I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
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I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
Dopo la pubblicazione dell'articolo "I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no" che si trova al link http://blog.assistentisociali.org/2013/ ... troppo-no/
si è sviluppato un dibattito in alcuni gruppi su facebook.
Per continuare il dibattito in modo condiviso ho pensato di aprire questo topic e riportare i vari commenti.
Dalla pagina Assistenti Sociali https://www.facebook.com/groups/34593818295/
Monica: Non sono d accordo. Il matrimonio non da di per se più sicurezza anzi ci vorrebbe una legge che regolarizza le convivenze come in tutta l Europa occidentale.
Elena: ma, questo articolo mi lascia molto perplessa. Faccio due annotazione: mi sembra ci sia in sottofondo un giudizio sulla bontà e serietà di alcune relazioni rispetto ad altre ed al contempo che sia una condizione giuridica a favorire una sana educazione ed evoluzione psico-fisica dei figli. Entrambe mi appaiono visioni basate su pregiudizi e moralismi che spero la nostra professione sia in grado di fronteggiare. Penso che ognuno dovrebbbe valutare quali sono le proprie visioni di ciò che è 'bene e male' e sia in grado di rispettare le decisioni di tutti se non implicano un danno per l'altro (sia esso adulto o bambino). La frase 'senza la previsione di un impegno di due che si affidano totalmente l’uno all’altro' parlando delle convivenze mi sembra un pò netta e moralista. Lavoro con le famiglie da 12 anni, con le coppie conflittuali, con quelle che si separano, con bambini divisi, devastati. Questo bambini la maggior parte delle volte nella mia espereinza sono figli di coppie sposate. Un impegno firmato davanti ad un'istituzione (civile o religiosa che sia) siamo sicuri che implichi un impegno maggiore di un impegno assunto da due persone tra loro? La serietà dell'impegno è dato da una firma? O dalla serietà dele persone che condividono un progetto di vita, una visione comune e negoziata dell'educazione dei figli? Personalmente e professionalmente credo che i bambini meritino genitori consapevoli, attenti, seri, che si mettano in discussione, che non si apettino che i figli diventino i loro cloni o che debbano gratificarli per forza, che supportino i bambini a diventare adulti autonomi che possano scegliere consapevolmente la loro strada nel mondo. Quanto importa ad un bambino che la mamma e il papà siano sposati? Importa ai bambini o importa agli adulti? Quali sono i reali bisogni dei bambini? il matrimonio dei genitori?
Inoltre, sarebbe possibile sapere con esattezza l'articolo della normativa a cui fa riferimento la'utore dell'articolo rispetto alla legittimazione dell'incesto? (se si cita una normativa e un articolo sarebbe opporruno inserirlo). grazie
Rossella: non c'è nella legge nessuna legittimazione delll'incesto. Inoltre se si guardano le statistiche e i nostri uffici ci sono aumenti di separazioni e di conflitti tra coniugi , quindi non è vero che ci si sposa di meno e non è assolutamente vero che chi si sposa lo fa"senza se e senza ma" anzi lo fa con troppa leggerezza! Quindi è appena il caso di pensare ai bambini che hanno diritto ad essere tutti uguali ed avere dei genitori con cui crescere, ma non mi risulta che a loro nuoccia il fatyo che i genitori siano o meno sposati!!!!
Elena: Grazie Rossella, anche a me non sembrava di aver letto nulla che in qualche modo legittimasse l'incesto. Altrettanto non dò per scontato di sapere tutto quindi mi sembrava opportuno chiedere. Consiglierei però (parere personale) la pubblicazione di articoli anche se sono post su blog verificati nei fatti e nelle fonti o che mettessero in evidenza le fonti stesse. Anche questo credo sia un modo per rendere più credibile la professione.
