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tabellina
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Messaggio da tabellina »

buongiorno a tutti/e,
vorrei scrivervi, riassumendo, la mia giornata di "pubblico" di quest'oggi.

per primo arriva un signore che ha attivo un contributo economico mensile finalizzato al pagamento delle utenze arretrate e ai generi di prima necesità; il signore è disoccupato per tutta una serie di motivi (soprattutti fisici e caratteriali). il contributo questo mese ha un ritardo dovuto a questioni burocratiche, perciò viene al servizio perchè si lamenta di non aver soldi per prendersi da mangiare e non ha nessuno a cui chiedere. vuole denunciare i servizi sociali perchè non è possibile che non facciano niente e lo lascino senza mangiare.

il secondo che è arriva è un signore alcolista, senza casa, senza lavoro, che dorme in auto. i carabinieri gli hanno requisito la macchina, quindi è senza l'unico tetto sulla testa. non vuole andare nell'asilo notturno, non fa l'isee, non ammette il problema e i familiari non vogliono più avere a che fare con lui. dall'amministrazione comunale viene detto che noi assistenti sociali dobbiamo occuparci di questo caso che lui lo voglia o no.

tutti quelli che vengono dopo sono persone disoccupate, senza entrate economiche, che lamentano di non avere più soldi; per loro sono stati attivati tutti gli interventi possibili.

la domanda che mi pongo e vi pongo: fino a dove posso arrivare io? fino a che punto si può reggere, come operatore, tutto questo? sono io che non sono capace di reggere oppure c'è e ci deve essere un modo diverso?come rispondere agli utenti ma soprattutto ai miei responsabili/amministratori che dicono che noi dobbiamo "risolvere"la situazione?
scusate lo sfogo, ma più che assistentesociale mi sembra di dover essere la salvatrice del mondo....
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Nazg
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Re: burn out

Messaggio da Nazg »

Rispondo a concetti perchè le stimolazioni sono tante.

1- siamo quasi tutti a rischio di burnout in una società sempre più complessa e povera (non solo in senzo economico), perchè le risposte che possiamo dare sono ben poca cosa rispetto alle tante richieste

2- se l'amministrazione vuole che agiamo, noi assistenti sociali possiamo definire e proporre un progetto, ma poi questo deve essere finanziato altrimenti non serve a nulla la spinta politica

3- autodeterminazione: spesso ci si dimentica di dare il giusto spazio all'utente che per quanto possibile deve essere soggetto attivo nel suo personale cambiamento...
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Re: burn out

Messaggio da tabellina »

grazie della risposta..non posso che condividere i concetti che hai scritto, ma comunque non so come difendermi al'esterno. Mi spiego, io questi concetti li so e li condivido, ma se il mondo esterno, dai responsabili/amministratori agli utenti, non li condividono, io vengo schiacciata...
per questo chiedo a voi colleghi se in qualche modo avete una via per tutelarvi, per non rischiare di rimanere schiacciati...insomma come avete fatto voi o state provando a fare?
MonicaB
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Re: burn out

Messaggio da MonicaB »

Io non fronteggio più nulla, questa è la mia difesa. Credo di essermi arresa. Tiro avanti sperando di riuscire in tempi ragionevoli a concretizzare un progetto diverso e ad uscire dal sistema. Dopo 14 anni di lavoro nei Comuni da "entusiasta" sono crollata e dico chiaramente che l'utenza è il problema minore, non è sicuramente la causa del mio essere oltre il burn out. Non ne posso più di un sistema prestazionale, di fare carte sciocche e inutili, di essere autoreferenziale, cioè di lavorare per mantenere in vita un sistema burocratico assurdo e per questo dover trascurare i bisogni delle persone, non ne posso più della rigidità, dell'inutilità di almeno metà delle cose che faccio nel mio tempo lavoro. Io ero una che ci metteva l'anima, che approfondiva, che proponeva, sempre attiva, sempre pronta a partecipare, che fosse un gruppo di lavoro, che fosse una formazione, mi studiavo tutte le leggi, ascoltavo, elaboravo progetti. Sono stata trattata come la rompiballe di turno, mi chiamano "la rompicoglioni" e non parlo di amministratori, mi è stato fatto capire che l'impegno, la serietà, l'essere attivi e propositivi non paga, che chi sta zitto, ma anche chi sta seduto comodamente sulla propria sedia e non si fa problemi per nulla, neanche per le persone, e tira avanti il proprio lavoro alla meno peggio stando un po' in sordina è sicuramente MEGLIO. Bè io questa cosa non riesco proprio ad accettarla e allora ho scelto una strada che sia MEGLIO per me. Ho smesso di lottare e spero proprio di riuscire a fare altro in tempi brevi.
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Re: burn out

