servizio sociale e cristianesimo

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chiara79
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da chiara79 »

annaclara ha scritto:Nella formazione sono stata formata ad un aiuto “neutro”. Le persone sono giustamente tutte uguali, ma io so che anche l’aiuto cristiano tratta tutti da uguali. Non comprendo Chiara79: non è che il mio essere cattolica mi fa escludere qualcuno, anzi è un motivo per accoglierli meglio. Forse i cristiani hanno questo pregiudizio, cioè che “aiutano solo i cristiani”. Ciò non è vero per nulla.
Se leggi bene i miei post, non ho mai scritto questo. Io ho solo detto che non capisco il bisogno di esplicitare per forza il proprio credo nel luogo di lavoro (cristianesimo, islamismo, ebraismo, induismo che sia!). Io non mi considero mica superiore agli altri colleghi, per carità. Dico solo che quando siamo sul lavoro siamo tutti AS, ognuno con il suo mandato personale che deve fare però i conti con gli altri mandati (sociale, professionale, istituzionale). Io come AS non esprimerei mai le mie idee politiche e religiose con le persone che aiuto e se mi dovessi immaginare al posto di un utente mi sentirei a disagio se mi sentissi dire frasi come quelle che ho letto qui ("Per me aiutare le persone significa vivere la fede, che è amore di Dio ed amore verso i fratelli" o "Aiutare l’altro è aiutare Cristo"). Se fossi un utente desidererei essere aiutata in primis in quanto essere umano che soffre e ha delle problematiche. Chi se ne frega se chi mi aiuta lo fa per le motivazioni più svariate purché si comporti come un bravo professionista.
Quindi se l'avere una fede può aiutare il mandato personale di un AS, tanto meglio, vorrà dire che sarà una motivazione in più a svolgere meglio il proprio lavoro. Dico solo che deve restare qualcosa di intimo che non deve emergere negli atteggiamenti e comportamenti del professionista, soprattutto se lavora nei servizi pubblici, che devono essere come hai giustamente scritto "neutri" e basati sui principi e valori del servizio sociale, non su quelli religiosi.
annaclara
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

Non sono pienamente daccordo.

Non è che il cristianesimo è un aspetto "intimo" e che quindi non deve trasparire all'esterno.

Per me cristiana è importante comportarmi come tale.

Si tratta semplicemente di vedere l'utente come un fratello da aiutare, cristo stesso.

AC
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Nella storia del servizio sociale c’è il cristianesimo: le prime forme di assistenza hanno visto proprio le chiese cristiane in prima linea. Dalle charities inglesi agli ospedali/lazzaretti italiani, erano le chiese a “dare una mano ai poveri”. Ciò chiaramente fine a fine 800.

L’idea di uno “stato sociale laico” è assai recente. I welfare pubblici sono forti specialmente nel mondo anglosassone, mentre quelli “misti” li si trova più facilmente nei Paesi cattolici.

E l’Italia? Fino al dopoguerra la formazione degli assistenti sociali è stata gestita da enti privati, spesso cattolici. E’ solo nell’80 che la formazione è passata all’università. Sul piano del welfare, inoltre, si è aspettato il 2000 per una Legge-quadro poi resa inefficace un anno dopo, per Legge Costituzionale. Ciò per dire che al declamato “diritto” non ha fatto seguito alcunché. Oggi il “pubblico” è spesso solo “sportello” o “erogazione”, la gestione vera e propria è sovente in mano privata, convenzionata col pubblico. Spesso è un privato cooperativistico, ma c’è molta presenza di enti religiosi.

L’assistente sociale in tutto ciò? E’ rimasto nella burocrazia pubblica, nel privato siamo assenti, nonostante la legge-quadro: nella caritas o enti religiosi o cooperative cattoliche non c'è l'assistente sociale. Questo è un problema tutto italiano: questa formazione "neutrale" ci ha fregato!

Il tutto col non trascurabile problema che, se l’ambito religioso definisce una mission di carità , quello pubblico non si definisce, se non dietro l’aleatorietà del politico di turno (regionale). Molto malessere di chi lavora risiede lì.

L’assistente sociale lavora nell’aiuto facendo riferimento ad un’etica. Il codice deontologico ne è una limitata e parziale espressione. Ne consegue che si attinge spesso al livello etico personale per dimensionarsi nell’aiuto. E' questo un limite o una risorsa?

A me fa molto paura, lo dico apertamente, una professione definita prevalentemente sul piano tecnico senza un’etica: ogni professione ne dibatte, la nostra un po’ meno (vedi, per esempio, la bioetica del fine-vita).

