Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»

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Nazg
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Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»

Messaggio da Nazg »

Comunicato dell’Ufficio Stampa FISH – 27.05.2010
Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»: complimenti Ministro!

«Due milioni e settecentomila invalidi in Italia pongono la questione se un Paese così può essere competitivo»: sono parole pronunciate dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nel presentare la Manovra Finanziaria Correttiva, contenenti uno stigma tanto grave da caratterizzarsi come uno dei più rilevanti danni recenti per le persone con disabilità.
L’invalido, infatti, sarebbe un "parassita" che blocca la competitività e tale affermazione "razzista" non può che moltiplicarsi presso l'opinione pubblica, enfatizzata da certi organi d'informazione. La realtà è che questa Manovra "mette le mani nelle tasche degli italiani" e pur trovando assai poco in quelle delle persone con disabilità, quel poco intende riprenderselo con decisione inversamente proporzionale alla prudenza usata nei confronti degli evasori fiscali.
E il modo scelto per farlo è il più subdolo, passando cioè il "fiammifero acceso" alle Regioni e
decretando sostanzialmente la fine delle già timide politiche regionali sulla non autosufficienza, la domiciliarità e il contenimento del disagio sociale. Vediamo il perché, anche analizzando passo dopo passo varie dichiarazioni del ministro Tremonti
Su una cosa ha ragione il ministro dell'Economia Giulio Tremonti:
migliaia di famiglie italiane hanno vissuto "al di sopra delle loro possibilità". Sono quelle che si sono dovute fare carico, pressoché integralmente, di familiari con grave disabilità. Ne hanno dovuto affrontare i costi assistenziali, rinunciare alla carriera lavorativa, dedicare
tutto il proprio tempo per colmare le lacune di un sistema assistenziale che è una sorta di "colabrodo". Sono famiglie che si sono progressivamente impoverite.
Questo ci si augurava si considerasse nell’elaborare le misure per contrastare una crisi che già colpirà soprattutto i più deboli. E invece, non una parola in loro favore, nella conferenza stampa di presentazione della nuova Manovra Finanziaria, da parte del presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi e del ministro Tremonti. Anzi, le parole di quest’ultimo sono illuminanti e pericolose, forse ancora più dannose delle stesse politiche che si vogliono adottare nella Manovra "fantasma" (nessuno ne ha ancora visto il testo).
«Questo è un Paese che ha 2 milioni e 7 di invalidi - ha osservato il Ministro - e 2.7 milioni di invalidi pone la questione se un Paese così può essere ancora competitivo». Ebbene, il grave stigma che la frase esprime rappresenta uno dei più rilevanti danni alle persone con disabilità. L’invalido sarebbe un "parassita" che blocca la competitività. L'"untore" che causa i danni al Paese con le spese che comporta. Un’affermazione "razzista" che non può che moltiplicarsi,
enfatizzata da certa stampa, presso l'opinione pubblica. La persona con disabilità, dunque, già esclusa dal contesto in cui vive, è anche additata come la "causa delle disgrazie della collettività". Come l’ebreo nella Germania degli anni Trenta.
Invitiamo in questo senso il ministro Tremonti a ripetere la tesi della competitività condizionata negativamente dalla disabilità al suo omologo tedesco, il ministro federale delle Finanze Wolfgang Schäuble, in carrozzina dal 1990.
Certo, non ci aspettavamo sensibilità dal ministro di un Governo che ha sforbiciato del 40% il Fondo per le Politiche Sociali, che ha abrogato il Fondo per le Non Autosufficienze, che taglierà le gambe alle politiche sociali (oltre che educative, ambientali, sanitarie) regionali, che non ha dimostrato attenzione, al di là degli spot, per le fasce più deboli della popolazione.
E tuttavia - pur non potendolo pretendere - ci aspettavamo che Tremonti conservasse la lucidità dell’economista. Dovrebbe sapere, il Ministro, quale sia l’indotto dell’invalidità civile. In termini più immediati, quanta gente sopra agli invalidi "ci campi". Medici, operatori, aziende di ausili e non, una milionata di badanti, patronati sindacali, servizi di trasporto. Senza contare il giro d'affari attorno al contenzioso relativo al mancato riconoscimento dell’invalidità: 400.000 cause giacenti. Medici legali, consulenti di parte o di ufficio, patronati sindacali, avvocati, per un giro d'affari di oltre due miliardi di euro. Se questo non genera competitività - un valore assoluto per la schiera degli economisti di cui Tremonti fa parte - sicuramente genera qualcosa di molto simile.
Questa Manovra "mette le mani nelle tasche degli italiani". Nelle tasche delle persone con disabilità trovano ben poco, ma quel poco - questo Governo - intende riprenderselo. E tanto sono timide e prudenti le misure contro i ladri evasori fiscali, quanto sono decise e indiscutibili quelle contro gli invalidi. Nel modo più subdolo: passando il "fiammifero acceso" alle Regioni, chiudendo rubinetti la cui portata era già largamente limitata.
In forza di legge e con la brutalità dei tagli, si decreta sostanzialmente la fine delle politiche regionali - quelle poche e timide - per la non autosufficienza, per la domiciliarità, per il contenimento del disagio sociale. «Una stagione - commenta amaro Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) - finita prima ancora di nascere: sono queste le politiche per la famiglia che ci attendono negli anni a venire».
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arianna88
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Re: Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»

