servizio sociale e cristianesimo

annaclara
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

faccio fatica a capirti, davide, nella distinzione tra etica e religione, come se fossero due soce separate.

è vero che il s.sociale è laico, cioè non religioso, infatti serve per farsi sentire accettati.

xò ci sono molti principi comuni tra codice deontologico e cristianesimo.

secondo me noi cristiani lo vediamo. ki nn lo è fa solo discorsi teorici. come davide.

A.C.
davide
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

annaclara sta tutto nella frase " noi cristiani" :D

il "noi" e "voi". questa posizione è una posizione di alterità. da lì non vedi l'essenza delle cose. dovresti scendere e ascoltare meglio. dico che paradossalmente hai centrato il punto e se fai fatica a capirlo allora non sei pronta.

uso una metafora per spiegare la mia visione.
allora l'etica è il contenitore. le religioni sono il contenuto.
chi agisce eticamente contiene. chi agisce in accordo con la propria religione (contenuto) può solo agire in funzione del proprio contenitore di riferimento.

la religione, il contenuto, cambia a seconda del processo di socializzazione e a seconda della matrice socio-culturale.
le religioni non sono il corrispondente dell'etica.

l'etica, chi contiene, il divino, il contenitore, ha una dimensione spirituale e universale tradotta in principi universali.

la religione cristiana al pari di tutti i sistemi di credenze che cercano la verità col pensiero,con l'opinione, con la cultura, con l'educazione, sono destinate a fallire perchè hanno in comune un pericolo potenziale: creano una persona che si "identifica" con un preciso sistema di "pensieri" razionale, emotivo e culturale.

MA: il pensiero e i libri del vangelo non sono la verità.
sono solo UNA DELLE TANTE VIE PER ACCEDERVI.

CHI CREDE CHE SIANO LA VERITA' si allontana dalla parte spirituale, dai principi universali, dall'essenza del divino che c'è in ogni individuo su questo pianeta, a prescindere dalla matrice culturale di appartenenza e dal percorso culturale di accesso al divino.

Il cristianesimo ha la particolarità che domina culturalmente tutto l'occidente. una persona in Italia per esempio fa fatica ad affrontare argomenti di spiritualità se non li affronta con "contenuti" religiosi/cristiani...

ma finalmente anche la chiesa sta dando segni di apertura. e il nuovo papa ne è un esempio, cosi come è stato e sono stati degli esempi tutte le volte in cui papa giovanni paolo II andava a visitare sinagoghe e centri buddisti.

ogni persona che si avvicina alla nobile azione di "servire" il prossimo (in questo caso da ass. sociale) deve essere libera da qualunque sistema di credenze.

il titolo del post "servizio sociale e cristianesimo" come ripetuto in altri miei interventi è parziale.

con questo non vuol dire che non si possa "sposare" o "credere" al messaggio cristiano. ovviamente SI!

ma ESSERE LIBERI significa fare un passo indietro e non identificare il contenuto con il contenitore.

sentire dentro, che ci sono tanti contenuti ed un unico contenitore.
cioè pensare che la verità non ha "rappresentanti" più veri di altri.
la spiritualità e il divino sono accessibili a tutti da qualunque strada/cultura/paese/tradizione/educazione/società.

come le vie del signore.
e sai perchè? perchè "il signore" (come lo chiamano i cristiani cattolici) non è all'esterno è all'interno. ecco perchè è accessibile da tutti e da tutte le strade.

cosi come è accessibile A TUTTI L'AIUTO. E NOI, che aiutiamo, dobbiamo essere il contenitore non il contenuto.
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

E' vero, Davide, che non va confuso contenuto con il contenitore. Dipende però da cosa è l'uno e cosa è l'altro. Se l'etica sia il contenitore e la religione il contenuto io non lo so. Ma francamente è relativo, almeno per me. Le categorie astratte, se non ci aiutano nella vita pratica, sono aria fritta. Parlo per me, logicamente.

