che potrebbero portare a comportamenti a rischio.

Diversi sono invece gli interventi svolti su casi di situazioni particolarmente critiche, dove si sono già manifestati comportamenti violenti o devianti da parte dell'adolescente. In tutti i casi il punto di partenza per l'intervento è spesso un dettaglio apparentemente poco comprensibile. Portare la famiglia a pensare cosa dovrebbe fare per peggiorare la situazione può, ad esempio, aiutarla - senza accusarla - a rendersi consapevole, a chiedersi se sta facendo qualcosa che non è utile, o se sta andando incontro a passi falsi. In alcuni casi si può anche aiutare i genitori a immaginare uno scenario futuro catastrofico per spaventarli e indurli a cambiare comportamenti disfunzionali. Il lavoro terapeutico mira a capire quello che si sta facendo senza successo, individuare cosa fare e riflettere sulle eccezioni ai comportamenti problematici. Una volta individuate, si cerca di aiutare le persone coinvolte a replicare le eccezioni positive. A questo proposito è anche importante la costruzione di un piano d'azione rivolto al recupero di capacità e non solo a punizioni: di fronte a un comportamento negativo, ad esempio, si indirizza il responsabile verso lavori socialmente utili, come aiutare gli anziani, i portatori di handicap, le persone in difficoltà.

Quando si è di fronte all'insorgere di un comportamento problematico, si opera per sostenere la famiglie o gli educatori a ritrovare capacità, coinvolgendo tutti gli attori in gioco nella ricerca di soluzioni, evitando la ricerca di colpevoli.

Tra i fattori maggiormente responsabili del rischio di incorrere in situazioni problematiche l'isolamento, il rifiuto, la mancanza di calore e coinvolgimento. Gli adolescenti violenti sono isolati per vari motivi (responsabile non solo la marginalità sociale ma anche la percezione di essere “invisibili” per i propri genitori) e alla ricerca di un senso di appartenenza. Alcuni non possiedono abilità sociali sufficienti per tenere vivi i legami con gli amici, per altri la strada è maestra di vita. Talvolta anche ragazzini ben educati, di famiglie ben integrate nel sociale, insieme possono produrre alchimie esplosive (naturalmente può accadere anche il contrario).

Tra i fattori connessi all'insorgenza nei ragazzi di comportamenti difficili anche stili educativi particolarmente permissivi e tolleranti o, al contrario, l'uso coercitivo del potere attraverso repressione, punizioni fisiche o violente esplosioni emotive.

Cardine del lavoro terapeutico la rapida individuazione di “chiavi”, elementi utili per comprendere la possibilità di cambiamento. Soluzioni veloci, vere e proprie “pillole” necessarie perché la situazione si sblocchi. E' importante portare alla luce e alla consapevolezza degli adolescenti problematici quanto sia importante, per esempio, fare la differenza nel gruppo di pari. Spesso i ragazzi tendono, infatti, ad aderire ai comportamenti comunemente accettati e condivisi all'interno della comitiva, senza valutare criticamente le posizioni che vengono assunte. Un'altra strategia è quella di indurli a rappresentare un punto di riferimento a scuola: le posizioni aggressive tradotte in energia verso i più deboli, la forza in coraggio di opporsi alla vigliaccheria. Necessario poi analizzare il ruolo dell'atto di violenza verso se stessi e gli altri, passaggio chiave nella soluzione dei problemi: la violenza è solitamente un mezzo per ottenere qualcosa, per essere visibili, per essere considerati leader.

Nel concreto, si deve portare i ragazzi a comprendere che ogni azione ha una conseguenza e una possibilità di scelta. Nei casi di uso e abuso di sostanze stupefacenti o alcool è importante “piantare un piccolo seme” per creare una “sensazione di avversione” nei confronti delle sostanze stesse.

Per ciò che riguarda il rapporto con gli altri, è necessario tentare di rafforzare e restituire la capacità di agire alla vittima delle violenze attraverso la ridefinizione del sacrificio. In secondo luogo è fondamentale stabilire un'alleanza tra genitori o tra genitori ed educatori, portandoli a dichiarare il fallimento educativo (“Ogni volta che sei violento ce ne andiamo”) e sottolineare come ogni azione ha una conseguenza (individuando conseguenze che orientino l'adolescente verso un esperienza forte, ma positiva).

Nel corso del primo incontro gli interventi dalla sala hanno toccato diverse situazioni. Una di queste ha riguardato la difficoltà di mantenere la gerarchia con i propri figli. E' molto diffuso, infatti, oggi chiedere a bambini e adolescenti cosa vogliono, quando dovrebbero essere i genitori ad avere il compito di scegliere per loro, riflettendo sulle conseguenze a cui ogni azione può portare.

Cosa fare in questi casi?

Recuperare l'autorevolezza ed evitare il braccio di ferro : l'adolescente non va spinto in una direzione, ma indotto a riflettere sulle sue azioni e sulle sue scelte, mantenendo, come adulti, la propria “linea”, la propria posizione anche in situazioni estreme.

Evitare di entrare in scontro : gli adolescenti non stimano le persone che cedono, che non hanno la forza di sostenere un dialogo con opinioni diverse, che non passano valori. E il conflitto che si verrebbe a creare è profondamente legato alla relazione adulto-adolescente, che non è altro che un rapporto di leadership.

Mantenere le priorità : a volte si perdono, altre si devono adattare a seconda del contesto.

Il rapporto con i figli è una “specie di danza dove i passi non si sanno in anticipo”, è un riadattamento continuo rivolto a evitare l'irrigidimento.

www.nardone-watzlawick-onlus.org
Associazione Nardone-Watzlawick Onlus
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