Messaggio da ugo.albano »

Carissime,

se posso dire la mia (sul burnout ho fatto la tesi magistrale) forse qualche chiave di lettura utile la posso fornire:

1) diversamente dagli altri professionisti dell'aiuto, in cui il burnout dipende dal rapporto con l'utente, il nostro burnout dipende dal rapporto con l'organizzazione (era l'ipotesi della mia tesi....);

2) alcuni sociologi americani riportano, riguardo al servizio sociale, proprio questo dilemma del "doppio mandato": pro ente o pro utente?

3) il problema tutto italiano è che l'ente pubblico gestisce questo ente: è a servizio dei cittadini, ma di fatto "si difende" da questo. Inviterei a riflettere anche sull'atteggiamento politico locale: da una parte difendono i cittadini contro i burocrati (noi), poi però non danno le risorse per funzionare. A me sa tanto di "presa per il culo" sto tanto decantato (a parole) welfare locale. Scusate la parolaccia.....come si dice a Roma "quanno ce vo, ce vo!!!".

4) attenzione al burnout subito, perchè l'effetto è la depressione. Finanche le modalità che Monica riportava sono di questo tipo.

5) il nostro lavoro ha inoltre bisogno di motivazione. Non siamo come i metalmeccanici che, tristi o allegri, sempre bulloni avvitano! L'assenza di motivazione incide sulla stessa qualità del prodotto. Certo, se faccio counseling è una cosa, se faccio il bancomat è un'altra cosa.

6) Occorre capire ed accettare che l'ente pubblico è -sociologicamente parlando - una burocrazia: funziona così, con le contraddizioni tipiche di una politica stramba che è immagine di un popolo con bassa coscienza. Se pensate che per vent'anni ha governato Berlusconi.......

7) Io cercherei una "terza via". Mi spiego meglio: se il mio essere assistente sociale corrisponde al lavoro pubblico di quel tipo, è meglio che mi impicco. Ora, se per me è importante lo sviluppo professionale (e non solo lo stipendio) si cambia pure lavoro, magari migrando verso organizzazioni più orientate sul piano etico (mi vengono in mente gli enti religiosi).

8) In ciò è importante capire che, se io "valgo di più", questo "di più" non devo pretenderlo dall'ente pubblico che ha suoi limiti strutturali (prima di tutto sul piano culturale, poi riguardo alla distribuzione dei livelli di potere). Quindi anche un pezzettino di libera professione ci può aiutare ad usare bene questo "di più". Tra i colleghi più svegli ci sono tanti part-time che, fatte x ore nel pubblico, fanno tutt'altro nel restante tempo. Non so se mi spiego.

9) L'importante è perlarne. Quì può pure essere uno sfogatoio, e va bene. Concedetevi però ogni tanto una supervisione. E' importante sapere "come sto" per fare delle scelte. Altrimenti si fa come lo struzzo, con la testa sotto la sabbia si pensa che il mondo non esista. Insomma, dal burnout si esce, ma da soli e dopo un bel percorso di consapevolezza. Lamentarsi non serve a nulla, credetemi!

