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Minore con pitiriasi rosea

Inviato: mar, 03 dic 2013 - 6:34 pm
da simona70
Ciao a tutti gli amici del settore. Ho in carico un minore che a più riprese ha preso http://www.pitiriasirosea.com/pitiriasi rosea, una malattia poco conosciuta ma molto contagiosa.
Ha avuto più ricadute in pochi mesi, segnale di trascuratezza..
Siete mai capitati in situazioni del genere?

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: ven, 06 dic 2013 - 7:19 pm
da Nazg
chi ha stabilito la trascuratezza?

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: lun, 09 dic 2013 - 8:49 pm
da luca
No. Tienici aggiornati.
Perchè trascuratezza? Come è stata verificata?

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: ven, 31 ott 2014 - 1:41 pm
da Zefreo
E' un post di quasi 2 anni fa, ma mi ha colpito molto...
spero che Simona70 sia andata a leggere effettivamente il link che ha citato, e che dice esplicitamente che "La Pitiriasi rosea non è contagiosa e non si diffonde da persona a persona attraverso il semplice contatto fisico.". E' evidenziato a più riprese inoltre come l'eziologia di questa patologia della pelle sia ancora sconosciuta.
Asserire perciò che si tratta di una malattia "molto contagiosa" e sentenziare di conseguenza che c'è "segnale di trascuratezza.." mi sembra molto GRAVE e PREOCCUPANTE.
L'esperienza italiana purtroppo è quella di una certa superficialità diffusa (non dico universale, ma sicuramente diffusa), e ritengo debba far riflettere in particolare il dato delle sottrazioni minorili alle famiglie, che in Italia si stimano essere circa 40mila, contro le 5mila-7mila di paesi più popolosi del nostro come Francia e Germania. E si stima che l'80% degli allontanamenti non sia supportato da ragioni realmente gravi, come prescrive la Legge Italiana.
Dico questo per spiegare il quadro, il contesto in cui è stata concepita da Simona70 una osservazione così gravemente superficiale...

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: lun, 03 nov 2014 - 3:16 pm
da Nuvoletta
Gentile Zefreo.
per fortuna non è così automatico il passaggio da una sbagliata interpretazione di un evento ( in questo caso una malattia della pelle) a un allontanamento. Primo perchè l'operatore in genere non è da solo a valutare una situazione ed è probabile che succeda quello che è avvenuto in questo sito: i colleghi le hanno fatto subito notare l'incongruenza di questo "passaggio logico" da una malattia a una valutazione di trascuratezza. Secondo punto di garanzia è la valutazione della Magistratura che decide un eventuale intervento ( es. allontanamento) sulla base di varie informazioni, di diversi elementi e approfondimenti e solo dopo aver ascoltato anche i genitori. E' difficile quindi che un errore di interpretazione di questo tipo "passi" senza che qualcuno (colleghi, magistrato, giudici onorari, genitori, avvocati, CTU, CTP) non se ne accorga.
Dico questo perchè c'è una forte linea di pensiero, molto amplificata dai media, che ritiene plausibile che un singolo elemento negativo/critico ( es. casa disordinata, perdita del lavoro, conflitto di coppia, malattia della pelle) possa di per sè dar origine ad un allontanamento di un minore.
Rispetto ai numeri che lei ha riportato non sono precisi. In Italia gli allontanamenti sono circa 30.000, molti meno che negli altri Paesi europei. Il numero di minori allontanati in Francia è il 9 per mille,in Germania l’8 per mille,nel Regno Unito il 6 per mille, in Spagna il 4 per mille, in Italia il 3 per mille.
Sì può fare sempre di più e meglio, ma la situazione e le garanzie dei minori in Italia sono veramente molto diverse da come vengono percepite.