Il discorso però non può essere influenzato da una visione di "appartenenza", ed anche lì concordo. Come dire: se sono laico o religioso, non è il mio punto di vista a prevalere sugli altri. E' però anche vero che se si parte da una "visione dell'uomo", è attorno a ciò che occorre ragionare.

Mi spiego meglio: se fossimo ingegneri ed io avessi una teoria A ed un altro una teoria B, è sui vagli scientifici che ci si confronterebbe.

Nel servizio sociale anche la scientificità è importante: si valuta l'efficacia della pratica, l'efficienza della stessa, il rapporto con un quadro teorico, la ripetitività del modello, ecc.

Dove sta la differenza tra noi e gli ingegneri? Sta nell'oggetto di lavoro. Un ingegnere se fa un buon progetto, se il manufatto funziona e dura nel tempo consumando il meno possibile è contento. L'ingegnere col manufatto non ci parla , questo è "altro da lui".

Il nostro oggetto di lavoro è l'uomo, il dolore, la gioia, la speranza, la fatica, la delusione, il riscatto. Insomma, il lavoro sociale è sì "fare", ma pure "stare in relazione". L'altro non è "altro da me", è "come me".

Se si accetta ciò ne consegue che il lavoro sociale non può trascendere da valoti esistenti, trasmessi, condivisi, negoziati, reciprocamente alimentati.

Il servizio sociale, nel cristianesimo, è tradotto con "servizio all'altro". Il "servizio", se si vuole, è un etimo comune. Servire non vuol dire essere schiavi, ma aiutare l'altro a stare meglio. Eppure io nel welfare italiano (che, come detto in altre occasioni, io contesto) vedo tanto servizio-schiavismo. Spesso si tratta di un servizio schiavo del potere politico-consensuale più che del benessere delle persone.

Ora, se io resto nel paradigma organizzativo, non posso non fungere da esecutore di politiche, sono quindi uno schiavo-esecutore (più o meno zelante) del potere. Se io invece (per scelta etica) mi metto a servizio dell'altro uomo che mi sta innanzi ("utente" per il servizio, semplicemente un "fratello" per i religiosi, addirittura "Cristo stesso" per i cristiani) la questione è ben diversa, perchè non ci si può porre asetticamente in un rapporto asimmetrico.

A mio modo di vedere se il focus è l'uomo (e non la prestazione, o il mandato politico o l'astratto welfare) io sono chiamato in quanto uomo a rispondere col mio inprinting valoriale.

Non si tratta di imparare a memoria il codice deontologico o (per chi crede) il vangelo o il corano), ma di tradurre il proprio concetto di uomo nella pratica dell'aiuto. Insomma, o io ci sto con tutto me stesso perchè "ci credo", oppure non ci sto.

E' una questione di amore: o amo o non amo. Non posso sforzarmi di amare.
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

Mi piace molto questo brano del Vangelo, sembra un messaggio agli assistenti sociali:

“Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. (Matteo: 25,31-45)

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Mi ricordo decenni fa quando il lavoro sociale era collegato al concetto di "vocazione".

Essere vocati a qualcosa nella lingua italiana significa "essere predisposti": ciò significa che, se col mio agire riesco meglio in qualcosa che sento "mio", lo faccio senza sforzo. E' come se io agissi seguendo una mia "predisposizione": è per questo che non mi costa, che riesco meglio, che mi diverto addirittura a farlo.

Essere vocati nel cristianesimo vuol dire "essere chiamati". Si pensi alla "vocazione religiosa", ma pure a quella laicale. In quel senso è Dio che chiama. Nella Bibbia questa chiamata non è una "costrizione", bensì una "scelta". Nella vocazione religiosa c'è sempre una lotta iniziale, un tentennamento, un dissidio, fino al punto in cui, poi, ci si muove, sapendo che "quella strada" è la "mia".