Rossella: condivido Elena chi scrive articoli deve dare i riferimenti legislativi
Dal gruppo AssistentiSociali.org https://www.facebook.com/groups/46572021231/
Monica D.: Mah non sono d'accordo. Il matrimonio non tutela un bel niente e ci sono coppie di fatto ben più salde di coppie sposate.
L Italia e l unico paese Dell Europa occidentale che non riconosce le coppie di fatto e quel dettato costituzionale della famiglia fondata sul matrimonio e contestato fortemente da molte parti della società civile e ora mi tocca pure sentire un collega che scrive questo ? Ok. Sarà vero però facciamo la questa legge che tutela le convivenze.
Monica B.: Concordo assolutamente con Monica D., trovo l'articolo del collega molto giudicante. Si mette chi sceglie il matrimonio in una posizione di indiscussa superiorità. Bah, da un assistente sociale mi aspetterei ben altro.
Mi pare che le questioni emerse sono due:
1- la necessità di proporre una tematica arricchita della dovuta bibliografia/legislazione di riferimento: quale ruolo hanno i blog nella formazione professionale?
2- la posizione "non giudicante" che l'assistente sociale dovrebbe dimostrare nel suo lavoro: come si può esprimere la propria opinione senza essere giudicanti?
C'è qualcuno che vuole dire la sua?
si è sviluppato un dibattito in alcuni gruppi su facebook.
Per continuare il dibattito in modo condiviso ho pensato di aprire questo topic e riportare i vari commenti.
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Monica: Non sono d accordo. Il matrimonio non da di per se più sicurezza anzi ci vorrebbe una legge che regolarizza le convivenze come in tutta l Europa occidentale.
Elena: ma, questo articolo mi lascia molto perplessa. Faccio due annotazione: mi sembra ci sia in sottofondo un giudizio sulla bontà e serietà di alcune relazioni rispetto ad altre ed al contempo che sia una condizione giuridica a favorire una sana educazione ed evoluzione psico-fisica dei figli. Entrambe mi appaiono visioni basate su pregiudizi e moralismi che spero la nostra professione sia in grado di fronteggiare. Penso che ognuno dovrebbbe valutare quali sono le proprie visioni di ciò che è 'bene e male' e sia in grado di rispettare le decisioni di tutti se non implicano un danno per l'altro (sia esso adulto o bambino). La frase 'senza la previsione di un impegno di due che si affidano totalmente l’uno all’altro' parlando delle convivenze mi sembra un pò netta e moralista. Lavoro con le famiglie da 12 anni, con le coppie conflittuali, con quelle che si separano, con bambini divisi, devastati. Questo bambini la maggior parte delle volte nella mia espereinza sono figli di coppie sposate. Un impegno firmato davanti ad un'istituzione (civile o religiosa che sia) siamo sicuri che implichi un impegno maggiore di un impegno assunto da due persone tra loro? La serietà dell'impegno è dato da una firma? O dalla serietà dele persone che condividono un progetto di vita, una visione comune e negoziata dell'educazione dei figli? Personalmente e professionalmente credo che i bambini meritino genitori consapevoli, attenti, seri, che si mettano in discussione, che non si apettino che i figli diventino i loro cloni o che debbano gratificarli per forza, che supportino i bambini a diventare adulti autonomi che possano scegliere consapevolmente la loro strada nel mondo. Quanto importa ad un bambino che la mamma e il papà siano sposati? Importa ai bambini o importa agli adulti? Quali sono i reali bisogni dei bambini? il matrimonio dei genitori?
Inoltre, sarebbe possibile sapere con esattezza l'articolo della normativa a cui fa riferimento la'utore dell'articolo rispetto alla legittimazione dell'incesto? (se si cita una normativa e un articolo sarebbe opporruno inserirlo). grazie
Rossella: non c'è nella legge nessuna legittimazione delll'incesto. Inoltre se si guardano le statistiche e i nostri uffici ci sono aumenti di separazioni e di conflitti tra coniugi , quindi non è vero che ci si sposa di meno e non è assolutamente vero che chi si sposa lo fa"senza se e senza ma" anzi lo fa con troppa leggerezza! Quindi è appena il caso di pensare ai bambini che hanno diritto ad essere tutti uguali ed avere dei genitori con cui crescere, ma non mi risulta che a loro nuoccia il fatyo che i genitori siano o meno sposati!!!!