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: mar, 11 nov 2014 - 8:58 pm
da Mario
Gentile Nuvoletta,
mi permetto di inserirmi nel discorso per aggiungere la mia del tutto personale opinione.
Non è l'automatismo ad allarmare, perché non vedo genitori che parlino di una relazione automatica fra UN SINGOLO elemento negativo/critico e l'allontanamento.
Vedo piuttosto genitori che segnalano la estrema difficoltà di controvertere ciò che risulta essere stato relazionato in forma scritta, anche quando si tratti di considerazioni del tutto inesatte, non veritiere, o al limite dell'imbarazzo, quale è la considerazione riportata nel primo messaggio di questo post.
Il genitore, correttamente, non può che chiedersi in che mani sia finito il suo caso.
Con una metafora calcistica: se non è opportuno giudicare un giocatore da un calcio di rigore, è pur vero che vedendo quel calciatore colpire la palla con una racchetta da tennis, invece che col piede, qualche dubbio è ragionevole porselo.
Per quanto riguarda la linea di pensiero forte, amplificata dai media, a cui fa riferimento, vorrei evidenziare che se tale linea risulta forte è perché evidentemente ha dei punti di forza: risulta credibile, verosimilmente veritiera, priva di evidenti vizi logici e soprattutto accessibile.
Non si può dire lo stesso della linea ufficiale, tenuta dal binomio Servizi Sociali - Tribunale, in quanto essa è pressoché sempre inaccessibile, coperta dal segreto professionale, dalla privacy e da altre comprensibili e valide ragioni. Ma pur sempre inaccessibile.
Ritenere tale linea forte in quanto amplificata dai media sarebbe invece semplicistico, poiché sempre più spesso le testimonianze delle famiglie che descrivono situazioni di allontanamenti "facili" o incomprensibili, emergono anche tramite canali privati quali testimonianze dirette disponibili sulle varie piattaforme audiovisive messe a disposizione da Internet (una fra tutte, Youtube). Tali testimonianze, ricalcano fedelmente quelle portate in evidenza dalla stampa.

Ricorre lo schema per cui, da un singolo episodio se ne aggiungano altri, meno significativi o comunque collaterali, ma tali da disegnare il medesimo quadro: l'inadeguatezza genitoriale.
La legge ad esempio, vieta espressamente di adottare provvedimenti di allontanamento che siano motivati unicamente da difficoltà economiche della famiglia biologica. Tuttavia la fragilità economica è frequentissimamente presente nel quadro che descrive le famiglie oggetto di intervento e di allontanamento.
Verrebbe da chiedersi esplicitamente se il benessere economico sia indice o garanzia di buona genitorialità.
Oppure, dati alla mano, è possibile sostenere che vengono allontanati minori appartenenti a fasce di reddito diverse, magari lontanissime, in egual misura?
L'impressione che ne ho è che lo stato di fragilità economica sia un elemento che si accompagna agevolmente ad un timore di pregiudizio per il minore.
Ripeto, ad un timore. Non ad un pregiudizio.
Ma che il timore del giudicante possa condurre - direttamente o indirettamente poco rileva - ad un pregiudizio certo del minore (giacché l'allontanamento dal nucleo biologico è un pregiudizio certo, in sé, e una negazione di un diritto naturale del minore) è evidentemente una situazione illogica e certamente inaccettabile.

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: ven, 21 nov 2014 - 2:49 pm
da Nuvoletta
Gent. le Mario,
lei pone una serie di questioni che sono freguentemente argomento delle contestazioni al sistema dei servizi a tutela dei minori: l’accesso agli atti, i rapporto con i media, la relazione povertà/inadeguatezza genitoriale, la valutazione .

Rispetto al primo tema, se lei è lo stesso Mario che ha postato nel topic "Accesso alle relazioni sociali nel procedimento minorile", avrà avuto modo di leggere gli interventi dei colleghi. Tutti chiaramente affermano che l’accesso agli atti (ovvero alle relazioni) è non solo possibile, ma anche auspicabile in un corretto rapporto tra servizi e cittadini e la stessa autrice del topic chiedeva solamente se la richiesta deve essere scritta o orale. Pertanto se l’accesso viene negato questo avviene per i motivi previsti dalla legge (pochi e limitati) e allora nell’ipotetico (o reale) caso da lei citato la motivazione del diniego dovrebbe essere stata esplicitata e quindi conosciuta dell’utente che, se non è convinto della correttezza del diniego, può fare ricorso al Giudice di Pace. Proprio per avere chiara la motivazione del diniego conviene sempre presentare richiesta di accesso agli atti per iscritto.