Cioè: nel lavoro di aiuto noi NON aiutiamo in astratto, ma RISPONDIAMO ad una nostra VOCAZIONE, cioè seguiamo, fono a realizzarla, la nostra strada interna. Può sembrare egoistico, ma nell'aiuto noi rispondiamo a "nostri" bisogni.

Il "passaggio interessante" è poi la coincidenza tra i "miei" bisogni (di realizzazione, di credere in un concetto etico/religioso, di scommettere sul riscatto altrui) e quello dell'altro (di realizzazione sua, di credere insieme ad un'idea - etica/religiosa- , di scommettere sul suo riscatto per una vita migliore).

Per aiutare bisogna essere "vocati", ciò vale anche per gli atei: io agisco e penso secondo una mia dinamica vocazionale. Agire da professionisti non vuol dire "fare", ma "fare con senso". Pure l'ingegnere fa i ponti, ma se il manufatto deturpa l'ambiente, è frutto di corruzione politica o se gli operai sono sottopagati, ciò non sono "dettagli", ma essenza stessa del suo agire, perchè nella sua "cocazione" c'è tutto, non solo il "fare".

Nel lavoro sociale spesso abbiamo a che fare con il "limite", con il dolore, con la morte. Se non siamo eticamente corazzati, impazziamo. Se invece "mettiamo in conto" il fatto di "sbattere il naso contro il limite", e se ciò risiede nella nostra vocazione, noi procediamo più che bene anche nella crisi.

Poi, va beh, come segnalava Anna Clara nel precedente post, se per i cristiani l' "utente" è Dio stesso, voi capite che è una vera e propria rivoluzione. Per chi crede, logicamente. Ma anche per chi non crede, nell'aiuto si tocca un "mistero" se ci lasciamo provocare dall'altro.
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Mrc Brz »

Per me quella della vocazione è una grandissima bufala, di quelle contano all'università per intenderci, sono convinto che la realtà sia diversa: ognuno può fare ciò che vuole. Il punto non è la vocazione, ma il volerlo fare, tutto qui.
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da pallaspina »

Per mia esperienza all'universitá non solo non parlano (o almeno, parlavano) di vocazione ma te la distruggevano totalmente come idea, ossia imperava e impera un totale laicismo delle motivazioni all'agire professionale. Intendo "laicismo" in un'accezione ampia, non solo come negazione di principi religiosi ma anche come negazione di principi etici piú universali.

Piú volte peró in questo forum abbiamo notato che distruggendo la base etica "allargata" della motivazione all'agire professionale, si rischia poi di svuotare questo agire professionale di contenuti fondanti.

Mi spiego meglio.... Molte professioni, direi tutte quelle che vanno a interagire con persone, si fanno non solo perché ci attira il piano di studi e/o la mansione professionale specifica, ma anche perché si sente una "chiamata" a operare in certi ambiti. Ci si sente adatti, insomma. Poi magari c'e' anche chi si iscrive a medicina solo perché il medico guadagna tanti soldi, ma dubito che poi questa persona svolgerá serenamente e in modo soddisfacente la sua professione.

Temo infatti che la scelta razionale, anzi meglio "cerebrale" di una professione possa portare magari anche a svolgerla diligentemente, peró in maniera un pó asettica e vuota. E sai qual é il problema? che dopo vari anni di professione ti ritrovi necessariamente con alcune "cicatrici di guerra", piccole o grandi che siano, derivate dai fallimenti, dai problemi, dalle criticitá che necessariamente si incontrano sul cammino dell¡agire professionale. Se c'e' "qualcosa" di profondo dietro la motivazione, si guarisce e va avanti; se dietro la motivazione c'e' il vuoto, si rischia che queste ferite (soprattutto se non piccole, cosa che va messo in conto possa capitare) portino il professionista a una crisi che lo puó fare fuggire dalla professione o cadere nel burn out.

Questa peró é opinione personale....
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Una premessa: nell'aiuto possiamo agire in relazione simmetrica o asimmetrica.

Ma una cosa è certa: il cristianesimo spinge per un aiuto simmetrico.