Elena: Grazie Rossella, anche a me non sembrava di aver letto nulla che in qualche modo legittimasse l'incesto. Altrettanto non dò per scontato di sapere tutto quindi mi sembrava opportuno chiedere. Consiglierei però (parere personale) la pubblicazione di articoli anche se sono post su blog verificati nei fatti e nelle fonti o che mettessero in evidenza le fonti stesse. Anche questo credo sia un modo per rendere più credibile la professione.
Rossella: condivido Elena chi scrive articoli deve dare i riferimenti legislativi
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Monica D.: Mah non sono d'accordo. Il matrimonio non tutela un bel niente e ci sono coppie di fatto ben più salde di coppie sposate.
L Italia e l unico paese Dell Europa occidentale che non riconosce le coppie di fatto e quel dettato costituzionale della famiglia fondata sul matrimonio e contestato fortemente da molte parti della società civile e ora mi tocca pure sentire un collega che scrive questo ? Ok. Sarà vero però facciamo la questa legge che tutela le convivenze.
Monica B.: Concordo assolutamente con Monica D., trovo l'articolo del collega molto giudicante. Si mette chi sceglie il matrimonio in una posizione di indiscussa superiorità. Bah, da un assistente sociale mi aspetterei ben altro.
Mi pare che le questioni emerse sono due:
1- la necessità di proporre una tematica arricchita della dovuta bibliografia/legislazione di riferimento: quale ruolo hanno i blog nella formazione professionale?
2- la posizione "non giudicante" che l'assistente sociale dovrebbe dimostrare nel suo lavoro: come si può esprimere la propria opinione senza essere giudicanti?
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Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
Aggiungo, in favore dell'autore dell'articolo che non è iscritto su facebook, gli ulteriori commenti emersi per arricchire la discussione.
Cristina: Forse l'autore voleva riferirsi a questo quando parla di legalizzazione dell'incesto: Nella "Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa" si trova l'invito per gli stati membri ad abrogare "qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi del quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscano una distinzionet ra l'età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali" (art. 18). Il passaggio è che viene previsto lo sdoganamento della distinzione di età per arrivare a considerare condotte normali e legali e generatrici di diritto qualsiasi tipo di unione sessuale e affettiva in nome della libertà e del del libero consenso delle parti.
(leggere) http://www.ilsussidiario.net/News/Crona ... /2/393561/
Elena: Legerò con attenzione, grazie Cristina. Inviterei comunque l'autore per il futuro a citare con esattezza le fonti per un'informazione trasparente.
Monica D.: @cristina. Letto mi sembra una posizione ideologica e molto forzata sulla direttiva europea. D altra parte questo non è il posto x parlare di diritti di omosessuali ma l Europa sta andando in questo senso
Nessuno che voglia dire la sua qui sul forum?
Cristina: Forse l'autore voleva riferirsi a questo quando parla di legalizzazione dell'incesto: Nella "Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa" si trova l'invito per gli stati membri ad abrogare "qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi del quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscano una distinzionet ra l'età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali" (art. 18). Il passaggio è che viene previsto lo sdoganamento della distinzione di età per arrivare a considerare condotte normali e legali e generatrici di diritto qualsiasi tipo di unione sessuale e affettiva in nome della libertà e del del libero consenso delle parti.
(leggere) http://www.ilsussidiario.net/News/Crona ... /2/393561/
Elena: Legerò con attenzione, grazie Cristina. Inviterei comunque l'autore per il futuro a citare con esattezza le fonti per un'informazione trasparente.
