petizione ma..

Qui si discute della petizione promossa dallo staff di AssistentiSociali.org
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sekywa
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petizione ma..

Messaggio da sekywa »

ciao ho letto la petizione e il documento completo e sono perfettamente d'accordo con quanto c'è scritto!!!
quando ho deciso di diventare assistente sociale, i miei parenti non mi hanno appoggiata molto..alcuni mi consigliavano giurisprudenza altri mi ripetevano la tiritera dei bambini strappati alle mamme, ma una cosa è certa: sul loro volto si dipingeva un grosso punto interrogativo che, a distanza di anni, non riesco ancora a far togliere!!!
e purtroppo lo vedo apparire sui visi di troppa gente, anche su quelli di coloro che si rivolgono ai servizi cercando tra i corridoi la stanza di questa figura misteriosa e secondo me il motivo è uno solo. Io sono solo una studentessa però non c'è una definizione unitaria x dire ciò che fa l'assistente sociale!!!
ho letto quella di Montreal, ma x chi non è addetto ai lavori risulta aramaico!Colaianni ha fatto delle interviste a diversi AS e quello che risultava era proprio questo: mancanza di una definizione chiara, universalmente utilizzata e onnicomprensiva di cosa fa e cosa è l'assistente sociale!
come si fa a far rispettare e a far sottolineare l'operato di una professione di cui la maggior parte della gente non capisce dove inizia e dove finisce?!?
il mio vicino, un ragazzo rumeno, me l'ha chiesto e che ci crediate o no dopo svariati tentativi non ha ancora capito cosa andrò a fare!!!
che ne pensate?!?! :D
Giorgio
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Re: petizione ma..

Messaggio da Giorgio »

E tu cosa gli hai detto a questo ragazzo rumeno?? :roll:
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Nazg
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Re: petizione ma..

Messaggio da Nazg »

che cos'è per te l'assistente sociale? :D
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Re: petizione ma..

Messaggio da ugo.albano »

Cara Sekywa (ma come ti chiami?)

noi al SUNAS proprio sul problema che tu giustamente evidenzi abbiamo dedicato una pluriennale ricerca. Proponemmo (due anni fa) una "conferenza nazionale di servizio sociale" per presentare una serie di "consensi" (sulla definizione di servizio sociale, sui metodi, sulle buone pratiche, ecc). L'evento finale, che fu pubblico a Roma, nonostante l'afflusso di pubblico e di tanti docenti, fallì il suo obiettivo.

Noi chiedavamo, in poche parole, l'assenso su alcune definizioni da condividere con la professione. All'epoca, ricordo, lo stesso Ordine Nazionale disertò i lavori (il che la dice lunga). Qual'era il senso? Se per me l'assistente sociale è A e per te B, dopo il consenso tutti e due dobbiamo essere concordi che è C e nessuno deve più dire che è A o B. Ciò per capirci.

E' un lavoro rimasto fermo lì, ma il problema è rimasto. Il tuo post è emblematico di un problema che è diffuso, credimi.

Che ciò si riverberi sull'immagine (per cui esistono diversi modi di essere assistenti sociali) è naturale conseguenza. Mi sembra normale, no?

Non è solo questione di immagine "positiva o negativa" (rispetto a cosa, poi?), ma di "immagine professionale": la gente è quella che coglie, sia nel settore pubblico che in quello privato. Comportarsi quindi "da professionisti" è la soluzione del problema (di recente ci ho scritto, tra l'altro, pure un libro su queste cose).

L'immagine è cioè un riflesso della realtà, quindi se si è professionisti l'immagine è positiva.

Quel che manca è una competenza dell'assistente sociale a saper gestire la sua immagine, a mio parere. Stiamo cercando al SUNAS, per il prossimo anno, di fare delle "formazioni mirate" sull'immagine. Speriamo che i colleghi capiscano il senso di questo nostro sforzo...........

Uh,,,,, mi sono perso................spero però di averti risposto: dipende da ognuno di noi, da come sappiamo accogliere le persone, da cosa e come parliamo ed argomentiamo, da come produciamo riflessione e teorie.

Io sono ottimista, perchè di colleghi in gamba ne vedo tanti: devono solo "comunicarsi" di più e meglio. Poi c'è la "massa", ed è quello il problema.....................

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Re: petizione ma..