Traduco: non sono solo io che dò e l'altyro che riceve. Siamo invece due "uguali", anche se, in quel momento e contesto, abbiamo bisogni e ruoli diversi.

Eh, si, pallaspina cara, il "guaio italiano" è proprio questa formazione asettica, distaccata, che è a sua volta figlia di una "cura" come "medicina distaccata dal malato" (come se malattia e malato fossero la stessa cosa).

Ma, ripeto, il concetto va allargato anche a chi cristiano non è: l'etica che si ha deriva da un concetto di sè e della vita. Ecco, ciò non può non interagire nel rapporto di aiuto.

Il problema è essere "asettici" perchè "non etici". Oppure (come è probabile) "far finta" di essere etici. Spesso, quando parlo con i colleghi del codice deontologico, ho queste impressioni più che nette.

Voi che dite?
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

il brano riportato del vangelo, la modalità con cui dott.Albano continua a esprimere il concetto di etica e l'opinione di pallaspina esprimono chiaramente un'interpretazione di etica che è quella da cui nasce il problema tra cristianesimo, etica e stato.
io non concordo.
la mia opinione, ribadisco, uscendo fuori da giudizi ed etichette, come laico o meno, è che il servizio sociale (stato) e il cristianesimo è quanto di più inconciliabile ci possa essere.

l'errore l'errata intepretazione e percezione nell' inserire la parola "etica" come sinonimo di cristianesimo è lo stesso errore che la religione e le religioni continuano a fare, assumendo il ruolo di "leggittimo moralizzatore".

ripeto, il rapporto tra Dio e uomo non passa attraverso "il cristianesimo" o le religioni. il cristianesimo deve smettere di sentenziare la moralità del collettivo.

dirò di più nel contesto italiano si ha proprio l'aggravante di cui parlate perchè c'è la mediazione delle istituzioni e dei preti che introducono nella società il concetto di colpa peccato e perdono che si ha nelle confessioni per esempio, rendendolo un mezzo per gestire l'etica pubblica.
in UK o in altre paesi a democrazia avanzata, se hai fatto un errore paghi, perchè vivi in un collettivo solidale e l'etica è pubblica statale, collettiva appunto. viene normale, dal profondo del cuore più cuore, se volete, che il paese dove vivo produce dei beni a cui io concorro a valorizzare!

l'aiuto è sociale perchè questo è parte del vivere collettivo perchè è un aiuto umano non divino. la motivazione più profonda e più grande è collettiva e socio-umanistica.
non c'è un aiuto che avviene con una motivazione/mediazione etico-cristiana.
questa è un'intromissione valoriale come ce ne sono di moltissime altre.
in questo modo non solo la religione cristiana distorce il rapporto tra dio e uomo che è individuale ma si assurge a rappresentante del sacro. col risultato che oggi si ha una completa confusione di quello che è spirituale, di quello che è la preghiera di quello che è il vivere collettivo, in Italia in maniera esasperata! non ne possiamo più davvero!

sant'agostino diceva che dio abità nell'interiorità dell'anima di ognuno di noi!

i rapporti comunitari sono bene comune e il cittadino va educato a questo non c'entra niente il cristianesimo..

il cristianesimo tratta lo stato e i rapporti comunitari come un mezzo utile a concorrere a ridurre il peccato crstiano!! ma il peccato collettivo???
è una riflessione su questo che procura il bene comune.

il cittadino cristiano ha degli interessi che NON SONO QUELLI del cittadino e della comunità su questa terra in questa esistenza...

il cristiano "aiuta" fa "servizio sociale" perchè mira alla salvezza dell'anima dal peccato.. .

io faccio servizio sociale perchè oggi adesso, su questa terra...devo pensare al BENE COMUNE... non a un paradiso o inferno!

al cittadino cristiano non gli può interessare di meno di sviluppare coscienza collettiva come pagare le tasse, sviluppare dinamiche inter-religiose, vivere il sesso liberamente, sposarsi tra persone dello stesso sesso, salvaguardare i confini nazionali....aprirsi a ligue e approcci diversi, linguaggio scientifico, quello di altre culture ecc...
al cittadino cristiano interessano i dieci comandamenti.