Monica D.: @cristina. Letto mi sembra una posizione ideologica e molto forzata sulla direttiva europea. D altra parte questo non è il posto x parlare di diritti di omosessuali ma l Europa sta andando in questo senso
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Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
buongiorno a tutti/e...
trovo l'articolo dell'autore davvero molto fazioso e privo di fondamenti...
a parte questo, perchè non parlare di diritti degli omosessuali?anzi, dato proprio questo articolo, in cui si sottolinea come molti siano i figli nati da convivenze more uxorio, perchè non parliamo anche di figli di coppie omogenitoriali che esistono ma la legislazione non li tutela?si stima che in Italia siano circa 100mila figli con due mamma o due papà, nati o da precedenti relazioni eterosessuali o dalla fecondazione assistita all'estero. Cosa facciamo con la realtà di fatto? Continuiamo a difendere a spada tratta l'istituto del matrimonio (tra l'altro la Costituzione privilegia questa forma di legame, ma non esclude altre forme e, ricordiamolo bene, la Costituzione è dei fine anni 40, anni in cui non esisteva la convivenza, non esistevano determinati diritti, insomma, era un altro mondo) oppure analizziamo la realtà e cerchiamo nuove modi per tutelare le nuove forme genitoriali (che siano omo o etero) che spingono dalla società? siamo davvero sicuri che il matrimonio sia garanzia di "buona qualità" per essere genitori e per la tenuta della coppia?
trovo l'articolo dell'autore davvero molto fazioso e privo di fondamenti...
a parte questo, perchè non parlare di diritti degli omosessuali?anzi, dato proprio questo articolo, in cui si sottolinea come molti siano i figli nati da convivenze more uxorio, perchè non parliamo anche di figli di coppie omogenitoriali che esistono ma la legislazione non li tutela?si stima che in Italia siano circa 100mila figli con due mamma o due papà, nati o da precedenti relazioni eterosessuali o dalla fecondazione assistita all'estero. Cosa facciamo con la realtà di fatto? Continuiamo a difendere a spada tratta l'istituto del matrimonio (tra l'altro la Costituzione privilegia questa forma di legame, ma non esclude altre forme e, ricordiamolo bene, la Costituzione è dei fine anni 40, anni in cui non esisteva la convivenza, non esistevano determinati diritti, insomma, era un altro mondo) oppure analizziamo la realtà e cerchiamo nuove modi per tutelare le nuove forme genitoriali (che siano omo o etero) che spingono dalla società? siamo davvero sicuri che il matrimonio sia garanzia di "buona qualità" per essere genitori e per la tenuta della coppia?
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Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
I figli sono tutti uguali - specificazioni
Le reazioni all’articolo sono un segno positivo di interesse per il tema (di fatto poco evidenziato quando la stampa, a suo tempo, ne aveva dato notizia) e di sviluppo di riflessioni tra i colleghi; sono quindi opportune da parte mia alcune precisazioni.
Con la L. 151/1975 era stata eliminata la nozione di figlio illegittimo, ora, grazie alla L. 219 del 10.12.2012 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali” (entrata in vigore con il 2013) l’aver tolto la distinzione tra figlio legittimo e figlio naturale è senz’altro un passo avanti nella giusta direzione: come indicato dall’art. 1 c. 11 della norma, d’ora in poi nel codice civile troveremo solo la parola “figli”.