Io penso infatti che sia necessario un ritorno della formazione all’etica. In fin dei conti, a quale immagine di uomo lavoriamo? La metodologia non lo dice, l’etica ci prova, ma quel che è certo è che il cristianesimo lo dice chiaramente.

Si potrebbe, secondo voi, ipotizzare una formazione su queste dimensioni? Perchè non si insegna etica sociale?

Che ne pensate?
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Ros5 »

ugo.albano dici che ti fa molto paura una professione definita prevalentemente sul piano tecnico senza un’etica... ma pensi che il servizio sociale debba seguire un'etica sociale.... o propriamente l'etica cristiana???
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Io ho parlato di etica, ovvero di "percorsi di aiuto" sviluppati in direzione di una concezione dell'uomo condivisa o, almeno, dichiarata.

Che sia cristiana o altro, ciò dipende dai contesti.

Se io mi trovassi in un paese arabo, per fare un esempio, non mi meraviglierei se l'aiuto prestato si rifacesse anche all'etica islamica.

Ma parliamo dell'Italia. Invito però a discuterne non in astratto, ma proprio concretamente.......
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Nazg
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Nazg »

ho lasciato scorrere questa discussione prima di dire la mia, non tanto per leggere cosa dicono gli altri e appropriarmi di idee, ma per pensarci sù e dire qualcosa che sia in fondo una cosa che sento mia.

Per i cristiani assistenza e beneficenza hanno origini comuni: la carità è la conseguenza della fede, l'opera concreta di sostegno ai poveri (vi ricordate che nel Vangelo nasce il diaconato proprio per aiutare i bisognosi, tra cui orfani e vedove?) è manifestazione del desiderio interiore di conformarsi a ciò che Gesù ha detto "amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi".

Eppure questa spinta di fede non diventa sempre e solo scelta della professione di assistente sociale, la carità (non intesa come elemosina!) dovrebbe altresì essere di tutta la comunità ecclesiale.

Rispetto all'assistente sociale, cosa può dare in più (o di diverso) alla professione un collega credente?
Secondo me il dono principale che può trasmettere nel suo modo di fare e lavorare con le persone è la speranza: il cristiano crede nel cambiamento, nel perdono, nella conversione, nella possibilità che ciascuno possa decidere di vivere in modo più dignitoso.
La speranza della vita eterna diventa speranza anche in questa vita.
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da habibi »

che bello quanto scritto da Nazg.. lo condivido pienamente!! :D
davide
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

Salve scusate se vado un pò sul teorico ma rilleggendo gli ultimi commenti mi sono venute in mente aclune cose. credo che ci sia un pò di confusione, e si stia forzando un pò la mano, tra solidarietà , aiuto ai bisognosi e servizio sociale professionale.
Il servizio sociale è detto servizio sociale professionale. L’assistente sociale è una professione questo insomma si sa. ha ben poco a che vedere con il lavoro sociale interpretato in un’ottica che fa appello alla buona volontà speranzosa o caritatevole. Mi sfugge in questo senso il ruolo dell’università , se prevale ancora oggi un’idea tradizionale di assistenza come carità.. è solo in italia questa cosa.
Cosa si intende per formazione “neutrale?”non capisco.
La caritas e gli istitui religiosi vanno avanti con i “volontari” che sono risorse fondamentali ma non sono “professionisti del sociale.” Credo che noi sappiamo che siamo dei professionisti all’interno di un sistema chiamato welfare.. O fingiamo di dimenticarcene?lo studio del welfare è un fenomeno immenso, complesso, ideologicamente economicamente e politicamente ben strutturato. Io da studente maturo ne sto avendo un assaggio..
Non è la vocazione all’aiuto il nostro fondamento ma aiutare il prossimo grazie allo studio della comprensione dei fenomeni sociali con l’utilizzo delle scienze economiche umane e socio-antropologiche. Chi non utilizza teorie e approcci scientifici non svolge la professione. Io penso che forse bisogna ribadire l’importanza della formazione le cose sono molto più difficili di come sembrano.
Ecco il primo punto dell’etica della professione.

RESPONSABILITA’ verso la professione.

C’è una descrizione scorretta rispetto alle origini del servizio sociale. scusate ma ci tengo a fare alcune puntializzazioni. il “servizio sociale”, non l’aiuto ai poveri crisitiani.. nasce nei paesi anglosassoni alla fine dell’800. Il servizio sociale è la prima forma di “professionalizzazione” della solidarietà. Non è solidarietà cristiana che è una forma “valoriale” di aiuto. La professionalità certo si ispira ai valori ma si fa con metodi e tecniche e capacità artistico-creative e relazionali e spirituali ma non religiose. Alle orgini del servizio sociale non c’è affatto il crisitianesimo. Assolutamente.