è inconciliabile e io, personale opinione, penso che si debba finire di chiedere alla religione cristiana di avere funzioni collettive!

non si può pretendere di portare una religione che ha fondamenti sacro-INDIVIDUALI e portarla nel regolamento delle funzioni pubbliche. è una costrizione incredibile portare il divino nelle modalità con cui l'uomo ha organizzato l'etica collettiva, il vivere in società...ecc. ne sono pieni i libri di storia quando il papa organizzava le guerre in africa sotto il fascismo!

l'etica non appartiene al cristianesimo!dobbiamo pensare che io agisco eticamente perchè vivo una realtà sociale in un'organizzazione collettiva!
che c'entra il mio sviluppo o percorso sacro-spirituale?????
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da pallaspina »

Senza entrare troppo nel merito, discrepo sul fatto che il cristiano aiuta per la salvezza dell'anima. Questa é un'interpretazione anticlericale trita e ritrita, che non rende giustizia di almeno certa parte del cristianesimo e cattolicesimo, in quanto ci sono molte piú sfaccettature di quanto si possa credere.
Io aiuto perché vedo nell'altro un fratello da amare indipendentemente dalla salvezza dell'anima; non posso certo dire o sapere che salvo la mia anima aiutando, o donando, perché chi si salverá lo sa solo Lui. Inutile che aiuti se non lo faccio con il cuore e per il vero cristiano le vie della salvezza sono un mistero, piú volte é riportato nel Vangelo quando si dice per esempio che i peccatori precederanno molti farisei nel Regno dei Cieli. Perdona, ma io ad esempio sono rimasta molto delusa dai protestanti, che prima stimavo e con i quali avevo avuto relazioni di tipo culturale. Un giovane pastore mi disse che il volontariato cattolico non dovrebbe esistere, perché il cristiano deve solo pregare, aiutare aiuta solo lo Stato. Perdon??? e non sta scritto nel Vangelo "era affamato e gli hai dato da mangiare", contro i sepolcri imbiancati farisaici che si vantavano di rispettare alla lettera i precetti di preghiera e digiuno degli antichi Padri?
Rispetto la tua opinione, ma l'etica cristiana é piú laica, attuale e trasversale di quanto si possa credere, se si prendono un attimo le distanze dagli stereotipi anticlericali (intendiamoci, io sono d'accordo sullo Stato laico, questo peró non toglie che a volte si calchi la mano sui difetti della Chiesa senza sottolinearne i pregi, magari pochi, alla stregua di chi parla male di tutti gli assistenti sociali senza considerare che c'e' il buono e il cattivo come in tutte le categorie).
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Mah, io tutto sto stato laico e servizio sociale collettivo non lo vedo mica. In Italia comunque. Non vedo neanche questa equazione cristiani=preti=senso di colpa=peccato=controllo sulle anime. Anzi mi viene da ridere: mi ricorda tanto la filosofia del film di don Camillo e Peppone. Si tratta di una visione troppo "cerebrale", comunque frutto di una certa (per me distorta) interpretazione, assai stereotipata, della realtà.

Per carità, ognuno ha il suo modo di vedere e decodificare la realtà. Il mio è quello di leggere testi si, ma pure di osservare il mondo in cui viviamo e di fare sintesi tra me e l'esterno. Io NON CONCORDO assolutamente proprio su "quel" modo - laico, neutro, finanche cinico - di considerare il servizio sociale. E' un "servizio senz'anima" quello legato alla sola prestazione, proprio perchè, se parte da presupposti laici (per cui tutti i cittadini sono uguali, giustamente), finisce però per trattarli tutti allo stesso modo (per cui sono tutti numeri, e gli atteggiamenti richiesti a chi lavora sono conseguenti).

