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ugo.albano
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Messaggio da ugo.albano »

C’è una percezione ormai diffusa in base alla quale l’aiuto ha un’accezione negativa: generalmente sia chi aiuta, sia chi è aiutato, ha atteggiamenti oscillanti tra serietà, tristezza, depressione. Lo sa bene chi chiede l’elemosina: il mostrarsi afflitti induce l’altro al senso di colpa, per lenire il quale si apre il portafoglio. La tristezza è l’elemento che caratterizza gli stessi nostri contesti di aiuto: luoghi tristi, sale di attesa tristi, uffici tristi, volti tristi.

Io da un po’ di tempo sto insistendo su paradigmi di aiuto “simmetrico": non c’è più l’asimmetria che deriva dalla diversità di potere (chi chiede e chi ha la facoltà di dare), mi sforzo di vendermi alla pari, come se l’incontro con chi chiede aiuto fosse tra il confronto tra due conoscenti. Per rafforzare ciò uso l’approccio della risata: la battuta pronta, la metafora comica, la canzone che stempera la tensione e fa scoppiare in una sonora risata.

Che ne pensate?
Ugo Albano

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Nazg
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da Nazg »

La cordialità è un elemento positivo per favorire il colloquio.
Un sorriso apre molte porte e aiuta anche a dire dei no senza far restar male chi hai di fronte.
Con gli utenti che conosci bene può starci anche la battuta carina e la risata.
Credo però che ci serva equilibrio per non cadere nel "siamo tutti amiconi" e quindi "pretendo da te che sei mio amico". L'eccesso secondo me non paga, anzi rischia di fare molti danni.
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da Nuvoletta »

Bè Ugo l'assimetria è l'ipotesi che spinge la persona a venire da noi. E fa parte del nostro lavoro aiutare le persone a riconoscere le proprie potenzialità in modo che il rapporto non rimanga assimetrico, ma di collaborazione per raggiungere uno scopo. Dovrebbe essere ABC della nostra professione.....
E' normale che chi porta una difficolà lo faccia con un tono triste, se non fosse così sarebbe incongruente e quindi, dal punto di vista comunicativo, inadeguato. Altrettanto noi. Poi a mano a mano che i problemi comiciano a dipanarsi e il rapporto lentamente instaurarsi, se l'operatore non è un depresso cronico e altrettanto il nostro utente, la battuta o la metafora comica ci può stare, sempre che l'operatore la sappia fare se no "povero" utente :roll: oltre ai problemi si deve pure "piglià" le noste.... :lol:
Ciao
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Mac
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da Mac »

Credo fortemente nell'utilità dello sviluppo di empatia con la persona, e questo passa anche attraverso un atteggiamento più "sbottonato", sorridente sì, che fa trasparire fiducia. Siamo persone, e questo gli utenti lo devono capire, ma, prima di tutto, lo devono vedere.

Ho avuto modo di imparare da chi ha sempre attuato l'approccio del sorriso e della cordialità, senza mancare di essere un punto di riferimento serio e forte per le persone di cui si occupava, e ho notato una loro rispondenza molto importante. Gli utenti si rivolgevano a questa assistente sociale in modo cortese, nonostante preoccupazioni e situazioni problematiche davvero ingenti, portandole rispetto anche nei momenti più delicati per la loro vita personale.

Difficile è non farsi coinvolgere troppo. Credo che soprattutto in questo momento di carenza estrema di risorse, proprio perchè non possiamo offrire altro che il nostro apporto professionale, ci sia a volte il rischio di essere troppo informali, "troppo" disponibili. O per lo meno è questo ciò che sento sulla mia pelle. Mi dico che non è mai troppo, ma a volte si creano anche involontariamente delle situazioni per le quali l'utente sembra dimenticarsi del fatto che tu sia un professionista vedendoti magari di più come appunto una persona a cui fare riferimento sempre, come un amico. Nonostante ciò sia un segnale importante, è necessario imparare a concedersi come persona attraverso la professione.

In ogni caso, il sorriso è un qualcosa che davvero apre porte.


