servizio sociale e cristianesimo

annaclara
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

Non posso che concordare con Daniela Olivo.

Per noi assistenti sociali cristiane non può esserci una scissione tra fede e servizio sociale. Per la fede l'aiuto non è un'attività esercitata per guadagnarsi il posto in paradiso o per scaricare il nostro senso di colpa.

L'aiuto per noi cristiane è un atto d'amore. La carità -dal latino caritas - non è obolo o elemosina, significa amore per l'altro.

L'incontro con l'altro è occasione di servizio a Cristo. Ogni volta che noi diamo da mangiare, diamo da bere, vestiamo un ignudo, visitiamo un carcerato, lo facciamo a gesù Cristo.

Aiutare come un freddo burocrate o come una portatrice d'amore è cosa ben diversa.

AC
maddalena80
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da maddalena80 »

Mi piace molto questa domanda: noi assistenti sociali, quando aiutiamo, siamo più tecnici o più cristiani? secondo me la domanda è sibillina: l'aspetto tecnico è contro l'aspetto di fede? aiutare una persona a stare meglio e' sia tecnico che cristiano.

Siccome sono disoccupata opero alla caritas della mia parrocchia. io che ho studiato vengo vista come l'esperta, mentre i volontari hanno esperienza. però ho tanto tanto da imparare da loro. per esempio la pazienza nell'ascolto degli anziani, ascoltare il loro dolore, le loro storie. anche gesù incontrava le persone e le amava, le aiutava, le guariva. spesso al centro ascolto le persone hanno solo bisogno di raccontarsi, di parlare, di essere aiutate a prendere delle decisioni. in parrocchia stiamo pensando di fare un asociazione per seguire gli anziani malati, ma non capiamo come finanziarci. il comune dice che e' daccordo, ma non puo' finanziarci.

Maddy80

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davide
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

Rimango spesso, non sempre per carità, negativamente impressionato dalla facilità con cui , chi ha fatto una scelta nel caso di molti interventi quella di dio, guardi con sospetto o con una forte spinta etichettante, chi invece la scelta non l'ha fatta e ha scelto appunto di stare nella non scelta...o di non volerla fare..volelondolo a tutti i costi “definire” secondo etichette puramente decise da chi “professa la verità “ ma che in realtà: quanto ci appartengono????
Devo sinceramente dire che ho partecipato a questo dibattito semplicemente per amore dello scambio ma non importa granchè definire se il servizio sociale e la religione siano conciliabili.. il motivo è che si "la domanda è sibilina" proprio perchè non c’è conflitto...e credo che nei percorsi individuali ci sia la risposta.
Ed è bello leggere la serenità di chi svolge questa professione con un suo approccio unico.

per quanto mi riguarda..per esempio a chi utilizza il termine di freddo burocrate..rispondo con un sorriso.. tenendo a mente che ognuno può essere esperto di umanità..e non facendomi turbare più di tanto.
ma sopratutto ognuno “individualmente” può scoprire conoscere e parlare ma sopratutto “ASCOLTARE” l’umano diverso da noi o dai nostri presunti percorsi.

E mi soprende che chi parla di “freddo burocrate” in realtà fatica a capire che il burocrate è proprio quello che deve a tutti i costi definire gli altri con un etichetta, proprio come fanno i tribunali, i giudici, gli esperti in diritto.. che praticano le sentenze..davanti a termini come “vita”,”umanità” “dio” e “aiuto”...o proprio come potrei aver fatto io in tante situazioni della vita.

Il vero ascolto però, non definisce..prende tempo...tempo e tempo...anche una vita se necessario..e cosi che si da spazio all’individualità di crescere..e allo spirito di conoscersi.. lavorando per l’umanità, accogliendo le evoluzioni e i percorsi.. anche se sono diversi da nostri..ecco perchè “i diritti umani e individuali” della professione-

Altro intervento che mi trova su una posizione lontana..
“Gesù ci insegna un amore incondizionato, ma che impartisce nel suo amore e nella sua misericordia anche disciplina e ammonimenti...”
Ecco è sul quel “disciplina e ammonimenti“ che non mi ci trovo..
Questa è una versione dell’etica che è cristiana, ma che io non mi stancherò di mettere in discussione nella mie riflessioni personali..
quello della religione cristiana è spesso un ammonimento contrario a quello individuale e pedagogico.
È un significato d’aiuto... un aiuto che ha sempre una connotazione MORALEGGIANTE, che serve a normalizzare e redimere. concependo l’individuo e agruppandolo con altri individui..
L’individuo invece è unico. fatto di peccato e di virtù e di bene e di male, di buoni e cattivi, proprio come il tao cinese insegna sono tutti nella stessa persona e diversi per tutti.