Il servizio sociale NON E' una mera funzione statale. Esso è pure (anzi, principalmente) gestione di processi di aiuto. E l'aiuto non è solo dazione materiale, ma percorso relazionale. Su questo passaggio si registra, a mio avviso, la prima spaccatura tra i colleghi. Non si tratta solo solo opzione etica (dò o sto in relazione), ma di capacità professionale.

Il fatto che in Italia la relazione d'aiuto stia sfuggendo dal servizio sociale è un fatto assai grave: i nuovi colleghi non sono più formati al counseling, ma ai "dare pubblico". I giovani colleghi, da quel che osservo, si adattano a ciò coprendo i buchi (controllo, esecuzione della volontà del giudice, ecc.), ma lasciando il lavoro relazionale ad altre figure (le quali, essendo disoccupate, si buttano a pesce).

Nel cristianesimo l'aiuto non è "realizzare programmi concertati tramite i piani di zona in concertazione con le istanze del territorio...blablabla...", ma "stare con l'altro", anzi (questa è la rivoluzione del cristiano) "essere come l'altro". Vi ricordo le tante scelte di povertà di tante persone nella storia del cristianesimo. Il cristiano sa che non basta dare, è necessario condividere. La stessa rivoluzione di Gesù Cristo, che si inserisce in una tradizione giudaica di "precetti" distaccati però dall'amore (verso gli altri e verso Dio) apre la strada della coerenza tra fede ed opere.

Io trovo ormai indifendibile oggi un concetto di servizio sociale distaccato dall'ascolto, dalla relazione, dalla compassione (che significa "passione con"). Anzi, molti conflitti che io osservo nei servizi derivano proprio dal fatto che le persone contestano ai colleghi un "non ascolto". Ci saranno pure i carichi di lavoro, per carità, ma c'è pure un "difetto di produzione" derivante da una formazione "laica" (tradotta come materialista, asettica....).

Ora se "aiutare" vuol dire "gestire processi di aiuto relazionale", l'aspetto etico è basilare. A fronte di quest'assenza di "etica laica" (che forse non esiste) io trovo salutare, per i colleghi che si rifanno al cristianesimo, trovare in se stessi le molle per "stare con senso" in relazione.
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da pallaspina »

Voglio aggiungere brevemente qualcosa. La cultura italiana, ma latina in generale, é intrisa dei valori cattolici, per questioni storiche. Su questo non ci possiamo fare niente. Come diceva un mio professore, anche un ateo puó e deve apprezzare il sostrato culturale cattolico. Basti pensare a tutta la letteratura italiana classica, cominciando da Dante passando per Manzoni. Nei paesi del nordeuropa non é cosí perché hanno avuto un'altra storia: pensiamo solo a tutta la cultura tedesca.
Io voglio fare l'esempio della Spagna, dove vivo. Paese cattolicissimo, dove peró nelle scuole pubbliche non esiste la materia "religione". Paese dove le chiese straripano di gente molto piú che in Italia peró dove non solo esiste il matrimonio omosessuale ma addirittura l'adozione ai singles, alle coppie di fatto e alle coppie omosessuali. Come lo spieghi? Io credo che spiegarlo solo con "il Vaticano é a Roma e qui la sua longa mano arriva meno) sia banale e riduttivo. Io credo che le scelte statali derivano da una cultura che nasce anche dal basso, diciamo comunitaria, si fa advocacy, si chiede a gran voce e si ottiene. In Italia, come al solito, vige la doppia morale. Ci si nasconde dietro al dito del "non abbiamo ilo matrimonio omosessuale perché la Chiesa cattiva non vuole". Indubbiamente la Chiesa non potrá mai dire a nessuno che é favorevole al matrimonio omosessuale. Una cosa peró é proferire il verbo e poi lo Stato laico opera in autonomia, una cosa é aderire alla morale cattolica per interessi politici e poi raccontare ai cittadini che certe scelte non si possono fare perché la Chiesa non vuole e si immischia.
E trasladando questo discorso alla parte della social organization, visto che ho avuto alcuni giorni fa uno scambio con una collega in merito: perché il Welfare State in Italia é assolutamente atipico in Europa e non garantisce quei diritti di cittadinanza basilari e minimi che garantisce il resto dell'Europa? Non credete ci siano interessi dietro, ossia nello specifico mancanza di una cultura e, appunto, di un'"etica" della social care?