Messaggio da sekywa »

ciao ugo!!
io ho sempre pensato che in assenza di punti in comune e definizione condivise e con tanti squali che girano intorno,
nel nostro lavoro ciò che si deve presentare è l'immagine personale e, se non ho capito male,
è quello che dicevi tu nelle ultime righe.
un domani quando lavorerò (se sarà) oltre a presentarmi come un as, mi presentero come la dottt.ssa xxx, e se riuscirò a
dare una buona immagine di me ai miei colleghi, ai miei superiori ma soprattutto agli utenti, l'intera categoria ne
beneficerà e per riflesso, io del buon lavoro di un altro collega!
ci sono delle categorie-casta iperprotette, i cui membri sono coperti in caso di errori professionali e se ciò accade l' utente
che ususfruisce delle sue prpestazioni apre l'elenco del telefono e ne
sceglie un altro; se questa cosa succede a noi, come ad altre categorie lavorative, i luoghi comuni si allargano a macchia
d'olio su tutti.
non godiamo di quest'aura di sacralità, quindi ho sempre pensato che la buona opinione che hanno le persone di noi derivi dal
minuzioso lavoro del singolo che costituisce poi la "reputazione" (passatemi il termine) di tutto il gruppo.
non so forse sbaglio ma ho avuto questa impressione..che ne dite?
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Re: petizione ma..

Messaggio da sekywa »

oddio nazg che domanda!!!
intanto diciamo che al mio vicino ho tentato di dirglielo nel modo più semplice possibile, ma prima mi ha scambiato per un'infermiera, poi per un medico..allora ho deciso che forse sarebbe stato meglio riparlarne più in là, quando avrebbe imparato qualcosina in più di italiano dato che l'inglese lo mastica appena, io di francese non ne so nulla e di rumeno il nome di qualche ricetta di cucina, il che non ci avrebbe portato lontano!!!
che ti devo dire, è una domanda da un milione di dollari fatta a una che ha fatto si e no il primo periodo di tirocinio (da segretaria)..se ti rispondessi penso che la metà delle persone presenti sul forum riderebbe a crepapelle..troppo idealismo, troppi buoni propositi..non che sia una crocerossina, anzi a volte vedo le cose più crude e dure di come siano in realtà.
una cosa posso dirtela però: credo di avere talmente tanto da imparare che il giorno che saprò dirti cos'è per me un' assistente sociale dandoti una risposta come si deve, come la sento visceralmente e coscienziosamente, correrò a compilare la mia prima domanda di lavoro.
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Re: petizione ma..

Messaggio da ugo.albano »

Cara Sekywa,

come vedi, l'argomento è molto interessante e stimolante: io mi chiedo come mai nessuno ci fa una tesi di laurea!

Riprendo due aspetti interessanti che tu poni:

a) il rapporto tra il singolo collega (che magari pure è bravo) ed il gruppo che ha già una certa "reputazione" (un pò sputtanata, direi..............);

b) il fatto oggettivo che l'utente non può "scegliersi" l'assistente sociale e che "nel pubblico tutti siamo uguali" fa capire come il "problema" derivi dall'essere dipendenti.

Sono tutti argomenti trattati nel mio ultimo libro (servizio sociale e libera professione): se l'aiuto è pubblico e se ciò significa "dare tutto a tutti", il "buon operatore" (attenzione: dico operatore) è la persona passiva, ripetitiva, metodica, fedele al politico e "paraculo" con gli utenti (visto che di risorse non ne abbiamo). Il lavoro dipendente (e pubblico) mortifica chi vuole essere professionista. La pressione è "essere tutti uguali", ma al ribasso. Il fatto stesso che per il Governo siamo "fannulloni" e nessuno dice nulla, la dice lunga su questa mortificazione che regna sovrana.

Il problema è che in questo sistema, da cinquant'anni, troviamo l'assistente sociale.

Perchè le altre professioni, anche se nate dopo di noi, sono più legittimate? Perchè sono sul mercato, oltre che sul pubblico. Ciò ha un grande effetto sulla legittimazione sociale:
1) l'utente può scegliere;
2) l'utente paga, quindi sceglie il migliore;
3) il professionista (attenzione, parlo di professionista, non di operatore....notate il passaggio semantico!) dev'essere competente;
4) il rapporto professionista-utente è legato ad un obiettivo: ti dò i soldi se fai un buon lavoro;
5) l'orientamento all'obiettivo (soluzione del problema) crea gradimento, diffusione della reputazione ("farsi un nome") e quindi buona immagine;
6) ora, ci potrà pure essere la "massa" a fare i bancomat nel pubblico, ma, credetemi, quei pochi aa.ss. sul mercato l'immagine la cambiano, eccome!!