“il burocratico” però è proprio dentro noi stessi.. cosi come l'aiuto umano...e allora non c’è umanità..non si può amare il tuo prossimo, come se stesso” se non si riconosce il burocratico che c' dentro di noi o ci si distanzia dal burocratico.. o ne si ha paura..

Questo secondo me è umano. Esiste un individuo a volte cattivo e a volte buono. se l’uomo non ascolta la cattiveria ma cerca di definirla e giudicarla non comprende l’individuo negli aspetti di luce e ombra e viceversa non comprende sè stesso.

Questo perchè? perchè lo scontro con le forze del male di cui il messaggio dell’etica cristiana si fa portatore è paradossalmente lo strumento più sbagliato perchè allontana dall’indivuduo reale e crea un conflitto che non ha ragione di essere. la religione cristiana è contradditoria..come contradditorio è tutto.
L’etica di chi lavora con l’umanità è quella di armozzare le relazioni umane,e armonizzare l’individuo armonizzando se stessi..

non di farne un “noi” “voi”.. o un buono cattivo, o un ateo o cristiano o un burocrate o volontario.

altrimenti a parer mio si fa come la scuola. Sia quella di stato che quelle del catechismo.., macchine sociali che hanno la protesa all’uniformazione e all’omologazione del pensiero... e i risultati quali sono ??? sono sotto gli occhi di tutti.
invece quanto è ricca l’individualità della persona, buddista, cristiana, burocrate, scienziata, del volontario...
Il servizio sociale deve tendere all’autonomia..l’autonomia è diversità... così si aiuta l’anima E IL DIVINO CHE C'è IN NOI. Io credo che questo sia un buon percorso di umanità...

rileggendo questo intervento sembra di aver fatto una ramanzina proprio come quella che fanno i preti alle messe. non volevo, volevo solo condividere alcuni miei pensieri..ma vabbè...

concludo con una frase di un certo JUNG che diceva.. “le religioni sono sistemi di guarigioni per i mali della psiche, dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano (o chi cerca di esserlo con tanta voglia come me..) non ha bisogno di religioni”
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Visto che si parla di esperienze, dico la mia.

Mi viene in mente quando lavoravo in Germania. In quel Paese i servizi sociali sono delegati alle organizzazioni "non statali" (diciamo così) la prima delle quali è la Caritas, notoriamente cattolica. Poi c'era la c.d. Diakonie, che è espressione della chiesa luterana, la Arbeiterswohlfarts che è "di sinistra" (diciamo così) e, nelle grandi città altre organizzazioni di estrazione (diciamo così)spuria, dalla chiesa ebraica a quelle protestanti della diaspora.

Io ho vissuto quegli anni come collocato in un sistema in cui l'appartenenza determinava messaggi politici del servizio. Invece nella realtà - parlo della collaborazione tra colleghi di organizzazioni diverse - ho di fatto trovato tanta sintonia.

Insomma, non è che tra un assistente sociale cattolico, uno protestante ed uno "di sinistra" ci fosse tanta differenza. Il motivo era semplice: siamo professionisti e non possiano non porci in un modo preciso, con un set competenziale univoco. Questo era un diktat trasversale.

Venendo in Italia mi sono illuso del fatto che, siccome i colleghi erano pubblici, ci si comportava secondo le stesse regole. Purtroppo ho dovuto constatare come il fatto stesso di essere "pubblico", quindi "neutrale", ma anche "allineato politicamente" (perchè appartieni ad una Amministrazione in cui il welfare E' strumento di consenso politico) crea non poche difficoltà a chi invece agisce per etica.

Siccome non siamo un bancomat ma lavoriamo sulle relazioni, ne consegue che tanto "senso del lavoro" passa per la nostra persona.