Io condivido la lettura di Ugo riguardo aal discorso dell'etica. Etica é deontologia (per lo meno, io a psicologia ho dato un esame di deontologia professionale che si chiama "Etica") e il codice deontologico é un faro fondamentale peró va saputo coniugare con la consapevolezza che la persona, la situazione relazionale e lo scenario che ne deriva sono uniche. E questo, chiaramente, lo vediamo bene nelle competenze di counseling e meno in quelle di mera erogazione (per il servizio sociale) e di etichettamento diagnostico (per la psicologia).

Uhi, forse mi sono un pó allargata....
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Cara pallaspina,

è che camminiamo su di un campo minato e fraintendersi è facile.

E' vero, siamo intrisi di una cultura (più che cristiana, cattolico-romana) che dà per scontato cose che non lo sono.

Io ho fatto la prima 'esperienza di servizio sociale in Germania, assunto da un ente cattolico (la caritas), ma inserito in un mondo protestante (in apparenza), ma fondamentalmente materialista, quale è la Germania. Devo dire che pure là gli stereotipi sono forti, eppure è con la testimonianza (valori + fatti) che si inizia un dialogo, che si è riconosciuti.

Il problema in Italia è schizofrenico: da una parte c'è un connubbio cattolicesimo-potere (pensa alla vecchia DC, ad Andreotti, ecc:), dall'altra parte ci sono le chiese vuote: gli italiani, cioè, sono sociologicamente cristiani, di fatto atei. Da noi è forte il relativismo etico, come diceva Ratzinger, ma con uno stile tutto suo: "ognuno fa - e pensa e parla - come c**** vuole". Il fatto che da vent'anni milioni di italiani votino Berlusconi è assai emblematico di questa "doppia morale".

Il problema della "doppia morale" è presente nel concetto del nostro stato sociale: da una parte le enunciazioni (legge-quadro, welfare locale e pippe politiche di questo tipo) e dall'altra le casse comunali vuote. Da una parte un terzo settore volontaristico che supplisce lo stato, dall'altra un servizio sociale pubblico (in cui ci sono i colleghi) che muore senza neanche denunciare la fregatura.

Quel che aiuta nel nord Europa è la cultura protestante: non c'è Dio che ti assolve con l'indulgenza, sei tu con la tua coscienza che ti cambi. Quindi non c'è la "retorica di facciata" nello stato sociale, ma il pragmatismo del realizzare ciò che si pensa, nel realizzare in opere la fede PUR passando per paradigmi laici, perchè tale lo Stato è.

Come vedi, il discorso è articolato. Dovremmo considerare il cristianesimo e non solo il cattolicesimo romano. Ma anche "saper leggere" il cattolicesimo: non c'è solo la curia romana e gli intrallazzi (secondo un certo stereotipo giornalistico...), c'è un mondo laicale in forte fermento, c'è da decenni tutta una realtà imprenditoriale nella carità che è pure business, dove però (come al solito....) mancano gli assistenti sociali.

Uh, mi sono perso anche io..............
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da pallaspina »

...Tanto per restare in Germania, mia cognata ha lavorato come medico in un ospedale Caritas. Appena arrivata. E appena arrivata le chiesero se fosse cattolica o protestante per decidere a chi pagare la tassa per il mantenimento della "chiesa". Lei ha dichiarato di essere atea e non paga nessuna tassa.
Insomma, un altro mondo.
Per quanto riguarda la grande assenza degli assistenti sociali italiani nel privato sociale, io partirei anche e proprio da qui per cambiare qualcosa nella professione e credo fermamente che questo cambio debba partire dalle competenze universitarie. Rivedendole dando un'occhiata a cosa studiano i nostri colleghi stranieri.
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

dunque aggiungo due cosette..non so che dire comunque, ma la mia opinione non ha ninete a che vedere con quel protestante o sui pregi che ha la chiesa..da al sociale,o con "quel" modo - laico, neutro, finanche cinico - di considerare il servizio sociale.??

