Non ho per ora omologato il mio titolo perché per finire la carriera in psicologia non posso contemporaneamente lavorare, peró comincia a stuzzicarmi il desiderio di provare a farlo visto che la permanenza fuori dall'Italia sará probabilmente definitiva.
Non conosco quasi nulla dello stato dell'arte della professione dove vivo, in Spagna; da quel poco che so é abbastanza diverso dall'Italia, almeno per il fatto che qui esiste un reddito minimo di inserimento e che quindi l'assistente sociale é meno coartato dalle richieste economiche e svolge piú un lavoro di assessment e accompagnamento; inoltre c'e' molto privato sociale e quindi in realtá il settore pubblico non é il principale ambito di lavoro dell'assistente sociale, che lavora spesso fuori del pubblico e in equipe con altri professionisti. Ho anche scoperto che esiste una specializzazione in "trabajo social clínico", aspetto assai interessante (ho anche trovato delle referenze bibliografiche peró in spagnolo); devo dire che sono rimasta stupita perché anni fa, cominciando a confrontarmi con la professione, avevo elaborato la fantasia di un lavoro sociale "clinico", basandomi appunto sul fatto che mi occupavo, nel Comune con i minori, di aspetti molto delicati e spesso non ricevevo il supporto dei colleghi psicologi e neuropsichiatri: valutazioni di idoneitá genitoriale, ma anche semplicemente il counseling nel progetto di vita di persone spesso portatrici di grossi disagi psicologici se non psichiatrici. Fu questa la motivazione di base che mi spinse a inscrivermi a psicologia, per avere prima di tutto qualche strumento in piú a livello professionale nel maneggiare queste situazioni. Dunque quando ho letto che in Spagna esiste una specializzazione post-laurea in "lavoro sociale clinico" ho pensato che questo era proprio quello che avrei desiderato anni fa.
Ora vado a introdurre una domanda che per me é abbastanza chiave per decidere se, in futuro, ritentare di mettermi in gioco nella professione oppure buttarmi solo sulla psicologia (ma onestamente, visto che invece la branca della psicologia clinica non mi entusiasma anche se sto prendendo la specializzazione in clinica perché mi interessava averla, non mi dispiacerebbe fare qualcosa in ambito sociale e sfruttare la mia esperienza pregressa).
Secondo voi.... É giusto e opportuno che, mentre uno psicologo/psichiatra o comunque specialista sanitario, possa in autonomia decidere di interrompere una presa in carico perché l'utente non puó beneficiarne, perché non ha gli strumenti per portarla avanti o perché, comunque, il carico di lavoro del professionista lo impedisce.... e invece l'assistente sociale no?
Saró esplicita. Quando lavoravo, gli psicologi mi dicevano che facevano solo tre colloqui con la persona; poi, se necessitava altri, li distanziava molto nel tempo o addirittura invitava la persona a rivolgersi al privato. La motivazione (oggettiva, eh...) era che l'organico dei professionisti di quella ASL era carente e i pochi psicologi in servizio non potevano oggettivamente garantire un servizio di qualitá, per cui facevano questa scelta e si concentravano sui casi dove c'era magari la prescrizione del tribunale per i minorenni. Inoltre se la persona non collaborava, loro dicevano che per l'effettivitá del loro trattamento serviva la collaborazione, per cui in caso di mancata compliance, la "dimettevano". Per non parlare della psicoterapia, per somministrare la quale la persona doveva (giustamente) avere strumenti intellettivi oltre che collaborazione e desiderio.
Invece, io assistente sociale dovevo seguire per anni situazioni dove non c'era magari nessuna collaborazione ma solo strumentalizzazione (esempio: richiesta di soldi) solo perché, come mi diceva il responsabile, noi non siamo specialisti ma un servizio di primo livello (magari nel SERT é diverso, peró io lavoravo in un Comune). In teoria so bene che abbiamo la nostra autonomia e quindi possiamo e dobbiamo interrompere l'intervento se mancano i requisiti progettuali. Un esempio tipico é la persona che solo chiede soldi ma non vuole mettersi in gioco... Peró poi, all'atto pratico, la persona che si presenta e insiste di essere seguita dall'assistente sociale ANCHE SE non collabora, la dobbiamo comunque accogliere. Anche perché, per esempio, il fatto che per parlare con uno psicologo si debba quantomeno pagare un ticket, dissuade chi non vuole impegnarsi: ma visto che qualunque cittadino ha diritto di andare dall'assistente sociale, in teoria la stessa persona puó venire a chiedere soldi, piantare casino e protestare anche all'infinito.