Ora, c'è chi l'etica non sa neanche cosa sia (anche se conosce a memoria il codice deontologico per l'esame di styato, subito poi "resettato"), chi invece nel tempo va a mediare se stesso sul lavoro (in senso etico, intendo).

Chi è cristiano non può non fare quest'operazione. E' una questione di coerenza: qualsiasi etica richiede una morale, quindi non si può restare scissi tra il credo e ciò che si fa.

Faccio un esempio: immaginate le pressioni in un Comune di un assessore per concedere soldi a certi clienti. Si tratta di saper sciogliere un dilemma: quieto vivere (e chi se ne frega dell'etica) o applicare criteri di giustizia (anche contro i poteri da cui si dipende)? Nel secondo caso il cristiano non può fare come lo struzzo, DEVE prendere posizione, spesso PAGA direttamente (dalla denigrazione al mobbing).

La questione dell'etica cristiana applicata al lavoro non è un' "etichetta". Essere cristiani significa "agire da cristiani" secondo criteri di giustizia, di trasparenza, di appropriatezza, di equilibrio, di accettazione e dialogo, ma anche di responsabilizzazione delle persone quando si dice "no"!

Se essere cristiani significa porsi responsabilmente sul lavoro, occorre capire fino a che punto si è capaci (o viene semplicemente permesso) di mediare se stessi con l'organizzazione. Se, per esempio, confrontiamo tra di loro una Amministrazione statale ed un centro di accoglienza della chiesa, dobbiamo accettare che queste abbiano mission ben diverse, quindi per funzionare richiedono "soggetti" ben diversi.

La "miglior combinazione" è sempre quella tra organizzazione e soggetto secondo lo stesso orientamento. Trovo quindi naturalissimo che i colleghi cristiani si trovino meglio nelle organizzazioni cristiane.

In Italia noi dovremmo avere il coraggio di lasciare questo vestito di "neutralità" (che è apparente, come detto) e fare scelte di campo, anche politiche, perchè no? Per chi è cristiano la strada è spianata, ma occorre decidere di "scegliere" di andare verso certe organizzazioni e non aspettare di "essere scelti" da Amministrazioni apparentemente neutrali (chi fa i concorsi lo sa).

Insomma, essere assistenti sociali e cristiani è un bel problema, perchè LA FEDE CI SPINGE A FARE DELLE SCELTE PRECISE. Chi invece non crede (o fa finta di credere) il problema non se lo pone, quindi si "adatta".
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da maddalena80 »

E' una bella testimonianza, dottor albano. io non ho mai lavorato nel settore pubblico, xò è anche lì che siamo kiamate ad essere coerenti con noi stesse.

E' vero, nella mia esperienza, ancora piccole, mi capisco più con i volontari caritas che con la collega del comune. è una burocrate che ci manda le persone per i pacchi viveri senza mai dare una risposta e pure arrogandosi nei ns. confronti.

il rischio, per chi è in qst organizzazioni cattoliche, è che perde la propria identità prof.le. le aass sono considerate come burocrate.

mi piacerebbe fare l'as alla caritas, ma lo farei come professionista e cristiana, non come burocrate.

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

da noi a Milano la caritas ambrosiana assume assistenti sociali.

Ci sono volontari, ma anche servizi con personale.

AC
maddalena80
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da maddalena80 »

Ma come si fa a lavorare alla caritas? Io mando sempre i curriculum ,ma non mi rispondono. Inoltre sui siti internet sembra che usino solo volontari.

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Cara Maddalena,

un canale che consiglierei è quello "diretto".

Mi spiego meglio. Siccome si tratta di proporsi su posizioni normalmente "non riservate", è importante segnalarsi per le competenze che si hanno. Inoltre, anche l'appartenenza è importante.

Se c'è una caratteristica che differenzia il noprofit dal settore pubblico è proprio l'appartenenza etica. Insomma, lavorare in Caritas non vuol dire "essere dipendente dalla Caritas", ma "essere caritas".

Quindi essere cattolici, già impegnati nella chiesa è già un buon biglietto da visita.