Messaggio da arianna88 »

Bloccano??Non direi....faccio un po' di autocritica al settore se mi permettete.
Conosco una persona paraplegica laureata, automunita, che pratica sport, inserita a vari livelli nel mondo del volontariato.
Dalla sua parte dopo aver usufruito per anni del Fap da parte della sua regione ha trovato una collega (nostra) che conoscendo l'apprensività dei genitori del ragazzo che a loro volta lo limitano per esempio sugli spostamenti autonomi con il veicolo per una pura paura genitoriale, cerca di remare verso i genitori.
Come detto ha una laurea, ora sta cercando lavoro...certo non è facile per nessuno ed è ancora più difficile ora per un disabile...ma questo ragazzo ha i numeri per competere con gli altri anche non disabili mentre la sua assistente sociale continua a sollecitarlo ad accedere alle borse lavoro con motivazioni che secondo me sono ingiuriose nei suoi confronti del tipo " a cosa ti serve un lavoro pagato regolarmente se hai già la pensione e l'accompagnamento?? accontentati SEI DISABILE A questo il ragazzo ha addotto il desiderio di formare una famiglia e quindi la necessità di non fermarsi ad un "contentino" per il lavoro svolto, per così diore..cosa che dalla nostra collega (di ampie vedute evidentemente...se non sono troppo ironica) si è sentito rispondere "non è meglio stare con mamma e papà".Purtroppo ad oggi nonostante varie segnalazioni la persona è ancora al suo posto.
Commenti?consigli?
Ary
pallaspina
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Re: Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»

Messaggio da pallaspina »

Cosa si puó commentare... se non che questo atteggiamento della collega, piú diffuso di quanto si possa credere, é il risultato di una mentalitá assistenziale che comincia a essere inculcata in facoltá/tirocinio e dunque dopo non viene messa in discussione. Questo é il risultato di un servizio sociale a-teorico, basato sulle prassi e sul senso comune e ASSISTENZIALISTA fino al midollo. Paradossalmente, sarebbe proprio qui che l'assistente sociale potrebbe fare il suo VERO lavoro: il counselling motivazionale. Non lo si fa (forse non lo si sa fare) e dopo si tuona per qui che "ci fanno fare solo i contributi economici e le pratiche amministrative" (e questo che riporti tu é l'esempio-chiave).
Attenzione: non é che si salvano i "giovani" come spesso ho occasione di leggere negli sfoghi dei vari forums. Viglio dire, chi si pone con questo atteggiamento non é solo l'assistente sociale di 50-60 anni che magari scalda la sedia demotivato/a aspettando la pensione, mentre fuori ci sono orde di giovanissimi assistenti sociali volenterosi e entusiasti che "al suo posto" farebbero faville... Io credo di no. Nel frattempo la formazione non ha proposto modelli originali e che rompessero con i vecchi, si é continuato a proporre "il solito" condito di affermazioni quali "non ci sono piú soldi, quindi bisogna inventare". Un esempio: la libera professione non é la panacea alla mancanza di lavoro dell'assistente sociale. La libera professione é una scelta consapevole che fa un professionista competente che sa di poter offrire qualcosa di competitivo e PUÓ permettersi di investire a livello personale in questo (come poter farlo, é una questione personale e non categoriale o sociale). É solo una riflessione, che vuole tristemente rilevare che non mi sembra ci sia "niente di nuovo sotto il sole"....
arianna88
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Re: Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»

Messaggio da arianna88 »

L'assistente non è affatto anziana, ha all'incirca una decina credo scarsa di anni più della sottoscritta.Altra cosa secondo te è applicabile qualche istituto giuridico di tutela SENZA IL CONSENSO DEL DISABILE STESSO in questi casi?La persona che conosco ahimè...ha paura pure di questa cosa ed io sinceramente con lui!
grazie ancora
Ary
pallaspina
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Re: Dunque sono i disabili a «bloccare la competitività»

Messaggio da pallaspina »

Vedi, infatti... come volevasi dimostrare :mrgreen: Se capisco bene, la tua domanda é se possono interdirlo o inabilitarlo.... io direi di no... peró non ho mai lavorato nel settore della disabilitá e magari puó darsi che qualcun altro ti possa chiarire il dubbio... cosí a naso, per applicare istituti giuridici di tutela bisogna dimostrare che la persona non puó badare a se stessa e credo che se un giudice tutelare parla con questa persona si rende conto benissimo.... in piú, un altro rischio da non sottovalutare é che spesso (purtroppo) i disabili (ma anche gli anziani) diventano la gallina dalle uova d'oro dei familiari, i quali contano sulle loro pensioni... Insomma questo ragazzo sará disabile, ma non lo é a livello mentale e credo che gli farebbe molto bene uscire dalle maglie del servizio pubblico e appoggiarsi a qualche associazione del privato sociale per fare un reale progetto finalizzato all'autonomia.
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