Qualche tempo fa ho letto di un test che viene effettuato sui bambini: si chiede alla loro madre di non rispondere più alle loro richieste, rimanendo impassibili in volto, serie, e non rispondendo più ai loro bisogni fisici (abbracciarli, toccarli ecc.). Il risultato è che i bambini dapprima sono confusi, non capiscono, poi si arrabbiano e poi, sconvolti, piangono fino al ritorno della normalità. Questo perchè il contatto visivo è fondamentale: le espressioni, un sorriso, uno sguardo sono tutto per una relazione, di qualsiasi tipo.
Così anche per noi.
Non dimentichiamocene :wink:
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da pallaspina »

I miei ricordi piú belli della professione sono legati a una madre altamente problematica alla quale di fatto furono tolti tutti i figli, che andavo a trovare con frequenza settimanale, in pratica. L'altissima complessitá della situazione e problemi di salute mentale la portavano a scoppiare a piangere spessissimo, ma questi pianti erano alternati a volte da risate condivise perché era anhe molto simpatica e sapeva fare descrizioni di alcune persone che darebbero dei punti a molti scrittori classici e contemporanei (essendo toscana, quello che ne derivava era notevole). Una volta, parlando di come, secondo lei, la suocera era una persona estremamente negativa, cominció una descrizione che non dimenticheró mai: "L'é un donnin piccin cosí.... con due occhi che pare Lucifero....".
Peraltro, credo che questa capacitá si acquisisca con la maturitá professionale, in quanto per come lo ricordo si esce dall'universitá molto "ingessati" e permeati di "professionalismo", per cui si é all¡inizio molto (troppo) rigidi a scapito della costruzione del rapporto con la persona.
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ugo.albano
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da ugo.albano »

Mi piace molto questo passaggio di pallaspina:

....."credo che questa capacitá si acquisisca con la maturitá professionale, in quanto per come lo ricordo si esce dall'universitá molto "ingessati" e permeati di "professionalismo"....

STOP. Cioè università-professionismo-ingessati. Insomma, l'assistente sociale italiano è formato al "lavoro asimmetrico".

Un ultimo passaggio di pallaspina induce riflessione:
............" credo che questa capacitá (di ridere aiutando) si acquisisca con la maturitá professionale.....".....

BENE. Cioè può essere una "caratteristica personale", anzi deve essere così: non è che faccio un corso in clownterapia ed imparo a vivere.

Non c'è nulla di più spontaneo di un approccio alla risata, ma il presupposto di ciò è il "governo delle emozioni". Ci sono quelle dell'aiutato, ma ci sono pure le mie.

Quindi nella "maturazione professionale" ci può /ci deve essere la consapevolezza di se stessi e di come si interviene emozionalmente nell'aiuto.
Ugo Albano

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pallaspina
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da pallaspina »

"non è che faccio un corso in clownterapia ed imparo a vivere.

Non c'è nulla di più spontaneo di un approccio alla risata, ma il presupposto di ciò è il "governo delle emozioni". Ci sono quelle dell'aiutato, ma ci sono pure le mie.

Quindi nella "maturazione professionale" ci può /ci deve essere la consapevolezza di se stessi e di come si interviene emozionalmente nell'aiuto".

La cosa bella é che ho passato il pomeriggio con un'amica psicoterapeuta e psicologa e, parlando piacevolmente di tanti temi, siamo proprio passate a discutere differenze, forze, debolezze e punti di contatto tra lavoro sociale, psicologia e psicoterapia. Bene, entrambe ci siamo appocciate alla psicologia dopo anni di pratica professionale "altra" (lei come infermiera e psicoterapeuta, io come a.s. e mediatrice familiare) e sottolineavamo entrambe come studiare "dopo" la pratica in un ambito affine ti fa essere consapevole del famoso passaggio prassi-teoria-prassi. Qualsiasi corso é uno strumento ma l'operatore non é lo strumento, bensí la sua stessa persona, cosí come l'utente-cliente non é "la sua malattia" o la sua carenza. Non a caso i medici fanno generalmente lo stesso percorso: partono dal pensare di avere di fronte una ferita, un'ernia, un'ulcera e arrivano (se sono bravi) a vedere la persona intera e quello che c'e' dietro, rendendosi anche conto che spesso l'ascolto attento é di per sé terapeutico!
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da elisabettabetta »

Bello questo post.
A me capita spesso di sentirmi affranta dal quotidiano, dalla marea di povertà e dalla mia impossibilità ad accontentare le persone. Non sono felice sul lavoro. Se rido, lo faccio reagendo per isteria al mio disagio.
In questi giorni alcuni utenti, nonostante la loro situazione e la mia impossibilità ad aiutarli, sono sereni e mi sorridono. Questo mi colpisce. Mi sento più io aiutata che loro. Senza il sorriso so che non riesco neanche a dar loro speranza. Dovrei, ma non ci riesco.
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da ugo.albano »

Noi aiutiamo, e lo facciamo comunicando.

Per essere efficaci dovremmo tendere verso la "comunicazione persuasiva". Questo tipo di comunicazione lo insegnano nel marketing: è l'approccio al cliente. Se sono depresso e cupo o se sono allegro e sorridente, la differenza sull'efficacia c'è, eccome.