Saluti.
Ugo Albano

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Re: burn out

Messaggio da pallaspina »

Come sempre, Ugo, chapeau...
Mi permetto di fare l'avvocato del diavolo (perché io mi ci sono trovata): oggi gli enti non danno piú part-time. É una cosa abbastanza scocciante, in quanto 15 anni fa pochissimi lo chiedevano, solo in caso disperato e con grandi riflessioni, perché si diceva che ti toglievano troppi soldi e contributi previdenziali. Oggi lo chiedono in molti, perché secondo me... é tutto molto relativo... se lo stipendio é basso, non sono le 150 euro in meno che ti cambiano la vita... se la pensione non la avremo mai, che cavolo ho a fare i contributi??? (io personalmente, visto che sono in aspettativa a tempo indeterminato, ho chiesto all'INPDAP un conteggio per eventualmente riscattare i 5 anni che mi mancherebbero per ottenere la pensione minima... e, a parte che non lo faró perché la cifra é da capogiro a fronte di una pensione iper-bassa... ho chiesto per curiositá quanto avevano influito i 3-4 anni di part time... praticamente ZERO :shock: ). Ora peró, visto che nel pubblico si sta malissimo e che molti, se no tutti, cercano una via d'uscita, i rubinetti si stanno chiudendo per tutti... Quando io lasciai il servizio, se fossi rimasta mi avrebbero tolto d'ufficio il mio misero part time di 30 ore.... Una mia amica che fa il tecnico alla ASL e sta cominciando a ingranare con un'attivitá libero-professionale di psicologa, idem: le vietano il part time....
Su tutto il resto, pienamente d'acccordo....se fossi rimasta in Italia, giá ero in contatto con il presidente del CEIS e con un consorzio di cooperative per cambiare lavoro... anzi, giá mi dissero: se per caso torni, fatti viva e ne parliamo!!! e io avevo l'ambito lavoro a tempo indeterminato in Comune! :mrgreen:
MonicaB
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Re: burn out

Messaggio da MonicaB »

Assolutamente d'accordo su tutta la linea con Ugo e Pallaspina. Proprio per non diventare la classica asssoc lamentosa e lagnosa ho deciso di arrendermi, io non mi lamento, voglio semplicemente riappropriarmi di quella dimensione di professione di aiuto che nell'ente locale non esiste più. Voglio poter fare un colloquio come si deve, preparare il setting, toccare le aree, capire come la persone vuole risolvere il suo problema anziché imbastire interventi in fretta e furia, vedendo la persona si e no due volte nella vita, voglio fare un progetto con la persona che non si esaurisca nel modulo da compilare. Questo voglio e per questo sto lavorando. Quello che dice pallaspina è purtroppo verissimo, il part time ormai non te lo danno più, bisogna scegliere tra il lavoro sicuro e l'incognita del salto nel buio. Io penso comunque che il lavoro nel pubblico non deve essere una condanna a morte, cambiare si può!
davide
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Re: burn out

Messaggio da davide »

Monica mi si è stretto il cuore. queste situazioni che hai riportato ci sono utilissime per conoscere il sociale sopratutto a noi che iniziamo. hai tutta la mia solidarietà ed è purtroppo una situazione comunissima, ho conosciuto medici, psicologi, educatori che veramente sono entrati in serio burnout.

ho delle bruttissime esperienze a riguardo.

io sono molto in linea con il tuo discorso" ...il lavoro nel pubblico non deve essere una condanna a morte, cambiare si può!

questo sfascio completo del welfare italiano e la rabbia e la delusione forte che queste generazioni stanno sentendo sono la testimonianza più concreta che non ne possiamo più. io uso una metafora per dare ottimismo.
è come quell'adolescente che incazzato coi suoi genitori, senza sapere nè come nè il perchè semplicemente però si stufa e mette in discussione tutto: ci serve questa fase per diventare degli adulti.
ci serve questa fase per diventare consapevoli e adulti.
fase rischiosa certo, il disorientamento può dar luogo ad un totale e permamente smarrimento, ma questo è necessario per ritrovarsi.
il berlusconismo è stato ed è semplicemente lo specchio di un collettivo e di una popolazione immatura. il nostro collettivo in realtà agisce il berlusconismo o l'ipocrisia del dalemismo cattocomunista che c'è invece dal 1950 quotidianamente, considerato che entrambi in realtà hanno sostenuto o sostengono il sistema politica italiano, che è in crisi. e non è un caso se vengono da fuori a governarci.

