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memole.83
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Messaggio da memole.83 »

Ciao a tutti,
qualche mese fa ho fraquentato un corso per diventare "assistente ai bimbi diversamente abili". Durante il corso hanno sempre detto di evitare qualsiasi confidenza con i genitori...ho iniziata a lavorare da poco e ho un po' di difficoltà. La madre del bambino ogni giorno mi parla dei problemi che ha con il marito, delle difficoltà economiche, dello stato di salute dei suoi genitori, ecc...e non so proprio come comportarmi e cosa fare per evitare questo tipo di rapporto.
Avete qualche consiglio da darmi?
Vi ringrazio tantissimo!
Baci... :P
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§Butterfly§
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Messaggio da §Butterfly§ »

In che senso ti hanno detto di evitare qualsiasi confidenza con i genitori?
Da cosa parte questo distacco che dovete mantenere?
Come si fa ad evitare il rapporto con i genitori di un bambino? Forse il problema sta nel non farsi coinvolgere, nel lasciare al centro del tutto l'interesse del bambino... però non credo che sia così esageratamente distruttivo stare ad ascoltare una persona, una mamma, che magari non ha altre valvole di sfogo... non è detto che tu debba diventare la sua migliore amica e neanche colei che risolverà tutti i suoi problemi, la puoi stare semplicemente ad ascoltare...
Le relazioni umane di qualsiasi tipo, secondo me, non vanno evitate a prescindere, ma gestite nel modo giusto! :wink:
@@@-- Non hai coraggio, se non hai paura!!! --@@@
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ugo.albano
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Messaggio da ugo.albano »

evidentemente il consiglio dato nel corso era totalmente fuori luogo: il lavoro con il bambino portatore di handicap richiede sempre il rapporto con i suoi genitori.
I motivi sono tanti:
1) l'azione di aiuto va condivisa con chi ne ha la potestà;
2) la gestione del bambino va condivisa, per fare in modo che, sia a casa che fuori, ci siano le stesse regole e le stesse intese educative.
Anzi: i genitori di questi ragazzi hanno un gran bisogno di essere ascoltati. Dietro di loro c'è tanta solitudine e tanto isolamento. Il problema è infatti il cambio del loro ruolo dopo l'handicap, perdono amicizie, a volte il lavoro, si interrompe pure ogni loro percorso di vita/carriera.
In particolare le madri vanno ascoltate e guidate: il figlio "handicappato", in quanto prolungamento di sè, rappresenta sul piano simbolico la negazione del sogno (durante la gravidanza) sul figlio.
Lo stesso ascolto dev'essere attivo: si tratta di comporre emozioni e scelte verso una "convivenza" con la disabilità e, in caso di forte crisi di questa convivenza, accompagnare queste "genitorialità particolari" verso necessari distacchi.
Insomma, per un assistente sociale il lavoro con il portatore di handicap non può prescindere dal lavoro su QUEL contesto (che è in primis il reticolo ralazionale familiare). E ti dico che è anche molto interessante!

Ugo

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