quesito deontologico

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stefania
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quesito deontologico

Messaggio da stefania »

cari colleghi
vi propongo un dilemma a cui spero rispondiate in tanti.... il nostro codice deontologico dice che l'assistente sociale non deve giudicare nè dev' essere rigida in quest'ottica vi propongo la situazione sottostante ditemi come vi comportereste:
uomo di 45 anni seguito dal servizio sociale dal 1993 per emergenza casa...economica..vitto ect. in questi anni il servizio sociale iniziando da un minialloggio con diversi contributi economici l'ha sostenuto fino al reperimento di ben tre lavori ripetutamente perse a causa del comportamento scorretto del suddetto.
oltre a questo il servizio sociale è riuscito a fargli avere casa ater e per lungo tempo fino al reperimento di un nuovo lavoro l'ha seguito economicamente. per due anni l'uomo non si è fatto più snetire ma in questi due anni si è unico a una donna della stà , ex tossicodipendente in terapia metadone.
l'uomo per seguire la donna , a suo dire gravemente malata( no verificato a livello sanitario), lascia il lavoro e si trova nuovamente disoccupato con lei a carico. il servizio sociale pga gli affitti per un anno intero lo aiuta a reperire un lavoro che lui perde perchè il suo scopo era farsi licenziare per avere la disoccupazione. In quest'ultimo lavpro l'uomo prende permesse retribuiti adducendo che il morto il padre ...ma il oadre è vivo e vegeto!
Ha riaperto un infortunio con la vecchia ditta.... per avere i soldi inps....
detto tutto questo noi gli staimo pagando gli affitti ater fino a maggio 2012 con fondo solidarietà...gli abbiamo attivato borsa sepsa caritas...e aiuto per trosposrti con volontari...ha ttivo i pasti a domicilio..... questo vuole di più! vuole di più dopo che il servizio sociale è venuto a conoscenza che chiede l'elemosina a tutti anziani del condominio minacciandoli se non danno qualcosa, sub affitta il suo posto auto e quyello del vicino che non può parcheggiare l'auto perchè minacciato di morte.... la compagna svolge il alvoro più vecchio del mondo con raghazzi di non in grado di intendere e volere...sono stati visti entrambi elemosinare davanti alla chiesa .....quando torna e tornerà secodno voi cosa devo rispondere?
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Re: quesito deontologico

Messaggio da ventinove »

Il quesito deontologico immagino riguardi la parte inerente l'atteggiamento non giudicante.
Un'altro quesito forse è:
quando torna e tornerà secodno voi cosa devo rispondere?
Con tutti i limiti della mia risposta, mi vengono in mente alcune domande:
- avrebbe potuto cambiare qualcosa fare un contratto scritto rispetto alla progettualità con quest'uomo?
- gli aiuti economici di cui beneficia, non sono correlati alla dimostrazione di un "impegno" da parte del beneficiario (se uno si licenzia non mi pare si presenti nella maniera più adeguata rispetto ad una richiesta di aiuto... oppure: è tenuto a dimostrare di star frequentando dei corsi? chessò, prendere la licenza media? formazione lavoro? iscrizione ad agenzie interinali?)?

Credo che non sia giusto professionalmente giudicare questa persona, ma chiedersi piuttosto il perché di queste scelte (che evidentemente ha ritenuto per sé vantaggiose...). Comunicargli i limiti dell'intervento pubblico e ri-contrattualizzare un progetto di aiuto.
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Nazg
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Re: quesito deontologico

Messaggio da Nazg »

Mi metto nei panni di stefania e immagino che una persona del genere anche se firma un progetto condiviso può essere capace di uscire dagli accordi e pretendere comunque l'aiuto di servizi che si sono ben occupati di lui per troppo tempo.
Direi che fino ad oggi quest'uomo è stato fortunato perché ha avuto molto, ma quando finirà il fondo solidarietà (che ha durata al massimo annuale) non è detto che ci siano fondi propri comunali per rispondere alle sempre continue esigenze economiche di questa persona.
Per quanto concerne la casa credo che ci sia un regolamento che se non viene seguito può comportare una serie di scelte rispetto all'uscita dallo stesso.

Bisogna imparare a dire NO a certi utenti approfittatori...o almeno a incanalare il progetto verso il cambiamento, altrimenti resta la cronicità....
Qualsiasi scelta, secondo me, va condivisa con il proprio responsabile di servizio e l'amministrazione comunale, perché comporta una serie di conseguenze che vanno valutate e riconosciute da tutti.

Per quello che è reato bisogna segnalare alla procura...(non dobbiamo fare i poliziotti!)
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MonicaB
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Re: quesito deontologico

Messaggio da MonicaB »