anche qui a parer mio comunque è tutto necessario. quando prendiamo coscienza individualmente che noi abbiamo creato certi mostri sociali e del fatto che forse è ora di cambiare la nostra quotidianietà, il riflesso che produrremo sarà automatico. non è un caso se oggi c'è rabbia e delusione, e le persone stanno sempre più male e crescono voci politiche che usano questo malessere, con slogan e concerti. davvero la commedia politica preelettorale è un insulto quotidiano all'individuo.

io punterei il dito anche contro gli ordini comunque. anche loro specchio di una professione al lastrico perchè non è questione di lamentarsi, è questione che bisogna rimboccarsi le maniche tutti, in primis noi richiamando chi governa la professione.

poi sono d'accordo con te perchè dico che si dovrebbe anche imparare a leggere cosa il pubblico può fare, e con questo intendo comprendere la dinamica l lavoro coi progetti e finanziamenti che dovrebbe crescere crescere crescere come competenza di base.

tutti gli assistenti sociali per staccarsi dal pubblico ma al contempo utilizzando il suo carattere di democraticità a parer mio insostituibile( che il servizio sociale privato non può offrire da solo) occorre sposare una via di mezzo.
lavorare sul territorio.
il welfare locale è il welfare dei progetti. non è il welfare del comune. guardate questo progetto.
http://www.catch-22.org.uk/About-Us
prende un tema: microcriminalità giovanile. prepara un megaprogetto e una serie di piccoli progetti,e comincia a mettere radici sul territorio conivolgendo insegnanti, scuole, educativa di strada, psicologi, giudici tribubali polizia politici locali associazioni.

c'è tanto da studiare una laurea è solo il primo passo.io se tornerò un giorno in italia magari, lavorerò per costruire uno studio associato multidisciplinare con focus sullo sviluppo locale.bisogna unirsi fra di noi lavorare anche gratis ma investire su nuove strade.

il nostro ruolo e che siamo noi a dover usare la politica e i fondi per i nostri utenti, non la politica e lo stato ad usare noi per i porci comodi del suo rullo compressore.

poi volevo solo dire anche a coloro che hanno esperienze di sofferenza professionale...ci sono tanti percorsi di sviluppo personale che si possono intraprendere. percorsi di crescita personale/spirituale anche terapie sono strade che in quest'epoca ci aiutano davvero a potenziare la consapevolezza del nostro potenziale e creare opportunità umane/professionali. ma anche ad intraprendere il proprio percorso personale. non si può pensare sempre e solo di agire all'esterno. bisogna agire con noi stessi e vi assicuro che sono esperienze che ci insegnano davvero ad imparare dalle esperienze.
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Re: burn out

Messaggio da pallaspina »

Mi viene anche un'altra riflessione. Le strategie personali vanno bene, ma sono appunto personali. La mia strategia personale puó essere (esempio): faccio in modo che mio marito/mia moglie/l'ereditá che ho miracolosamente avuto da un prozio americano ricchissimo :lol: mi garantiscano il pane (basico), mi licenzio e vado a fare solo il libero professionista; oppure: grazie ai miei contatti con il presidente della Caritas, vado a lavorare lí e mi garantiscono uno stipendio dignitoso... Tanto, ripeto, oggi i 200 euro piú o meno non ti cambiano la vita... Il problema é che questo non lo puó fare TUTTA la categoria. Non é possibile per tutti, credo. La mia preoccupazione non é tanto per "la categoria" in senso astratto (sinceramente, vista la scarsa coesione, non mi interessa... Non mi interessa ora che non sono in Italia e mi sono pure cancellata dall'Ordine, non mi interesserebbe nemmeno se fossi ancora lí) quanto per le singole persone, come Monica, che alla fine stanno male SOLO perché hanno cercato di svolgere al meglio la professione... Insomma, il fatto di cambiare lavoro, di fare la libera professione... sono possibilitá residuali, diciamocelo francamente... non sono per tutti... non lo puoi fare se hai una famiglia da manetenere e un coniuge con reddito medio-basso; non lo puoi fare se vivi in un posto piccolo dove questi ambiti sono gestiti da una lobby agguerrita (e spesso chi lavora in questi settori alternativi é figlio di... nipote di... magari del sindaco o dell'assessore... e quindi il problema che buttiamo fuori dalla porta rientra dalla finestra... Dove vivevo io era cosí). Io per caritá, ho fatto un accordo con mio marito che, putacaso tornassimo mai in Italia, si trovi un lavoro molto buono e molto ben retribuito perché io non torno a fare l'assistente sociale... e se ho bisogno di lavorare. piuttosto vado a fare pulizie in cooperativa :lol: ... A questo punto di saturazione ero arrivata... Peró... non sempre é possibile!!!
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Re: burn out

