Da studentessa quale sono dovrei difendere la categoria, ma sempre più spesso mi risulta impossibile farlo, o in ogni caso tremendamente difficile. Mi associo a frenci91 nel dire che anche io, nei miei limiti ed insicurezze, mi ritengo una testa pensante; è pur vero che la consapevolezza di questa professione e della serietà necessaria per esercitarla è un percorso graduale, che personalmente ho imparato a "sentire" dall'inizio del secondo anno di corso. Ero convinta e felice, già al primo anno, della scelta intrapresa, ma non ero totalmente sicura di aver compreso questa professione, e questo pensiero mi ha portato ad una sorta di "crisi benevola", come amo definirla io, durante la quale mi sono prima interrogata su tantissimi aspetti che costiuivano dei territori parzialmente inesplorati, riferiti alle mie motivazioni e alla propensione per l'aiuto agli altri, e poi rassicurata o meglio "ristabilizzata" (passatemi il termine).
Ero sicura che non fosse un percorso sbagliato per me, ma non ero del tutto convinta che fosse quello giusto. E' un gioco di parole, lo so, ma rispecchia chiaramente quello che ho provato in quel periodo. Adesso riesco a delinearlo con chiarezza perchè è trascorso del tempo e, come si dice,
di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, sia dal punto di vista conoscitivo sia dal punto di vista esperienziale, nonostante io sia solo al terzo anno. Riesco solo ora a vedermi con più consapevolezza e arrivata a questo punto sono in grado di analizzarmi meglio.
Gli studenti possono essere molte volte confusi ed insicuri relativamente al loro percorso; personalmente il mio dubbio era relativo alla mia capacità di aiutare gli altri "in quel modo" richiesto agli assistenti sociali. Ho sempre avuto piacere nel sostenere gli altri, e mi sono sempre dedicata ad attività di volontariato di vario tipo, e continuo tuttora, ma ovviamente si tratta di cose differenti e volevo capire se la mia propensione per una dimensione sarebbe stata la stessa nell'altra. Dubbio risolto, e non del tutto, solo ora, dopo aver studiato e svolto il mio tirocinio per tre anni.
Ritornando al dilemma "zucche vuote o teste pensanti?", posso dire che di presunte zucche vuote (dico presunte perchè alcune non le conosco in maniera approfondita) ne vedo parecchie nel mio corso. Esplicito però cosa intendo quando parlo di zucche vuote: intendo studenti che non si interessano alle materie del corso (posso capire la noia del diritto regionale, capisco molto meno quella relativa a metodi e tecniche del servizio sociale, visto che è la materia chiave); studenti che non hanno un buon rendimento e sembrano fregarsene (un rendimento non soddisfacente certo non è segno inequivocabile di non serietà, in quanto soprattutto in questa professione conta la predisposizione, però credo che anche questa dimensione abbia il suo peso, soprattutto se poi non sembra essere un problema); studenti che durante i momenti di scambio di riflessioni e conoscenze non "scambiano" proprio nulla con gli altri e anzi li etichettano come i secchioni che fanno i compiti mentre loro preferiscono parlare d'altro; studenti che in momenti esterni al lavoro in classe fanno discorsi screditanti il corso di laurea e la professione, facendo chiaramente capire di aver scelto questa facoltà perchè ritenuta la più facile (nonostante poi siano loro stessi ad avere problemi di rendimento).
Potrei continuare...
Non voglio sembrare quella che si discosta dalla sua categoria facendo la superiore, perchè non lo sono davvero e anche io, come tutti, ho dei momenti di smarrimento e confusione.
Credo solo che non tutte le cose negative che si dicono degli studenti di oggi siano false.
Ricordo ancora che durante la lezione di metodi e tecniche II, mentre la professoressa ci stava spiegando le caratteristiche di una relazione di idoneità all'adozione e ci stava illustrando nel dettaglio quali punti dovessimo toccare e soprattutto a quali sensazioni ed emozioni dovessimo fare attenzione nel percorso di conoscenza delle competenze genitorali, mentre quasi tutti erano incolllati alla professoressa come bambini in attesa della loro favola, un gruppetto di ragazze ha continuato a mandarsi messaggi sul telefonino per tutta la lezione, ridendo ad alta voce.
Mi è rimasta molto impressa questa cosa. Fortunatamente non capita sempre, ma devo dire piuttosto spesso (e non solo questo).
Non posso quindi dare torto a chi ci definisce zucche vuote, anche se ovviamente ci rimango molto male. Ma è inevitabile