In relazione al tema dell’incesto, la precedente formulazione dell’art. 251 c.c. negava la possibilità di riconoscimento del figlio nato da relazione tra persone legate da vincoli di parentela, eccezione fatta ad es. per casi estremi di ignoranza, previa autorizzazione del giudice; oggi, l’art. 1 c. 3 della L. 219/2012 modifica l’art. 251 c.c. rendendo tecnicamente possibile il riconoscimento del figlio nato da incesto al di là delle eccezioni prima indicate. E’ vero che l’articolo stabilisce che il riconoscimento può avvenire “previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio”, quindi viene sostanzialmente fatto un doveroso richiamo all’obbligo di tutelare il preminente interesse del minore. Sappiamo però che quando si tratta di far valere gli interessi di parte, tra adulti e minori spesso succede che i secondi soccombano davanti ai primi; i motivi sono tanti, di ordine culturale, tecnico-giuridico, economico e non solo: gli avvocati fanno il loro mestiere. Sanno bene questo coloro che si occupano di minori abusati o vittime di maltrattamento per i quali è spesso difficile accertare la verità dei fatti ed attribuire le responsabilità delle violenze subite. E’ probabilmente in questo senso che si era a suo tempo espresso con forte preoccupazione nei confronti di questo peculiare aspetto della riforma il citato Luciano Spina, presidente dell’Ass. italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia.
Rispetto alle osservazioni sull’istituto matrimoniale va ricordato che il suo valore è stabilito dalla Costituzione all’art. 29. Succede a volte che ci si ricordi della nostra Carta fondamentale con modalità intermittente: quando piace la si invoca, quando non piace si dice che è antica e va modificata. E’ evidente che non esistono Costituzioni perfette, quella italiana mi sembra ottima ancor oggi quanto meno nei suoi Principi fondamentali e nella Parte Prima. Riconoscere condizioni diverse (in letteratura si parla di life arrangements) non significa per forza disprezzo per altre scelte o effettuare discriminazioni, significa chiamare le cose per nome. Al contrario, può essere fuorviante la prospettiva di livellare tutto sotto uno stesso criterio o dettato normativo: per restare nello specifico, chi opta per una convivenza, solitamente lo fa proprio perché non desidera aderire a quanto il nostro ordinamento prevede per un certo tipo di unione; equiparare, per alcuni potrebbe significare far rientrare dalla finestra ciò che si è fatto uscire dalla porta (in effetti, non ha senso parlare di ‘matrimonio di serie B’ come alcuni prospettavano). Distinguere non significa di per sé discriminare. Se è vero che il matrimonio richiama valori indubbiamente forti (cfr. artt. 143, 144, 147 e 148 c.c.), chi non li sceglie o non li sceglie nella forma pubblica avrà certo motivi che vanno rispettati. Altra cosa è definire un particolare regime giuridico per una specifica condizione di vita; torniamo quindi alla prospettiva di riconoscere le differenze: ed in questo, quando si agisce per il bene comune, non si lede la dignità delle persone e si tutelano i più deboli (quindi anche i bambini) non c’è proprio nulla di male. Il matrimonio ha una sua specificità che lo rende certamente un tipo di contratto atipico, ma per l’ordinamento civilistico è pur sempre un negozio giuridico dal quale scaturiscono diritti e doveri per la parti e nei confronti della collettività. Dal punto di vista della sua dimensione pubblica, va detto che un negozio giuridico che implica formali obblighi, per la coesione sociale fornisce di per sé maggiori garanzie (anche queste formali) rispetto ad un accordo che viene stabilito solo tra i contraenti, in assenza di assetto giuridico, testimoni e quant’altro ci possa essere. Rispetto alla tutela dei soggetti deboli (bambini, malati, disabili, ecc.), è coerente pensare che una società organizzata attraverso un sistema giuridico ritenga che un vincolo pubblicamente riconosciuto possa offrire per sua natura maggior previsione di protezione rispetto ad altri tipi di accordo. Per quanto possa valere come termine di raffronto e quindi con tutti i suoi limiti, c’è maggior serenità nell’acquisto di una casa siglato da un contratto notarile piuttosto che basato sulla sola parola data.