Consiglio sempre a voi giovani di non perdere tempo a spedire curricula, ma di chiedere - per esempio - un colloquio di conoscenza con chi è dirigente. E' su come ci si presenta e sulla disponibilità a proporre idee e servizi (ciò ci facilita rispetto ad altri) che si viene scelti.

Saluti.
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

L'altro giorno alla messa si leggevano gli Atti degli Apostoli. Nella prima comunità cristiana, dove mettevano in comune tutti i loro beni, il lavoro di aiuto era tanto. Gli apostoli delegano l'aiuto a persone fidare, i diaconi.

A me piace pensare che noi aass siamo diaconi, vale a dire persone fidate, che aiutano per fede.

A.C.
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da elisabettabetta »

In questo periodo di povertà e di isolamento sociale vedo persone molto depresse. Quelle che manifestano più positività sono le persone che fanno trasparire la loro fede. Utenti che in questi giorni mi augurano buona pasqua e mi dicono che nonostante tutto sono felici di vivere. Io si sento colpita da questi atteggiamenti cristiani.
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Io partirei da una semplice domanda: ma le persone che si presentano da noi cosa cercano? Soldi, servizi materiali, protezione, alleanza nei conflitti? E’ così, lo so, ma è triste vendersi solo come un bancomat di prestazioni.

Io non mi stanco mai di ripetere che il “prodotto del servizio sociale” non sono le prestazioni, ma il “sostegno ai progetti di vita”. Ognuno ha un progetto di vita, anche chi, in povertà estrema, ha rinunciato alla vita e si lascia andare alla sregolatezza. Le prestazioni, semmai, servono a sostenere i progetti di vita.

Come fare? Prima di tutto ascoltando. L’ascolto non è solo “acustico”, è emozionale, è il frutto dell’incontro tra due esseri alla ricerca di un “senso” nella vita. Se per me l’altro è un “utente” (pure rompiballe) o un “fratello” (seppur rompiballe) sul piano formale è la stessa cosa, sul piano etico lo è meno, sul piano cristiano per nulla.

Dell’ascolto si parla tanto nella Bibbia: l’ascolto di Dio, l’ascolto dei fratelli, l’ascolto della storia. Cos’è la meditazione, la preghiera, se non “ascolto”?

Io credo che, come cristiani o come assistenti sociali, noi ascoltiamo “veramente” se siamo “vuoti”, cioè se abbiamo fame dell’altro, passione per lui, interesse per chi ci sta di fronte. Il bello è che l’altro, anche se analfabeta ed asociale, lo capisce, eccome.

Io credo che questa passione non è “razionalità”, è invece interesse, emozione, amore. Non basta “voler aiutare secondo un codice comportamentale/deontologico”, bisogna stabilire se, facendolo, “mi piace farlo”, ovvero soddisfo un MIO bisogno etico. Se non ce li ho, questo è un problema: a mio avviso è meglio cambiar mestiere.

Nell’aiuto l’aspetto etico non è un “accessorio” della tecnica, è una competenza vera e propria, perché con essa si conduce l’ascolto verso gli orizzonti di senso importanti assieme a chi ci sta davanti.

Anche l’ottica con cui inquadrare l’attuale crisi economica è interessante: una cosa è avere una visione negativa, altra cosa viversi in una visione di speranza.

Speranza che non è fatuità, ma costruzione di “soluzioni possibili”. Per chi è cristiano dovrebb’essere scontato. Per chi non crede immagino la tragedia!

Saluti.
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Nuvoletta »

Gentile Ugo, da quello che scrivi appare evidente ti senta cristiano e hai quindi l'esperienza del cristiano.L'esperienza di non essere cristiano o non essere credente però non è una tragedia come immagini, "credimi".
La speranza, l'etica,l'interesse per l'altro non sono esperienze esclusive dei credenti e non è scontato che il credente automaticamente le possegga e l'ateo no, ma sicuramente anche tu questo lo sai.....
Penso che quasi tutti gli assistenti sociali scelgano la professione per motivazione etiche, per il "piacere di essere utili agli altri"(comunque non certo per motivazioni economiche, di prestigio o di potere), che essi siano cristiani o no. Nel tempo alcuni le "perdono per strada" prevalentemente per una loro maggiore o minore "tenuta emotiva" rispetto la fatica e la difficoltà del lavoro.Conosco la posizioni rispetto la fede di molti colleghi e non ho nessun particolare riscontro che i cristiani abbiano una tenuta maggiore o minore dei non cristiani rispetto questa fatica, nè che gli atei divengano burocrati prima o in maggior numero ( ma qui forse la percezione dell'occhio che osserva rileva sensazioni diverse, considerato che statistiche a riguardo non ne conosco).
Nel servizio ASL dove lavoro (15 operatori di varie professioni) i cristiani sono 3 , tutti gli altri sono atei, o agnostici o aderenti a vari "pensieri new age" o "disinteressati", lavoriamo tutti da molti anni e nonostante tutto non vedo buracrati attorno, ma forse questa è solo fortuna!
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Concordo, la questione non è assolutamente preminente sul cristianesimo, ma centrale è l'etica di riferimento.