io davvero non capisco.

date le risposte che leggo è oramai chiaro che non arriviamo al punto. il mio punto è un altro. credo a questo "punto", :) appunto, o non mi spiego, o si fa fatica perchè si percepisce lo scambio con una certa rigidità e quindi si rimane attaccati alle proprie sicurezze oppure non saprei davvero..

allora L'ASPETTO ETICO E' BASILARE, fin qui concordiamo TUTTI.

MA NON ESISTE SOLO UN'ETICA CRISTIANA. quello che volete far passare per normale non è.

E questa "ETICA LAICA" che non esiste quella che io ho chiamato senso DEL COLLETTIVO SENSO DELL'APPARTENENZA ALLA COMUNITA' CITTADINA ecc...
NON ESISTE perchè il cittadino italiano ha sviluppato UN CONCETTO DI ETICA CATTOLICO!

quindi disfunzionale per un senso di crescita collettivo basato sulla solidarietà della POLIS.. SUL VIVERE E RISOLVERE I PROBLEMI DELLA CITTADINANZA SULL'IMPORTANZA DEL SENSO DI GIUSTIZIA SOCIALE, SUL SENSO DI IDENTITA' COMUNITARIO.

i rapporti comunitari..il servizio sociale, l'aiuto comunitario o l'organizzazione delle funzione pubbliche o lo stato...vengono in seconda battuta. IL PROCESSO è che il CRSTIANESIMO GUARDA ALLA SOCIETA' CIVILE COME UN ELEMENTO SU CUI INSTAURARE impegni morali che HANNO ALTRI SCOPI RISPETTO A QUELLO DEL VIVERE NEL BENE COMUNE.

SE IL CRISTIANESIMO " perdona" con la confessione, se io, seguendo i precetti morali sono a posto, se io lega, o berlusconismo, o governo monti, o distruzione dello stato sociale, o guerra in libia siria armamento, o rubare in parlamento e poi vado a fare comunione ed è tutto a posto....

MI DISIMPEGNO DALL'ETICA CIVILE!

caro dott. Albano e pallaspina vi riesce tanto difficile concepire che ci può essere amore cuore passione con-passione e dei cittadini onesti e integri che aiutano semplicemnte perchè' questo fa parte del sentimento di appartenenza alla comunità civile?? fa parte di un'educazione che basa la solidarietà su un'etica civile??

o davvero si pensa che in Italia il Berlusconismo o Monti siano incidenti di percorso? no. Berlusconi è parte dell'etica italiana..non è INTERIORIZZATO IL PECCATO COLLETTIVO.. noi italiani siamo grandi peccatori tutti..responsabili..

e se vi riesce difficile, che al nord chi copia un paragrafo di una tesi di dottorato va via da ministro e perchè si è mai creata un alternativa ETICA A QUELLA CRISTIANA.

qui ci credono al vivere civile!

LA DOPPIA MORALE, dott. Albano non è affatto schizofrenica! E' SINTOMO che i paradigmi stanno andando in crisi finalmente!!

e noi risentiamo di questa fase di passaggio di questo senso di disorientamento nella NOSTRA CRESCITA COME PAESE.. ! il matrimonio la famiglia la domenica in chiesa, il confessarsi, non sono più risolutori e interlocutori giusti per sviluppare un'ETICA E senso civile..era ora!

compito di noi giovani è appunto quella di INTERCETTARE QUESTA FASE..e progredire NON tornare indietro con ANCORA PIU CRISTIANESIMO NO! sarebbe come se si curaresse il malato togliendoli difese immunitarie...
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