Dal punto di vista professionale ritengo che l’utente/cliente vada sempre accolto per quel che è, e che vada aiutato nel modo corretto dal punto di vista deontologico, lasciando fuori dal campo professionale i propri giudizi di valore sulle persone, pur nella consapevolezza che la nostra professione agisce proprio perché esprime giudizi sulle situazioni (e non sulle persone): stabiliamo un aiuto economico perché uno è definito povero, chiediamo un provvedimento di allontanamento perché quel bambino vive una situazione di abbandono, promuoviamo l’istanza dell’amministratore di sostegno perché quell’anziano necessita di un supporto, ecc. Non sono moralismi, ma giudizi che muovono ad un’azione (cfr. artt. 9, 10, 21, 49, 50 del nostro Codice Deontologico). In ogni caso, l’azione professionale non dipende certo dal fatto che chi c’è di fronte sia sposato o meno.
Detto questo, è sotto gli occhi di tutti che la forma non garantisce il contenuto, che ci sono coppie conviventi che durano più di quelle sposate, … ma è vero anche il contrario. Se non sono le forme condivise e regolamentate a dare una qualche di garanzia (che certo non può mai essere assoluta), l’alternativa è affidarsi a che cosa? Potremmo dire che bastano le intenzioni ed i fatti, cioè i comportamenti delle persone: la speranza è cosa buona, ma va saggiamente accompagnata e supportata da quanto rinsalda le buone intenzioni. Certo la società deve interrogarsi su ciò che va sostenuto, promosso e difeso, a meno che non si ritenga che qualsiasi scelta sia indifferente. L’antropologia ci dice che il matrimonio è riscontrato pressoché in tutte le civiltà, anche senza riferimenti religiosi; non a caso, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo (ONU, 1948) ne esplicita la valenza all’art. 16: anche qui qualcuno potrà dire che è antica e va rivista ...
Sono stato certamente lungo, ma forse sono riuscito a spiegare un po’ di più quanto avevo sinteticamente delineato.
23.5.2013 G. Marco Campeotto
Le reazioni all’articolo sono un segno positivo di interesse per il tema (di fatto poco evidenziato quando la stampa, a suo tempo, ne aveva dato notizia) e di sviluppo di riflessioni tra i colleghi; sono quindi opportune da parte mia alcune precisazioni.
Con la L. 151/1975 era stata eliminata la nozione di figlio illegittimo, ora, grazie alla L. 219 del 10.12.2012 “Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali” (entrata in vigore con il 2013) l’aver tolto la distinzione tra figlio legittimo e figlio naturale è senz’altro un passo avanti nella giusta direzione: come indicato dall’art. 1 c. 11 della norma, d’ora in poi nel codice civile troveremo solo la parola “figli”.
In relazione al tema dell’incesto, la precedente formulazione dell’art. 251 c.c. negava la possibilità di riconoscimento del figlio nato da relazione tra persone legate da vincoli di parentela, eccezione fatta ad es. per casi estremi di ignoranza, previa autorizzazione del giudice; oggi, l’art. 1 c. 3 della L. 219/2012 modifica l’art. 251 c.c. rendendo tecnicamente possibile il riconoscimento del figlio nato da incesto al di là delle eccezioni prima indicate. E’ vero che l’articolo stabilisce che il riconoscimento può avvenire “previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio”, quindi viene sostanzialmente fatto un doveroso richiamo all’obbligo di tutelare il preminente interesse del minore. Sappiamo però che quando si tratta di far valere gli interessi di parte, tra adulti e minori spesso succede che i secondi soccombano davanti ai primi; i motivi sono tanti, di ordine culturale, tecnico-giuridico, economico e non solo: gli avvocati fanno il loro mestiere. Sanno bene questo coloro che si occupano di minori abusati o vittime di maltrattamento per i quali è spesso difficile accertare la verità dei fatti ed attribuire le responsabilità delle violenze subite. E’ probabilmente in questo senso che si era a suo tempo espresso con forte preoccupazione nei confronti di questo peculiare aspetto della riforma il citato Luciano Spina, presidente dell’Ass. italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia.