Messaggio da MonicaB »

Questo sicuramente, sul piatto della bilancia devi mettere tante cose, sicuramente il lavoro pubblico come nel mio caso a tempo indeterminato ti dà quella sicurezza che in nessun altro campo ora puoi avere in Italia e se "tieni" famiglia, mutuo, rate dell'auto e magari coniuge disoccupato o precario tutto questo lo devi considerare. Io propongo un altro spunto di riflessione, a prescindere da questi aspetti, dobbiamo proprio fare l'assistente sociale se usciamo dal pubblico? Possiamo reinventarci professionalmente? I medici fanno gli agountori o i medici omeopatici o i medici alternativi, i farmacisti fanno gli erboristi, gli psicologi fanno i counselor o i supervisori, e noi? O assistenti sociali o morte? No, io penso che ci si può reinventare anche nella nostra professione ed è quello che sto facendo io, cercando di creare qualcosa di nuovo dove poter coniugare quello che è il back ground della mia professione con quello che sto imparando a fare (non dico cosa solo per scaramanzia). E comunque non sono disperata! Non lo sono MAI stata!
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Re: burn out

Messaggio da ugo.albano »

Mi colpiva molto questo passaggio di Monica: ....."voglio semplicemente riappropriarmi di quella dimensione di professione di aiuto che nell'ente locale non esiste più. Voglio poter fare un colloquio come si deve, preparare il setting, toccare le aree, capire come la persone vuole risolvere il suo problema............"

Monica, come cosciente professionista, sta dicendo "fatemi lavorare in scienza e coscienza". STOP, fermiamoci lì, perchè questo passaggio è basilare: perchè nell'ente locale prevale l'esecuzione di politiche di consenso (dare, acquietare, eliminare il conflitto sociale, che è politico.....) e non la "buona pratica", che per non è coerenza di metodo?

INSISTO: una colpa ce l'abbiamo pure noi nel non insistere sulle buone pratiche. Con un'aggiunta: non lo sappiamo comunicare.

BUONA PRATICA: è la modalità con cui si crea un modello di intervento efficace, efficiente, verificabile, condivisibile, trasparente. PER ESEMPIO se l'assessore mi manda disoccupati per il contributo e se io li erogo vincolando il loro impegno (per esempio: "marito disoccupato, io ti pago la bolletta, ma tu fai i lavori a casa così da alleggerire il doppio carico di tua moglie") produco una "buona pratica". Il soggetto si incazzerà pure con l'assessore, ma sta a me nero su bianco giustificare il metodo sottostante.

COMUNICAZIONE: la buona pratica va comunicata. Ci sono riviste su cui scrivere, ci sono forum (come questo) in cui riportare buone esperienze.... perchè no? Per farvi capire questo bisogno io ho sudato non poco per trovare su internet qualcosa su "cosa fa l'assistente sociale". Ne ho trovato uno (per chi lo vuol vedere vada sul mio sito, alla home-page sotto a sinistra) che è un'eccezione e, manco a farlo apposta, non è italiano (anche se è in italiano). Se infatti cercate su google o su youtube "assistente sociale" escono spesso solo contributi autocentrati.