Insomma, l'immagine è collegata alla realtà. Lo specchio riflette quel che siamo. Lo stereotipo non è un'invenzione, ma un'immagine che si dà come gruppo.

Io non credo alle petizioni. Sono una delega. A chi? All'ordine nazionale? Scusate, ma vi rendete conto di come e su cosa comunicano l'immagine costoro (basta vedere il sito internet e leggere il giornale che mandano a casa.....)?

Riprendiamo in mano la nostra immagine: cambiarla è nostro compito, oltre che nostro bisogno. Dipende da noi decidere se essere "operatori" o "professionisti".

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Re: petizione ma..

Messaggio da sekywa »

come sempre esponi in modo mooolto più completo le mie idee!
mi piacerebbe conoscere di più sulla realtà del privato, una volta su una rivista di ss c'era qualcosa ma snocciolava una serie di dati e tabelle che non approdava a nessuna conclusione!!!
forse potrebbe essere anche un modo per "tastare" la qualità del tuo operato!credo sia brutto vedere che mentre un utente entra nel tuo ufficio sta ancora guardando la tua collga perchè vorrebbe andare con lei (scena alla quale mi è capitato di assistere) salvo poi dirtelo apertamente in un secondo momento..se sei nel privato te ne rendi conto subito, più direttamente!
a parte che una delle mie fisse sarebe quella di mettere una sorta di test di qualità a fine di ogni colloquio, perchè se vi è capitato di trovarvi dalla parte opposta della scrivania, a volte dareste un bel 5 agli operatori (non solo as)!
in Inghilterra si usa, non so in che misura si usi in Italia..ma x una volta che mi sono azzardata a parlarne mi hanno guardato storto e con un giro di parole mi hanno dato della traditrice!da quando in qua si fa utenti vs as?
che ne dici?..
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Re: petizione ma..

Messaggio da ugo.albano »

Beh, stai parlando della rilevazione della qualità percepita, che oltr'alpe è normale, mentre da noi non si neanche cosa sia (anche se poi, di libri sul tema, ci facciamo le scorpacciate......... solita frattura tra teoria e pratica, tra etica e morale.......... ).

Comunque, non mi stuzzicare, che io sono cattivo con le colleghe : io a volte mi diverto a far finta di essere un utente per vedere come si comportano le colleghe. Ahime............

Non mi meraviglio che se poi, se cerchi "assistente sociale" su youtube, al primo posto ti capita questo: http://www.youtube.com/watch?v=bXmOWSw497Q

Beh, ma non è vero che l'assistente sociale è spesso acida, arrogante, giudicante, brutta e burocrate?

Io dico che bisogna imparare dagli errori e recuperare competenza sulla propria immagine. Abbiamo Leggi, carte deontologiche e mille occasioni di essere professionisti, ma le dimentichiamo nel cassetto: è più facile agire lo steretipo. D'altra parte è quello che gli enti (pubblici) ci chiedono. O no?

Ugo Albano
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Re: petizione ma..

Messaggio da sekywa »

si ma mille e più esempi proprio nel settore pubblico ci insgnano che si possono ricavare degli spazi di potere personale all'interno della proprio lavoro!beh se noi potessimo leggere il concetto in chiave positiva, potremmo utilizzare questo "potere" per agire secondo dettami diversi che decidiamo noi e sentiamo più vicini, e non secondo lo streotipo!
certo è un po' difficile da fare e secondo me un supporto teorico può aiutare ben poco sia per la distanza tra teoria e pratica cui ti riferivi prima, sia per i diversissimi contesti presenti in italia..cioè per fare un esempio se un as volesse puntare i piedi e agire scondo una pratica nuova, svecchiando un po' il solito mandato non si potrebbe riferire a un decalogo di nessun tipo (se non molto generico) perchè quello che si può fare al sud non si può fare al nord o in campagna e in città..o per meglio dire proprio le ispirazioni che ti vengono, la fantasia che metti in campo..potrebbe essere proprio la "fantasia" un modo per migliorare l'immagine dell'as? su iniziativa personale però, senza coinvolgere le varie agenzie..che dici?