La professionalizzazione dell’aiuto ha origine con il processo di industrializzazione e urbanizzazione all’interno di una nascente società capitalista che crea disuguaglianze sociali. Di questo fornisce dati e letteratura nei suoi lavori in Italia la professoressa Silvia Fargion. Questo processo di professionalizzazione avviene perchè per la prima volta culturalmente il servizio sociale propone l’aiuto e lo studio di determinate problematiche con l’elaborazione di risposte scientifiche e sociali ai problemi della comunità. Le prime forme di aiuto sociale professionale sono le COS, charity organisation societies..con la figura del “friendly visitor” e le successive forme di aiuto sotto forma di insediemento nella aree urbane povere, con azione emancipatoria.

In italia a differenza di quello che si è sostenuto è su stimolo delle organizzazioni internazionali e per reazione al ventennio fascista, dove li si c’era l’aiuto ai poveri per normalizzare e controllare la povertà, con la collaborazione della chiesa cattolica. E’ nel periodo di democratizzazione del paese che nascono le prime forme di aiuto “ professionale”. la prima scuola per assistenti sociali in italia è finanziata dalla confederazione dagli industriali!! le istituzioni cristiane e religiose c'entrano ben poco.

Detto ciò, certo, fin dall’inizio i valori del servizio sociale italiano si ispirano al credo religioso ma soprautto ai valori della nascente democrazia italiana..

Non dobbiamo, come per i cristiani donare “gratuitamente”, cioè applicare una forma di natura gratuita del dono. noi (e questa è tra l’altro un ottica “protestante”) compiamo un attivita "razionale" che è diretta verso il raggiungimento di precisi obbiettivi--- stabiliti contrattualmente da parte del DESTINATARIO DELL’INTERVENTO, centro dell’azione---
Parliamo di quell’empowerment che inizio a creare professor Paulo Freire nella sua pedagogia degli oppressi. Cioè dare autonomia e coscienza all’emarginato, che fin dall’inizio deve essere messo nella condizione di creare lui stesso l’aiuto e la società civile che desidera in pieno potere democratico.

siamo facilitatori di società civile e quindi di salute--- indipendentemente dall'organizzazione in cui lavoriamo.

quindi il nostro lavoro si concretizza nell obiettivo dell autodeterminazione nell’impegno e nella responsabilità di una società più equa.
Siamo corresponsabili strettamente interrelati con l’emarginato e con loro che bisogna lavorare per il cambiamento, non con la speranza in un regno o futuro migliore o beato.

Poi secondo me , l’aiuto del servizio sociale non deve dare speranza.. deve dare gli strumenti per costruire il cambiamento qui e e ora.

Deve essere strumento flessibile "culturale e scientifico relazionale" di emancipazione sociale e risoluzione di problemi sociali e umani.
Cambiamento orizzontale nel qui e ora con il potere della cultura, non cambiamento verticale, con le istituzioni gerarchiche cristiane o con approcci e valori che fanno una differenza tra uomo e donna in termini di ruolo, che hanno un prescritto modello di famiglia, o con migliaia di contraddizioni che invadono le istituzioni religiose in termini di sistema economico, potere e giustizia sociale.

Per che uomo lavoriamo??
L’autonomia di chi si rivolge al servizio sociale è quello per cui dobbiamo lavorare.
L’autonomia dell’uomo. L’uomo per cui dobbiamo lavorare è un uomo che diventa autonomo.

Le religioni questo aspetto lo ostacolono, lo attaccano da quelle musulmane a quelle cristiane. Le insinuazioni pericolose su gay, l’aborto, i feti che devono nascere per forza secondo natura, la bioetica cristiana, la famiglia cristiana, sono tentativi di controllo che non rendono l’uomo autonomo e libero e lo bloccano nel suo sviluppo di emancipazione e adattamento alla natura.

La religione cristiana e tutte le religioni comprese quelle dei paesi arabi, traggono indebiti principi morali dalla sua versione di uomo,creando ostacoli ideologici, psicologici all’individuo, stabilendo un tipo di individuo. E... io sono il primo che medita sulle opere e le riflessioni di grandi uomini come Gesu Cristo.
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ugo.albano
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da ugo.albano »

Caro Davide,

per essere uno studente vedo che sei abbastanza preparato. Complimenti.