Questa però va dichiarata. L'attutale etica laica in voga nei servizi spesso è però solo apparente, ed è normale che sia così, visto che le organizzazioni non ne fanno un elemento fondante.

Ve bene che ognuno ha la sua etica, è però necessario che persone che lavorano assieme la esprimano.

Faccio un esempio, così ci capiamo. Se lavoriamo con gli anziani, al di là del "fare" (salute, soldi, centri diurni, valutazioni, ecc,...) è importante capire che approccio etico sviluppare. Se per me cristiano è importante ascoltare la storia di vita mentre gli compilo un modulo e per un altro di religione x basta erogare le prestazioni perchè "il resto sono chiacchiere di un anziano demente", capisci che non è la stessa cosa. Sul piano delle prestazioni (cosa) ci siamo, su quello etico (come) assai meno.

Fermo restando che ognuno ha la propria etica, è però importante che ognuno comunichi la propria e trovi con gli altri una "base comune".

Scusate, ma quando lavoriamo con i musulmani, per esempio, il problema etico ce lo poniano? In quel senso, conosciamo il loro impianto valoriale, come in questo viene declinato l'aiuto, come pure occorre accompagnare queste persone nell'accettare che noi abbiamo un altro sistema di valori (se va bene, la mia impressione è invece che c'è un piattume etico in Italia..,...)?

Io poi, in quanto cattolico, mi sento appunto "universale". Se ognuno crede a modo suo in Dio, è però importante che troviamo dei "punti di contatto": il rispetto del debole, l'ascolto, la tolleranza, il valore del lavoro, l'emancipazione da una tradizione "negativa", ecc.

Io trovo davvero tanta energia nel pormi "cristianamente" (cioè "a servizio") con le persone.

Sarebbe bello vedere come vi ponete. Non il servizio o l'equipe. IO, se credo, e a cosa credo, come mi pongo nell'aiuto sul piano della mia etica?
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Nuvoletta »