Questa é la prima criticitá, che in Spagna si presenta un pó diversa visto che l'assistente sociale non propone direttamente interventi economici al di fuori di quanto garantito per legge (o per lo meno, é un intervento molto molto residuale e generalmente viene portato avanti dalle Caritas; e per quanto riguarda lo psicologo, c'e' una base garantita dalla sicurezza sociale peró poi quasi tutti hanno una assicurazione privata che copre i costi di alcuni interventi psicologici e terapeutici in ambito esterno al pubblico).
La seconda domanda che mi faccio, e me la faccio da anni, é se non sarebbe il caso che l'assistente sociale facesse un percorso di psicoterapia personale. Questo non é obbligatorio nemmeno per gli psicologi; io personalmente ho deciso di intraprendere, dopo la laurea in psicologia, un percorso di formazione in psicoterapia Gestalt e ho deciso di cominciare ora il percorso di terapia personale richiesto ai fini della formazione, anche perché oggettivamente ne ho sentito il bisogno. Quando facevo l'assistente sociale avevo oggettivamente molte riserve in merito perché pensavo soprattutto che non fosse "giusto" che un professionista pagato cosí poco rispetto al peso delle sue responsabilitá e con un lavoro cosí usurante a livello mentale, dovesse anche togliere dal magro stipendio i soldi per "curarsi" (in effetti, i costi non sono bassi e io ironicamente ho pensato di avere davvero sbagliato carriera, perché se avessi studiato psicologia come prima carriera, a quest'ora sarei psicoterapeuta, fatturerei come minimo 50 euro a sessione che é veramente il minimo-minimo che chiedono i principianti e, facendo i conti della serva, con 5-6 pazienti alla settimana mi farei lo stipendio!! Ma questo é un pensiero irrazionale, in quanto quello che é stato, é stato).
Ora si dá il caso che io abbia fatto solo una prima sessione tra l'altro introduttiva, ovvero non ancora terapeutica, e sia rimasta quasi spaventata dalla sua effettivitá, ovvero guarda caso ieri ho improvvisamente risolto un grave problema di relazione con una persona che mi angosciava da tre anni e parzialmente aperto uno spiraglio nella relazione con un'altra. Ovviamente avevo presentato questi due problemi al terapeuta e li avevamo lasciati per settembre; lui mi aveva solo fatto da specchio e mi aveva detto che io affermavo razionalmente una cosa ma poi mi ponevo, verso questa persona che tanto mi angariava, evidentemente con atteggiamento opposto.
Riporto questa breve sisntesi solo per sottolineare l'effettivitá della terapia, ovviamente in una persona predisposta al cambio, ovviamente se lo psicoterapeuta é quello adeguato visto che non tutti i terapeuti e non tutte le correnti sono uguali (come non tutti i pazienti).
E da lí ho avuto chiarissima la visione di quante volte, come assistenti sociali, proiettiamo sull'utente, magari nostre questioni irrisolte.
I supervisori e colleghi sempre mi dicevano: "ma noi assistenti sociali non andiamo nel profondo e non facciamo terapia; quindi basta restare in un livello di realtá".
Giá, ma alla fine, in Italia (in Spagna é ancora diverso) nemmeno lo psicologo "semplice" puó fare terapia; per fare terapia bisogna fare un percorso di formazione in psicoterapia.
E soprattutto, é molto labile il confine tra consulenza e terapia, come mi fece notare una brava collega psicologa, che mi diceva che molto spesso, senza saperlo, un bravo assistente sociale é terapeutico verso l'utente e che molti interventi sociali sono di per sé terapeutici (e questo mi riporta all'idea del "lavoro sociale clinico").
E soprattutto, anche senza fare nessuna terapia, il fatto che una persona ci presenti anche solo un problema sociale ci fa necessariamente risuonare qualcosa dentro, e lí si apre un mondo delle nostre esperienze personali che hanno plasmato la nostra personalitá.
So che molti di voi non saranno d'accordo come, vi dico, molti colleghi psicologi spagnoli RIFIUTANO l'idea addirittura delle psicoterapia (voglio dire, non solo dicono "io, in psicoterapia, MAI" ma addirittura dicono che non é effettiva e qui si apre secondo me una voragine nell'identitá professionale... perché se come psicologo non prescrivi farmaci e non fai terapia-psico... allora che fai???
![Mr. Green :mrgreen:](./images/smilies/icon_mrgreen.gif)
Ma lo lascio qui, per riflettere. Io semplicemente e serenamente ho chiaro che il mio percorso sará la terapia personale (che giá mi sta funzionando) e la formazione futura in psicoterapia; se in questo ci sará un piccolo posticino per essere anche assistente sociale, oggettivamente ne sarei felice).