Per quanto riguarda lo “spinoso” tema del rapporto con i media la questione contine proprio gli elementi che lei dice: le persone interessate (spesso i genitori dei minori) presentano delle “ vicende credibili, verosimilmente veritiere, priva di evidenti vizi logici e soprattutto accessibili” mentrele ragioni dei servizi e del tribunale sono coperte dal segreto professionale, dalla privacy e da altre comprensibili e valide ragioni ma pur sempre inaccessibili” e quindi, aggiungo io,la percezione degli ascoltatori è che se le prime ( quelle delle famiglie) sono logiche e vere, di conseguenze le seconde (quelle dei servizi e dei tribunali) non possono essere che false e illogiche. Anche il tentativo dei servizi di rispondere alle critiche non sortisce nessun effetto perché non spiega ciò che lo spettatore vuole: conoscere bene e fino in fondo le ragioni per cui nella singola situazione quel servizio o quel tribunale ha agito in un certo modo. Ma gli operatori coinvolti ovviamente non possono raccontare “a migliaia di telespettatori” notizie personalissime, difficili, alle volte gravemente pregiudizievoli che hanno riguardato un minore e gli operatori non coinvolti possono solo ipotizzare una risposta generica che, in quanto tale, non soddisfa mai l’uditorio anzi appare un “arrampicarsi sugli specchi” di chi non può argomentare perché vi è un evidente torto. Tutto questo è molto negativo perché diffonde una sostanziale sfiducia nei confronti dei servizi che dovrebbero essere vissuti come alleati per risolvere i problemi e non come delle controparti sempre “contro”, sempre pieni di pregiudizi, sempre scorretti, sempre inattendibili ecc. ecc.

Lei dice che “la fragilità economica è frequentissimamente presente nel quadro che descrive le famiglie oggetto di intervento e di allontanamento”. Non so cosa risponderle perché non sono a conoscenza di dati che confermino o meno quanto lei afferma, ho solo la mia esperienza diretta sui casi (non lavoro nei servizi minori, ma in un servizio sanitario che collabora nella tutela)e sui miei numeri questo non torna: nei tre quarti dei casi di allontanamento da me conosciuti non vi erano compresenti problemi di tipo economico. Però la mia esperienza non è statistica. Forse qualche collega è più informato di me su dati raccolti in tal senso?

Rispetto l’ultimo punto ovvero il rischio di ricercare, partendo da un singolo fatto o episodio negativo che potrebbe presupporre l’inadeguatezza della famiglia, solo elementi che vadano a confermare la l'ipotesi da cui si è partiti ovviamente questo è un tipico rischio del pensiero umano – vedere solo quello che ci si aspetta di vedere – e in quanto umano riguarda tutti: l’assistente sociale, il giudice, l’insegnante, il medico, il poliziotto, il geologo ecc.
Ogni professione è consapevole di questo rischio e mette in atto delle strategie per ridurre al minimo questa eventualità ( test clinici, criteri predefiniti, utilizzo di varie fonti informative, confronto tra tecnici, controlli incrociati ecc.). Nel procedimento minorile, come ho detto nel post precedente, si cerca di evitarlo anche attraverso l’utilizzo di “molti occhi” di professionalità diversa e con diversi ruoli ( giudici, giudici onorari, consulenti di parte e del tribunale, assistenti sociali, psicologi, medici, educatori, insegnanti, avvocati) e attraverso il racconto di tutti gli interessati (minori, genitori, famigliari ecc.). In ogni procedimento minimo una decina di persone esprimono il loro pensiero che verrà poi raccolto dal giudice e su cui baserà la sua decisione. In questo modo anche un singolo errore che possa entrare in una valutazione, se non “bloccato prima” durante il confronto tra operatori, ha un peso specifico relativo. Inoltre non è molto probabile che tutti, proprio tutti,si lascino trasportare nella ricerca selettiva degli elementi che confermino solamente l'inadeguatezza genitoriale. Esiste inoltre una differenza tra dati oggettivi e valutazioni, differenza di solito molto chiara per i giudici.
Tutto questo non significa che il procedimento è sempre perfetto ( non rientra nella realtà umana), ma che si cerca di fare il meglio possibile.