descrizione tipo: l'as è sempre chi ha gli occhi cerchiati di nero, un'agenda che scoppia e (testuali parole) l'esigenza della presa in carico! quasi quest'ultima fosse una mania e non un' azione a favore dell' utente!!
in che modo potremmo farci vdere più "leggereri" nel nostro lavoro, nel senso di spensierati, tranquilli, anche sicuri volendo! i chirurghi hanno la vita delle persone nell loro mani, eppure i loro luoghi comuni non si riferiscono a tutta questa pesantezza, a tutto questo grigiore che sembra avvolgere gli as..magari è solo una mia impressione ma, scondo te da dove nasce tutti ciò?ovvio dalla realtà che l'as vede quotidianamente e dalla sua naturale, direi quasi fisiologica reazione..ma solo da questo?
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Re: petizione ma..

Messaggio da ugo.albano »

Cara Sekywa,

la "pesantezza" o il "grigiore" sono indicatori di percezione sociale. Se gli utenti ci perpepiscono così, probabilmente siamo così.

Chiediamoci perchè. E' l'effetto di anni di rapporto col "dolore"? E' il burn-out organizzativo?
E specialmente: cosa fare? La prima cosa è abituarsi a fare "revisioni" di tanto in tanto: si chiama "supervisione". Il fatto di sentirsi "grigi e pesanti" dev'essere un campanello d'allarme, perchè dietro c'è il burnout. Nè più e nè meno come in coppia: più che "far finta che vada bene", è il caso di dirsi in faccia cosa non va e fare delle scelte (di recupero o di rottura).
Il lavoro di aiuto richiede entusiasmo, pazienza, decisionismo e passione: sono questi gli aspetti che l'utente coglie. Quindi sto parlando di atteggiamenti del professionista che derivano da un suo "posizionamento emozionale" positivo. Facevi l'esempio del chirurgo: se lui opera ed è rilassato, vuol dire che lui ha elaborato il sè personale rispetto al sè lavorativo.

Nel servizio sociale ognuno dio noi, fin dall'università, ha motivazioni all'aiuto e competenze empatiche che vanno capite, curate, monitorate. Il problema è che questo lavoro nessuno lo fa, ma gli effetti di tutto ciò sono evidenti nell'immagine che (singolarmente) si dà. Aldi là della supervisione, che non si fa -per disabitudine, perchè costa e perchè è di origini anglosassoni-, è però il caso di convincerci della necessità (per il nostro bene) a "parlare delle nostre emozioni".

Per esempio: imparare fin dall'università ad "avere fiducia del collega", essere sicuro del suo ascolto e della sua riservatezza e "comunicare le emozioni". Fare dei gruppi tra colleghi (per esempio, di città diverse che lavorano sullo stesso tipo di utenza) e parlare di cosa va e cosa non va.

"Comunicare le emozioni". Lo so, è difficile, specialmente perchè noi non lo facciamo neanche con noi stessi. In quest'Italia in cui "si fa" senza "riflettere", noi che aiutiamo dovremmo per primi essere consapevoli di noi stessi per accompagnare gli altri ad esserlo. C'è, insomma, un ineludibile rapporto tra noi e le nostre emozioni. Noi che aiutiamo, però, dobbiamo esserne consapevoli. Semplicemente perchè l'utente le nostre emozioni le percepisce, eccome!

Per esempio: quali emozioni si scatenano in voi colleghe donne (in qualche modo madri o future madri) nella tutela di un minore? Come vedete questi modelli di "genitorialità compromessa" col vostro modello genitoriale? Altro esempio: la sessualità. Come la concepisco io e come "tratto" quella degli altri? Se non ho una sessualità matura (attenzione: parlo di sessualità, non di genitalità, quindi della propria maturità a "stare in relazione con l'altro sesso") come faccio ad avere rapporti di aiutocon l'altro sesso?

Tutto ciò per dire (concludendo) che la nostra capacità di governo di noi stessi, delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti (anche riferiti a scelte etiche, religiose,ecc.) è UNA COMPETENZA importante nel lavoro di cura, è una competenza che determina il modo in cui siamo percepiti dagli altri e quindi l'immagine.

Ugo Albano
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