Quando frequentavo la scuola di servizio sociale sinceramente non capivo perchè dovevamo studiare una materia come "valori e principi" del servizio sociale. Nessun' altra professione studiava una materia simile: studiavano le teorie, magari imparavano i protocolli, ma non "valori e principi".
Questi valori e principi dovevamo conoscerli come un "mantra",dimenticarne uno era come compiere un "peccato",non condividerli era come "porsi fuori dalla comunità professionale".
Ora capisco il significato di quei "valori e principi" e comprendo anche la funzione del codice deontologico.Hai ragione Ugo non si può lavorare senza espicitare i nostri valori etici e non si può condividere se non si conoscono quelli dell'altro. Ma non abbiamo bisogno di esplicitare alcunchè di personale, perchè scegliendo questa professione noi (cristiani, atei, islamici, agnostici...) abbiamo di fatto aderito a dei "valori e principi" chiari, esplici ed universali e ci siamo impegnati a seguire delle regole (codice deontologico) di cui accettiamo le conseguenze.Questa adesione non è condizionata, declinabile, determinata dal credo personale di ciascuno, ma è comune, certa e non modificabile se non con il consenso comune.Quindi lo sappiamo tutti, cristiani o laici, che erogare "una prestazione e basta e non ascoltare l'anziano perchè è demente" non è etico per la nostra professione, non c'è bisogno di confrontare le nostre tendenze religiose o non religiose.Se qualcuno non se la sente o non se la sente più di seguire i principi e le regole della professione (perchè non ci crede più è contrario alla sua fede od altro) è giusto, come dici tu, che smetta di svolgere questa professione che egli sia cristiano. laico, ateo o altro.
Ovviamente tutto questo "è un principio" la realtà non è mai così netta perchè, in quanto esseri umani non perfetti anche se perfettibili, nessuno può aver sempre e completamente aderito ad ogni valore professionale e ad ogni singolo articolo del codice. Ma il "buon" assistente sociale si impegna ogni giorno per migliorare il suo operato e avvicinarsi il più possibile a questi "valori universali": qualcuno ci riesce, qualcuno stenta, qualcuno cede.
Lavorare con un mussulmano non è poi , sotto certi aspetti molto diverso che lavorare con un cristiano: tutti e due sono certi che i loro valori sono giusti perchè dati da Dio. La differenza è che i valori cristiani sono culturalmente conosciuti e tendenzialmente condivisi e anche sottesi al nostro ordinamento, quelli islamici sono meno conosciuti, anche per un ateo,alcuni non compresi nel nostro ordinamento e quindi il lavoro può essere un po' più complesso.
A proposito della tua domanda finale: io condivido i valori e i principi della nostra professione (anche se solo qualche volta riesco ad essere "una buona assistente sociale")al di là di quello che credo stia o non stia in cielo o in terra e nessuno di questi principi è, al momento, contrario alla mia spiritualità.
P.S. Le persone non credono ognuno a modo loro in Dio, alcune non credono in Dio, ma non bisogna averne paura.
Buon week end
davide
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

l'intervento di Ugo sull'ascolto sulla preghiera,sulla meditazione è davvero importante. è il fondamento su cui sviluppare tutte le professioni d'aiuto.

bisognerebbe a parer mio fare attenzione ad un passaggio. che poi è sempre quello. e cioè quando si fa entrare in campo la parola ETICA.
l'ingresso di questa parola associata con quella che viene chiamata "religione" manda l'universalismo ad un piano di appartenenza e modalità di esperire il principio universale.

è un passaggio spiegato bene anche in molti libri dal filosofo prof. umberto galimberti ma anche da molte tradizioni spirituali.
nella sua analisi tra psiche e anima, tra l'anima inventata da platone e l'anima che è poi diventata argomento concettuale di salvezza nell'ottica cristiana. fino ai giorni nostri.
le contraddizioni della psicologia occidentale come studio scientifico dell'anima. e l'ingresso delle tradizioni spirituali orientali.


il problema è sempre lì.
finche intendiamo e pensiamo che le religioni o la scienza o tutte le etichette che noi essere umani diamo, laici compresi, possano essere portavoce di principi universali, di versioni concettuali della parola divina, cadiamo nella separatezza.
cadiamo nell' io-tu, noi-loro, nord-sud, cristiani-musulmani, laico-religioso, scienza, fede.


il divino, la coscienza superiore, può essere afferrata solo con l'ascolto senza concetto.
l'ascolto senza pensiero. quando subentra il pensiero che tenta di definire il concetto, subentra la psiche quindi subentra la credenza, il giudizio, ad un qualcosa di esterno, quindi subentra una divisione:
ci dividiamo da quell'uno a cui tutti apparteniamo.

finchè interpretiamo gesu cristo come una figura esterna al nostro divino cadiamo nella trappola delle religioni e ci allontaniamo dalla nostra spiritualità, dalla spiritualità che è in tutte le cose.

da questa posizione non cogliamo che anche l'altro è Dio e che siamo tutti Dio perchè portiamo la comprensione del divino ad un piano mentale, proprio come vogliono le religioni e non ad un piano spirituale.

la spiritualità la fede esistono prima che subentri una chiaccherata sulla fede. la fede arriva prima di parlare di credere in qualcosa. la fede è uno stato di coscienza.

la meditazione per esempio insegna questo. l'ascolto e la percezione del respiro (della vita) cioè della manifestazione divina che si rende materiale. percezione e ascolto senza commento, senza pensiero.

questa dovrebbe essere la direzione a cui tutti dovremmo tendere. l'etica arriva dopo, con la comprensione psichica, ed è la famosa divisione tra psiche e anima. ma questo è già un passaggio successivo.
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