Sulle analisi storiche ognuno ha letto i suoi libri. Le analisi si rifanno però pure all'osservazione delle realtà così come esse sono. Ci sono particolarità europee, ma pure italiane. Nel mondo anglosassone il welfare è maturo, da noi è ancora una "cosa" che non si capisce ancora: te lo dice Ugo Albano! Lo stesso welfare privato in ambito religioso oltr'alpe è professionale, è solo da noi tendenzialmente volontaristico e - a ben vederci - "occupato" da altre professioni. Insomma, sulle analisi ci perdiamo e non ne usciamo.

Voglio solo richiamare l'attenzione su una confusione tipicamente atea: cristianesimo=cattolicesimo=religione=bigottismo=vaticano=carità.

Il cristianesimo non è la "nostra impressione". Se così fosse sarebbe un guaio: come dire "siccome io non conosco l'islam e vedo quel che fanno i kamikaze alla Bin Laden, tutti i musulmani sono terroristi".

Il cristianesimo è un fenomeno complesso, che però HA degli elementi fondanti. Il concetto di "uomo che si libera e si autodefinisce", secondo Paulo Freire, è lo stesso concetto in capo alle pratiche di aiuto nel cristianesimo: nella famosa "teologia della liberazione" (Freire era brasiliano, in America Latina si è dato impulso a questa) si ragiona attorno all'uomo che, liberato dall'oppressione, si realizza.

Un uomo libero dalla schiavitù, dal bisogno, dalla fame, un uomo attivo, partecipante, aperto ed accogliente, attore della sua storia e facilitatore delle storie altrui è il modello di uomo, sia per il cristianesimo, sia per il servizio sociale.

Io partirei da questo. Mi sembra un punto fondante per il dibattito...
Ugo Albano

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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da zen »

non sono un assistente sociale, ma collaboro con un'associazione di volontariato. Qualcuno ha parlato di volontariato solo come cristiano o non professionale. Non è così. Un assistente sociale o uno psicologo che collabora con un'associaione di volontariato, non perde la sua professionalità, e come volontariato abbiamo bisogno di persone con questi profili.
Ero diacono permanente, ora non lo sono più. Secondo me un cristiano ama l'altro per amore di Cristo, un ateo ama l'altro come altro. Lévinas parla di questa responsabilità verso l'altro. Per il cristiano c'è il rischio di strumentalizzare l'altro, media il rapporto attraverso Cristo. Cristio invece non mediava niente. Si poneva inerme davanti all'altro e questo guariva, faceva crollare le difese. Simone Weil (che non era cattolica e non era battezzata) dice: "espressioni, quali amare il prossimo in Dio o per amore di Dio, sono equivoche e ingannevoli" ... "nell'amore vero non siamo noi ad amare gli sventurati, è Dio in noi che li ama" ... "chi tratta da uguali coloro che il rapporto di forze pone su un piano inferiore, fa loro veramente dono di quella qualità di esseri umani di cui la sorte li aveva privati".
Quindi, di fatto, per i credenti le cose sono più complicate, perché l'amore, ma così anche la giustizia, non hanno bisogno di alcuna etichetta per essere veri. Il cristianesimo non garantisce un amore più disinteressato, anzi. Non parliamo poi quando (non più ora per fortuna) si diceva di amare per avere una ricompensa!
zen
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da zen »

sempre riguardo il servizio sociale e il cristianesimo, io porrei la questione così:
ci possono essere due atteggiamenti di fronte alla vita:
chi dice: la vita è mia, ne faccio quello che mi sembra giusto
altri dicono (ed è un atteggiamento che sfiora la religiosità): la vita non mi appartiene completamente, l'ho ricevuta e quindi ho un debito di restituzione (che sia verso Dio o l'umanità, cambia poco).
Per i primi quindi ci può essere un atteggiamento di benevolenza o di compassione, ma per i secondi questo è un imperativo etico: ho ricevuto, quindi, oltre ad essere riconoscente verso la vita, anch'io dò gratuitamente.
Di fatto le cose non vanno di pari passo con la religione, perché uno può andare in chiesa, ma vivere come se la vita fosse sua o viceversa. :roll:
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da davide »

Dunque pensavo e spero ci siano altre opinioni, non vorrei aprire un botta e risposta. Dunque, grazie.volevo solo dire che io sono studente Dott. Albano, da più di dieci anni , solo che cerco di lavorare e non di studiare solamente.
rimanendo nel dibattito, i miei interventi non si riferiscono al cristianesimo cercando di approffondirne l’essenza ma all’etica del cristianesimo nel servizio sociale. potrei rispondere al dott. Albano e contestare la validità del suo assunto “tipicamente atea”..nel senso, lei mi insegna appunto , che la diversità va apprezzata e ci sono forme di approccio al cristianesimo cosi come percorsi di riflessione atea e forme di agnosticismo. il pregiudizio non è amico della comprensione. Personalmente rimango sempre su un piano individuale e con la mia confusione, che non definisco ne atea nè non atea. Tra l’altro, credo, non rende giustizia, affrontare appunto in un forum la complessità, come lei sottolinea, della filosofia cristiana.