Ho pensato molto quando ho letto il post di stefania (e anche l'altro postato nell'altra sezione sulla povertà che apre quesiti simili), in realtà il dilemma è fino a quando si può arrivare per poter dire no-basta. Non ho una risposta certa, in tanti anni che lavoro con gli adulti mi sono dotata di un mio percorso. Parlo di adulti senza minori, perchè lì si aprono porte diverse. Il mio limite è la possibilità o meno di concordare un progetto condiviso e l'aderenza che l'utente dà al progetto. Mi spiego: se la persona rifiuta un lavoro o si licenzia adducendo motivazioni pretestuose, o ancora non rispetta quanto concordato io generalmente chiudo. I regolamenti sono uno strumento utile, così come l'accordo con gli amministratori su una risposta univoca da dare. Scrivo tutto dall'inizio alla fine, faccio firmare il contratto, lo protocollo, relaziono per iscritto all'amministrazione evidenziando i passaggi cruciali e motivo il più possibile la mia posizione. Ma sono sempre molto chiara e corretta con la persona, la preavviso, la sollecito, chiarisco fin da subito qual è la mia posizione, cosa posso o non posso fare, cosa faccio se non rispetta quanto concordato e i rischi in cui incorre. L'utente di Stefania ha avuto davvero tanto, troppo direi per trovare una motivazione valida a cambiare la propria situazione, il rischio è di far permanere la persona in un percorso assistenzialista a vita, non è proprio un aiuto per come la vedo io. Poi è vero che di utenti così sono pieni i nostri schedari ed è anche vero che di solito si accoppiano ( e purtroppo qualche volta anche si riproducono) con altri utenti così e che ti trovi a combattere contro la frustrazione, la sensazione di sbattere contro un muro di gomma e non sai davvero che pesci pigliare...fa parte PURTROPPO del lavoro che ci siamo scelti penso, non possiamo salvare il mondo no?
Nuvoletta
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Re: quesito deontologico

Messaggio da Nuvoletta »

Come già detto da chi ha scritto precedentemente, l'investimento del servizio in termini relazionali e di risorse per sostenere la persona è stato veramente notevole. Immagino che l'obiettivo iniziale sia stato quello di aiutare la persona ad ottenere le risorse di cui aveva bisogno attraverso dei percorsi socialmente condivisi e relazionalmente adeguati (es. il lavoro pèer sopravvivere). Il risultato però è stato raggiunto solo a metà: il signore in questione è riuscito ad ottenere ciò che obiettivamente gli serviva ( casa, sostentamento ecc.), ma lo ha fatto attraverso modalità e codici di comportamento “piuttosto discutibili” e azioni che deviano dalla “norma”.
Da quello che Stefania racconta la persona appare capace di provvedere alle sue esigenze, sa “intercettare” fonti di sostentamento (servizi, vicini, garage) e sa mantenerle con “impegno” nel tempo (riscuote l’affitto, mantiene il legame con la compagna, si presenta ai servizi nel momento giusto), ma usa modalità “devianti”. L’intervento quindi è stato utile, perché ha permesso a Stefania di capire qual è la sua modalità di “funzionamento” che cosa gli è riuscito meglio, in cui riesce a stare e .... a cui non rinuncerà facilmente.
Stefania parla comprensibilmente di dilemma etico che non riguarda il giudizio sulla persona, ma il giudizio che dovrà dare rispetto alle risorse pubbliche, cioè di "tutti", da investire per una persona che intende usufruirne "ad libitum" senza condividere le regole di quei "tutti" a cui chiede e senza una motivazione, sembra, a cambiare il suo stile di vita.
Sono dilemmi che coinvolgono costantemente la nostra professionale, in particolare chi lavora a contatto con la “devianza”. Da una parte il valore della solidarietà e dell’aiuto, dall’altro quello dell’utilizzo delle risorse all’interno di un rapporto (servizio-utente) basato su regole che devono essere condivise per essere “lecite” ( il cittadino ha il “diritto” di chiedere perché abbiamo erogato tanto a chi non rispetta le regole e non vuole cambiare).
Probabilmente non ci sono strategie in grado di modificare la personalità dell’uomo tanto da fargli attivare spontaneamente comportamenti “nella norma”, e quindi probabilmente non rimane che "porlo nelle condizioni" di dover attivare azioni adeguate per “raggiungere” le risorse del servizio oppure rinunciarvi ( perché il patto sociale sul quale si basa la solidarietà è l’accettare le norme condivise -si lavora per sopravvivere, non si sfrutta ecc.- e se non le condividi esci dal patto e dai diritti). Tutti i consigli che sono stati dati mi sembrano andare in questa direzione e, se è possibile farlo, sarebbe utilissimo che la persona attenga le risorse solo dopo aver messo in atto degli impegni possibilmente in collegamento immediato ( es. tagli la legna alla Caritas e porti a casa la borsa della spesa, se no non nulla; ti pago l’affitto solo se non sento più lamentele sul tuo comportamento verso i vicini ecc.).
Nella mia esperienza prevalentemente in contatto con persone “devianti” questi tipo di accordi ha portato quasi sempre dei risultati: 1. la persona si "rassegna" e si adegua alle regole richieste per ottenere la risorsa che desidera ( dopo vari tentativi di aggirare "gli ostacoli" );
2 . rinuncia alla risorsa del servizio perché l’impegno richiesto non vale la risorsa che desidera e che è in grado di ottenere comunque in altro modo (minacce, sub affitto), problema che riguarderà le forze dell’ordine e verrà gestito con altre modalità.
Ciao
Randolph Carter
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Re: quesito deontologico

Messaggio da Randolph Carter »

Infatti. Secondo me in questo caso la questione dell'atteggiamento non giudicante centra molto poco..atteggiamento non giudicante non significa buonismo. I servizi sociali non si identificano nè col buonismo nè con l'assistenza caritatevole e "cieca", almeno secondo me.
Il servizio sociale è solidarietà e legalità assieme, rispetto reciproco fra l'istituzione e il portatore di un bisogno, consapevolezza dei rispettivi diritti e doveri.
E' ovvio che l'utente in questione non va messo alla gogna per il suo comportamento, ma il punto non è questo, non è una questione di tipo morale.
Semplicemente e laicamente si prende atto di un determinato comportamento dell'utente, reiterato abbondantemente. Messo davanti alle proprie responsabilità, senza mostrargli risentimento o creandogli sensi di colpa "esogeni", starà a lui decidere eventualmente di comportarsi diversamente.
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