Re: Minore con pitiriasi rosea

Inviato: ven, 28 nov 2014 - 10:39 pm
da Mario
Gent.le Nuvoletta,
La ringrazio per il tempo che ha voluto dedicare nel rispondere al mio intervento ed in generale per il contributo apportato alla conversazione.

In merito al primo punto tema (sì, sono lo stesso Mario) ritengo di doverLa contraddire.
Non esiste, che io sappia, alcuna legge o norma che possa vietare a chi ha appena fornito una informazione, di verificarne la corretta trascrizione.
In qualsiasi interrogatorio eseguito o in qualsiasi deposizione raccolta dalla Polizia Giudiziaria, l'interrogato, o il deponente potrà (e dovrà) rileggere quanto appena dichiarato, e oltretutto sottoscriverlo.
Tale procedura è chiaramente volta ad assicurare che la trascrizione della deposizione sia coincidente con la versione oralmente enunciata. E' una prassi di garanzia e responsabilizzazione.
Ciò tuttavia non accade quando a svolgere funzione di PG siano i Servizi Sociali.
Non vi è per il deponente, tipicamente la famiglia, la possibilità di rileggere quanto raccolto e trascritto.
Non vi è la possibilità di sottoscriverlo, quale maggiore garanzia di veridicità di quanto scritto. Ricordiamoci che limitatamente a tale fase, l'operatore è solo mezzo di raccolta, e non certamente fonte. Il suo ruolo dovrebbe essere il più neutro ed obiettivo possibile.

L'individuazione precoce di un errore, magari di mera comprensione da parte dell'operatore (esempio "malattia contagiosa invece che "non contagiosa") è, o dovrebbe essere una buona prassi, che non trova ostacolo, lo ribadisco, in nessuna legge o norma.
Poter o dover ricorrere al GdP per poter visionare e verificare la corretta trascrizione di quanto appena dichiarato è, mi permetta, imbarazzante sotto diversi profili.

Ci si può allora chiedere come mai i Carabinieri consentano al deponente la rilettura delle deposizioni effettuate mentre i Servizi Sociali, che giustamente aspirano ad un maggiore grado di collaborazione e ad un clima di fiducia con il nucleo familiare oggetto di indagine, non lo consentano in modo altrettanto definito e sistematico.
L'unica risposta che ho saputo ad oggi individuare quale realistica è che ciò sia dovuto da un lato al ruolo ibrido svolto dai Servizi Sociali, che operano al contempo come strumento di indagine giudiziaria, con funzione quindi di raccolta di elementi, di fatti, e al contempo con funzione pre-valutativa, ossia aggiungendo agli elementi raccolti le proprie considerazioni.
Condivido con Lei che ai Giudici sia molto chiara la differenza fra elementi oggettivi e valutazioni.
Non ritengo tuttavia che tale sostanziale differenza sia sempre chiaramente ed immediatamente discernibile anche per i Giudici.
Soprattutto quando si tratti di esaminare una relazione in cui fatti e opinioni si intreccino, si compenetrino, e magari si stia operando in regime di considerevole carico lavorativo, e conseguente ristrettezza dei tempi, condizione questa che affligge un po' tutti i Tribunali e Giudici.
Ritengo che dovrebbe essere compito dell'operatore scindere nettamente i fatti raccolti dalle valutazioni personali. Che i primi debbano essere almeno inizialmente resi accessibili alla fonte, ed anche sottoscritti dalla stessa. Che sia i primi, che i secondi debbano poi essere forniti all'Autorità Giudiziaria in forma palesemente discernibile e distinta.
Ritengo infine che se ciò non accade, non sia per vincoli legali (che La invito ad indicami, se li ritenesse esistenti) ma per una sorta di prassi che si è instaurata, e che fa supporre all'operatore di stare operando correttamente, pur in assenza di controllo.
Auto giudicata "buona fede" insomma.
La stessa pavimentazione di cui sono lastricati i più impensabili percorsi della vita.