Non si tratta di "ridere come degli scemi", ma di essere cordiali, aperti, emozionalmente sensibili. Spesso per abbattere una rigidità basta una battuta, sovente per stabilire una regola aiuta citare un proverbio.

Io manderei tutti gli assistenti sociali a fare corsi di teatro, ad osservare se stessi di fronte allo specchio, ad imparare a gestire tutto il nonverbale in maniera appropriata.

E' logico che "artisti si nasce". Ma saper muovere le corde emotive in un colloquio è pure tecnica, oltre che qualità innata.

Ma vi chiedo: c'è chi il problema se lo pone? Conoscendo molti colleghi (mattacchioni di carattere) posso immaginare come si divertano a stuzzicare le persone con la risata...... Beh, buona pratica è pure quella, dite la vostra, allora!!!

Saluti.
Ugo Albano

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Re: aiutare ridendo

Messaggio da ShC71 »

Ciao,
dico la mia.
Parto da un passaggio di Ugo:
ugo.albano ha scritto: Per essere efficaci dovremmo tendere verso la "comunicazione persuasiva". Questo tipo di comunicazione lo insegnano nel marketing: è l'approccio al cliente.
Questo passaggio non mi piace, quel "persuasiva" mi sa di manipolatorio e la manipolazione nel lavoro sociale con le persone, non mi piace. ed infatti è una modalità che afferisce al marketing disciplina dove (se non erro) si deve "vendere" qualcosa, magari non necessariamente un bene in cambio di denaro, magari solo un'idea, una modalità, ma pur sempre di vendita si tratta.
Io ho esperienza più nel campo dell'animazione di comunità, ma un principio comune (animazione socio-culturale e servizio sociale) che ho sempre preservato è l'autodeterminazione delle persone. ovvero il progetto personale... Insomma, io non devo vendere nulla a nessuno, neppure un'idea, piuttosto cerco di costruire insieme all'altro soluzioni adatte a lui...

Poi sono pienamente d'accordo sulla modalità...
dice Ugo:
ugo.albano ha scritto:Se sono depresso e cupo o se sono allegro e sorridente, la differenza sull'efficacia c'è, eccome.

Io manderei tutti gli assistenti sociali a fare corsi di teatro, ad osservare se stessi di fronte allo specchio, ad imparare a gestire tutto il non verbale in maniera appropriata.
e qui mi trova d'accordissimo. Il buon animatore quando conduce un gruppo in un'attività ludica, sta facendo una buona attività, un'attività divertente solo se si diverte anche lui, altrimenti si assiste a quei tristissimi tentativi di animazione (avete mai assistito ad una tombola in una casa di riposo dove il 90% degli ospiti non capisce ciò che gli succede intorno... molto molto triste... :roll: )

A volte, anche affrontando situazioni complesse e pesanti, una battuta per stemperare ed "alleggerire" può aiutare.

Credo però che questo sia diverso dal "
Mac ha scritto:l'approccio del sorriso e della cordialità, ....."
cui fa riferimento Mac

La battuta o l'ironia credo che possano essere facilitanti in una relazione d'aiuto, ma devono essere ben dosate ed appropriate. Mentre l'approccio del sorriso e della cordialità le reputo quasi indispensabili, perché comunicano accoglienza! e come posso pormi in relazione d'aiuto se non accolgo?
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Re: aiutare ridendo

Messaggio da ugo.albano »

Certo, la comunicazione persuasiva è studiata nel marketing, e serve per "vendere". Ma noi, in fin dei conti, non cerchiamo di "comprare"? Cosa compriamo? L'attenzione dell'altro, il suo assenso, la sua collaborazione, la sua condivisione di una nostra lettura del suo problema.

Restiamo nel marketing: c'è il venditore che "recita la parte" solo per vendere, c'è però quello "genuino", che lo fa perchè è così. Dove sta la differenza? L'interlocutore lo capisce, se noi siamo genuini o se facciamo finta.

Quindi si tratta di un'arte, o la si sa praticare, o è meglio astenersi.

Però è un'arma strategica: non avete idee di quante barriere (emotive) ho abbattuto facendo ridere la gente. A me viene facile: è che la battuta va contestualizzata, va calibrata sul soggetto, va pensata sull'efficacia, ....insomma dev'essere azzeccata.

Poi dipende: se l'interlocutore è permnaloso, è meglio astenersi. Però pure fare ironia su noi stessi con l'utente ci presenta come "esseri umani".....
Ugo Albano

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