Rispetto alle osservazioni sull’istituto matrimoniale va ricordato che il suo valore è stabilito dalla Costituzione all’art. 29. Succede a volte che ci si ricordi della nostra Carta fondamentale con modalità intermittente: quando piace la si invoca, quando non piace si dice che è antica e va modificata. E’ evidente che non esistono Costituzioni perfette, quella italiana mi sembra ottima ancor oggi quanto meno nei suoi Principi fondamentali e nella Parte Prima. Riconoscere condizioni diverse (in letteratura si parla di life arrangements) non significa per forza disprezzo per altre scelte o effettuare discriminazioni, significa chiamare le cose per nome. Al contrario, può essere fuorviante la prospettiva di livellare tutto sotto uno stesso criterio o dettato normativo: per restare nello specifico, chi opta per una convivenza, solitamente lo fa proprio perché non desidera aderire a quanto il nostro ordinamento prevede per un certo tipo di unione; equiparare, per alcuni potrebbe significare far rientrare dalla finestra ciò che si è fatto uscire dalla porta (in effetti, non ha senso parlare di ‘matrimonio di serie B’ come alcuni prospettavano). Distinguere non significa di per sé discriminare. Se è vero che il matrimonio richiama valori indubbiamente forti (cfr. artt. 143, 144, 147 e 148 c.c.), chi non li sceglie o non li sceglie nella forma pubblica avrà certo motivi che vanno rispettati. Altra cosa è definire un particolare regime giuridico per una specifica condizione di vita; torniamo quindi alla prospettiva di riconoscere le differenze: ed in questo, quando si agisce per il bene comune, non si lede la dignità delle persone e si tutelano i più deboli (quindi anche i bambini) non c’è proprio nulla di male. Il matrimonio ha una sua specificità che lo rende certamente un tipo di contratto atipico, ma per l’ordinamento civilistico è pur sempre un negozio giuridico dal quale scaturiscono diritti e doveri per la parti e nei confronti della collettività. Dal punto di vista della sua dimensione pubblica, va detto che un negozio giuridico che implica formali obblighi, per la coesione sociale fornisce di per sé maggiori garanzie (anche queste formali) rispetto ad un accordo che viene stabilito solo tra i contraenti, in assenza di assetto giuridico, testimoni e quant’altro ci possa essere. Rispetto alla tutela dei soggetti deboli (bambini, malati, disabili, ecc.), è coerente pensare che una società organizzata attraverso un sistema giuridico ritenga che un vincolo pubblicamente riconosciuto possa offrire per sua natura maggior previsione di protezione rispetto ad altri tipi di accordo. Per quanto possa valere come termine di raffronto e quindi con tutti i suoi limiti, c’è maggior serenità nell’acquisto di una casa siglato da un contratto notarile piuttosto che basato sulla sola parola data.
Dal punto di vista professionale ritengo che l’utente/cliente vada sempre accolto per quel che è, e che vada aiutato nel modo corretto dal punto di vista deontologico, lasciando fuori dal campo professionale i propri giudizi di valore sulle persone, pur nella consapevolezza che la nostra professione agisce proprio perché esprime giudizi sulle situazioni (e non sulle persone): stabiliamo un aiuto economico perché uno è definito povero, chiediamo un provvedimento di allontanamento perché quel bambino vive una situazione di abbandono, promuoviamo l’istanza dell’amministratore di sostegno perché quell’anziano necessita di un supporto, ecc. Non sono moralismi, ma giudizi che muovono ad un’azione (cfr. artt. 9, 10, 21, 49, 50 del nostro Codice Deontologico). In ogni caso, l’azione professionale non dipende certo dal fatto che chi c’è di fronte sia sposato o meno.