Tutto ciò per dire che, se il cittadino o l'assessore pensano che siamo dei bancomat, è perchè la categoria quello comunica, oppure "non comunica".

La RICETTA CONTRO IL BURN-OUT (mi permetto di consigliare) è sforzarsi di recuperare le buone pratiche e monumicale. Ciò richiede una mentalità da professionisti e non da semiprofessionisti. Dentro ciò c'è anche il VALORE DEL NOSTRO LAVORO, che non è solo fatica o esecutività, è anche e specialmente un NOSTRO percorso di crescita nel tempo. Altrimenti - ha ragione Pallaspina - andiamo a fare le pulizie, che è meglio.

Quindi attenzione, nel fronteggiamento del burnout, a scindere le variabili organizzative da quelle personali: sulle seconde è possibile agire, eccome!

Saluti.
Ugo Albano

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Re: burn out

Messaggio da pallaspina »

Ragazzi... condivido con voi questo. Sono iscritta a un sito che mi manda offerte di lavoro per assistente sociale (non cerco lavoro ma cosí, per curiositá mi sono iscritta) e mi é appena arrivato questo:

Fecha: 08/02/2013
Lugar: Barcelona - Barcelona - España
Puestos vacantes: 1
Referencia 1516143
Funciones:

• Realizar marketing externo: relacionarse con entidades y prescriptores.
• Ofrecer información y concertar visitas al centro con posibles clientes.
• Establecer el primer contacto con la persona mayor, familia o persona de referencia para identificar las expectativas y ajustarlas a la realidad del centro
• Ejecutar y evaluar el proceso de acogida y acomodación del residente
• Realizar pruebas o valoraciones a los clientes relacionadas con la especialidad profesional.
• Realizar, conjuntamente con el resto del equipo, el PAI, de los residentes
• Coordinación de actividades de dinamización, socio-culturales.
• Comunicación formal de ingresos a los otros servicios del centro y a las entidades y/o organismo correspondientes.
• Gestión trámites Servicios Sociales y con otras entidades de la Administración, y cambios de pensiones, renovaciones de DNI, empadronamientos en el nuevo domicilio.
• Orientar y asesorar al residente y a sus familiares en todo aquello que soliciten.
• Coordinación con otras entidades en todo lo que represente los intereses de los residentes: Ayuntamientos, Benestar i Familia, Sanidad, Centros Socio-sanitarios, Hospitales y Entidades privadas.
• Fomentar la integración y participación de los residentes en la vida del centro y evitar que se produzca un alejamiento con el entorno y la familia.
• Realizar el acompañamiento en el proceso de la muerte de los residentes y familiares. En caso de defunción iniciar todos los trámites burocráticos necesarios, si no existen familiares.
• Hacer seguimiento de los residentes ingresados en centros hospitalarios.
• Facilitar la asistencia espiritual a los residentes que así lo especifiquen.
• Velar por el cumplimento de los derechos de los residentes.
• Gestión de ropa y objetos perdidos.
Requisitos:

Diplomatura en Trabajo Social
Experiencia en Residencias de la 3ª edad
Se ofrece

Sustitución de Excedencia hasta Junio

Non so se sapete lo spagnolo ma é un'impresa sanitaria privata che cerca un assistente sociale e le funzioni che gli richiede sono IMPRESSIONANTI. Cioé, sono le NOSTRE funzioni. Come mi piacerebbe un lavoro cosí. Mi sono assolutamente commossa. Se avessi omologato il titolo e avessi esperienza con anziani (che é richiesta), forse proverei a candidarmi.

Io sono d'accordo con Ugo sulla sua "diagnosi" del problema del nostro ruolo in Italia, peró credo che in parte il problema derivi dal fatto che il sistema italiano é 100% pubblico o quasi. In regime misto (che anche la Spagna applica, alla fine), le competenze non sono tutte pubbliche e ilo privato socio-sanitario é una vera impresa sulla quale il settore pubblico, abbastanza alla frutta, dirotta buona parte delle richieste. Questo CREA IMPRESA e crea anche la possibilitá di scelta per il professionista ma anche per il cliente!
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