dinamizzazione di un territorio

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pallaspina
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dinamizzazione di un territorio

Messaggio da pallaspina »

Salve colleghi, da circa un anno lavoro come coordinatrice di un programma per minori e famiglie in una fondazione di Barcellona (Spagna). Si tratta di un grosso progetto nazionale promosso da una fondazione importantissima, gestito da una fondazione locale della quale io sono dipendente. É un lavoro un pó atipico: il mio contratto é di assistente sociale peró l'80 per cento del mio lavoro é coordinamento di servizi (psicoterapie, doposcuola, centri ricreativi, ecc.)e dinamizzazione del tavolo d'infanzia di quartiere (in cui é inclusa la gestione di un programma informatico) e una piccola parte intervento diretto con le famiglie in collaborazione con i servizi sociali territoriali.
Quello che appare evidente é che il "tavolo" é un pó "spento", perché si tratta di un territorio non facile, con poche entitá sociali e soprattutto (ahimé) una scarsissima collaborazione dei servizi sociali. Anzi i servizi sociali sono proprio l'anello debole, non entro nel merito peró non hanno la benchçé minima mentalitá di lavoro di rete e territorio e si pongono in una posizione molto rigida e arroccata.
Piano piano si creano sinergie, io poi oltre ad essere nuova non vivo nel quartiere e sono pure straniera, quindi il mio prossimo obiettivo é quello di conoscere meglio il territorio. Al tavolo per ora partecipano: servizi sociali, scuole di ogni ordine e grado, una ludoteca e un centro aggregazione del Comune, l'ente preposto ai progetti scolastici (che credo che in Italia non esista, mentre qui ci sono equipes territoriali formate da psicologi, assistenti sociali e psicopedagogisti per i problemi di apprendimento e comportamento in ambito scolastico, il sostegno, etc.).
La mia coordinatrice dice che biusognerebbe dinamizzare questo tavolo... in qualche modo... ma come? io sono anche psicologa peró devo dire che le dinamiche che conosco sono specificamente terapeutiche, qui forse ci vorrebbe qualcosa di coaching... Non so... le varie entitá si conoscono fra loro, con me collaborano bene, peró c'e' sempre un pó un clima "non ci credo". Questo progetto funziona in base a un portafoglio di servizi: in base ai soldi che ci danno e alle esigenze del territorio, attiviamo determinati servizi. Peró poi al momento di individuare chi va ai servizi, sono io che me lo monto facendo incastri: i servizi collaborano molto poco, non segnalano casi anche se quello che offriamo é tutto gratis e interessante (avrei voluto io in Italia poter mandare almeno un caso a un'attivitá educativa 5 pomeriggi al giorno...gestita da professionisti poi!!).
Voi che dinamiche proporreste per stimolare la riflessione sul territorio? Qualche idea?

Chiara
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ugo.albano
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Re: dinamizzazione di un territorio

Messaggio da ugo.albano »

Da come la racconti, cara Pallaspina, gli attori "devono" interagire, ma non mostrano interesse.

L'interesse delle organizzazioni no profit non è etico, ma squisitamente economico. Almeno in Italia è così, nonostante le chiacchiere.

Il presupposto del business è l'immagine sociale e la capacità di autolegittimarsi sulla popolazione e sui "moneygivers" (cioè chi paga).

Quindi può avere successo una proposta in cui ogni entità presenta se stessa e ciò che funziona.

Proporre quindi una "festa di quartiere" o "settimana dalle porte aperte". Questa può essere una proposta da fare: un progetto comune di autopresentazione di ciò che si fa.

Diventa un modo per abbattere le resistenze a collaborare, chiedendo però ad ognuno di mostrare se stessi.

Chi poi giudica è il territorio, gente e politici, per non parlare dei mass-media.

Io in Italia farei così. Non conosco la Spagna, ma essendo i cugini iberici simili a noi, azzarderei un'ipotesi di successo dell'idea.
Ugo Albano

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pallaspina
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Re: dinamizzazione di un territorio

Messaggio da pallaspina »

Grazie Ugo per lo spunto. É certo che il settore ONG é pura vetrina peró io vedo due livelli. La vetrina vera e propria (il settore comunicazione mi scrive un giorno sí e uno pure) e la realtá di operatori sociali motivati, dinamici, molto preparati ed entusiasti, che trovano a loro disposizione risorse (non infinite, ma non poche) e percorsi pochissimo burocratici per accedervi. Quindi é vero che al patronato della Fondazione importa un fico secco degli utenti, anzi se potessero li eliminerebbero peró non possono perché la Fondazione sta in piedi grazie a loro. Ma é anche vero che il territorio vive delle relazioni virtuose che si creano grazie al fatto che chi sta "a pie de calle", come dicono qui, fa una parte di vetrina (é indubbio) ma per raggiungere l'obiettivo di captare risorse per trasformarle in percorsi di vita per gli utenti. La festa di quartiere non é male come idea, mi ha ricordato che ogni anno la Fondazione organizza "porte aperte" dei vari progetti che ha e magari non sarebbe male fare qualcosa del genere per il mio (con il target piú specifico territoriale).
Se hai qualche lettura specifica sul lavoro di comunitá, che non ho mai realmente dominato, ti ringrazio. Non ho mai molto capito perché questo ambito tanto affascinante in Italia non si studia nelle facoltá e non si lavora a livello reale per parte degli assistenti sociali (qui sí, il Comune ha un'area specifica di lavoro di comunitá anche se dicono che non ci si investe poi molto e che viene portato avanti piú per passione degli operatori che per direttrici dei capi e politici. Peró ci sono esperienze interessanti nei quartieri....).
Chiara
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