Detto questo, è sotto gli occhi di tutti che la forma non garantisce il contenuto, che ci sono coppie conviventi che durano più di quelle sposate, … ma è vero anche il contrario. Se non sono le forme condivise e regolamentate a dare una qualche di garanzia (che certo non può mai essere assoluta), l’alternativa è affidarsi a che cosa? Potremmo dire che bastano le intenzioni ed i fatti, cioè i comportamenti delle persone: la speranza è cosa buona, ma va saggiamente accompagnata e supportata da quanto rinsalda le buone intenzioni. Certo la società deve interrogarsi su ciò che va sostenuto, promosso e difeso, a meno che non si ritenga che qualsiasi scelta sia indifferente. L’antropologia ci dice che il matrimonio è riscontrato pressoché in tutte le civiltà, anche senza riferimenti religiosi; non a caso, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo (ONU, 1948) ne esplicita la valenza all’art. 16: anche qui qualcuno potrà dire che è antica e va rivista ...
Sono stato certamente lungo, ma forse sono riuscito a spiegare un po’ di più quanto avevo sinteticamente delineato.
23.5.2013 G. Marco Campeotto
Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
Credo anch'io che la Costituzione Italiana sia ottima, solo che è stata scritta in un periodo storico totalmente diverso da quello attuale con tutto ciò che ne consegue. In particolar modo è il passaggio famiglia-natura-matrimonio che mi lascia perplessa in quanto se è vero che il matrimonio è un istituto rilevante che va tutelato, non tutte le famiglie, ampiamente intese (aspetto relazionale, giuridico, etc) iniziano esistere se e solo se c'è il matrimonio a farne da base. Insomma, credo che i diritti di tutte quelle famiglie che per una scelta o per impossibilità non possano sancire con il matrimonio la loro unione, debbano essere tutelate, a maggior ragione se all'interno vi sono dei minori; poi questo articolo indica, secondo me, che la Costituzione "privilegia" l'isituto matrimoniale ma, ripeto, non ne esclude altri.
Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
io ringraziando l'autore per la discussione gli faccio presente che a tutt'oggi la costituzione non viene rispettata parliamo del diritto ad un lavoro? e "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare".
teniamo presente società naturale....!
teniamo presente società naturale....!
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Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
Mi permetto di inserire il link ad un articolo trovato per caso. Si tratta di un commento alla recente riforma del diritto di famiglia (della quale ho trattato in questo forum) da parte di Bruno Ferraro, presidente aggiunto onorario di Corte di Cassazione, che ha lavorato sia nel tribunale ordinario che in quello minorile, non l'ultimo arrivato.
http://www.forumfamiglie.org/allegati/r ... _29023.pdf
G. Marco
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Re: I bambini sono tutti uguali, i genitori (purtroppo) no
Dell'articolo citato da G.Marco mi ha colpito la scelta di alcuni comuni di sostituire il termine padre-madre con genitore 1-genitore 2.
E' davvero necessario questo cambio di terminologia?
E poi chi è il primo e chi il secondo genitore?
Padre e madre secondo me danno un senso di differenza, ma anche di parità nella genitorialità.
Il cambio di terminologia include un cambiamento culturale?
E' come passare da handicappato a disabile e poi a diversamente abile, ma alla fine le discriminazioni e i problemi persistono per molte persone nonostante ci si riempia la bocca di nuove belle parole.
Togliamo padre e madre e poi diamo spazio a...?
La società è sempre più miscelata e si disperde in mille rivoli di individualità...ognuno vorrebbe un mondo a sua misura...
come si concilia in tutto questo il concetto di maternità/paternità responsabile?
E' davvero necessario questo cambio di terminologia?
E poi chi è il primo e chi il secondo genitore?
Padre e madre secondo me danno un senso di differenza, ma anche di parità nella genitorialità.
Il cambio di terminologia include un cambiamento culturale?
E' come passare da handicappato a disabile e poi a diversamente abile, ma alla fine le discriminazioni e i problemi persistono per molte persone nonostante ci si riempia la bocca di nuove belle parole.
Togliamo padre e madre e poi diamo spazio a...?
La società è sempre più miscelata e si disperde in mille rivoli di individualità...ognuno vorrebbe un mondo a sua misura...
come si concilia in tutto questo il concetto di maternità/paternità responsabile?
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