Studiare e conoscere la nostra identità, significa prendersi la responsabilità di dire chi si è e cosa si fa. Significa combattere e fare lavoro di pressione con i docenti universitari, ordini e professionisti per spiegare che da dove si proviene e il punto da cui partire per costruire una professione.
In questo modo non si corre il rischio di confondere il nostro ruolo con quello dello psicologo o del pedagogista o ancora dell’educatore. Infatti, non basta dire, con tutto rispetto, “ognuno ha letto i suoi libri”..mi spiace ma la psicoanalisi, per esempio, l’ha inventata Freud non Durkheim. Quindi gli psicoanalisti fanno riferimento a lui quando parlano di inconscio non al sociologo.

Sebbene la nostra professione risenta di questa difficoltà identitaria in sede accademica e scientifica, le basi del servizio sociale affondano nel processo di democratizzazione del paese e dell’europa.

é da li si deve partire per trovare i fondamenti della nostra etica.

Quando si parla di intervento professionale dell’assistente sociale, e si nominano le istituzioni cristiane bisogna fare i dovuti distinguo tra una professione di aiuto e un cristiano che aiuta. anche ribadisco in riferimento al valore dell'autodeterminazione che è individuale.
Questo tipo di premesse sono assolutamente necessarie perchè oggi, nel 2012, noi assistenti sociali abbiamo le nostre istituzioni e i nostri riferimenti e non abbiamo mediazioni ecclesiastiche come le hanno i cristiani.

Per rispondere brevemente al gentile intervento di zen sul volontariato, quello che intendevo dire è che il volontariato è la principale risorsa della società civile, ma in italia le istituzioni SPESSO, pensano che la solidarietà, basti vedere comei viene considerata la nostra professione da noi stessi, sia sufficientemente praticabile in un ottica volontarista e non è cosi.

prendiamo l'esempio dei barboni. per lavorare coi barboni, non basta un pasto caldo e un letto.

Per lavora coi barboni ci vogliono metodologie e strumenti di studio del territorio in chiave di prevenzione, strumenti di sociologia urbana, politiche di housing, lavoro psicosociale per approffondire l’identità dell’homeless, normative nazionali e regionali per raccordare e incentivare politiche sociali che rispondano ai bisogni degli homeless, che sono specifici, particolari ecc..

Allora a parer mio, per farla breve bisogna fare molta attenzione.

La chiesa va ringraziata per aver trasmesso dei valori importanti che hanno contribuito allo sviluppo della società civile e alla costruzione dei nostri diritti.

Questi valori hanno contribuito a porre l’individuo in una posizione di privilegio come soggetti di diritti.. ma occorre che il cristianesimo rimanga su un piano individuale (spirituale) perchè solo su quel livello può contribuire a migliorare l’individuo..e crearne un' etica. Oggigiorno, la chiesa e il cristianesimo però con un punto di vista che parte dalla e nella “ricca” società occidentale, presentano un etica servendosi di un "istituzione" quindi coostruendo e proponendo codici morali da diffondere alla “società” civile.

Ma la società non è di dio è degli uomini. e questo la religione se lo deve mettere in testa."Il cristiano è un cattivo cittadino" scriveva Rousseau...

Lasciamo che gli uomini la gestiscano e si prendano la responsabilità di progredire e migliorare con la cultura, con l’uomo e i suoi rapporti, quindi con la scienza, la propria condizione.lasciamo che l'individuo sia autonomo.

al contempo...accettiamo come stimolo “spirituale”e individuale l’etica di dio o del dio che più si incastra all'interno della propria individualità.

Tra l’altro la mia interpretazione personale di alcuni interventi precedenti, si soffermano a parer mio su un discorso “spirituale” e ho in un precedente intervento delineato le differenze.

In conclusione, quindi ribadisco “cristianesimo” come "religione" e servizio sociale significa una cosa, individualizzazione dell aiuto con e in un ottica spirituale e o divina, hanno ben altre conseguenze e significati.
annaclara
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da annaclara »

Non condivido affatto alcuni tuoi passaggi, Davide.

Tu fai confusione tra chiesa e cristianesimo ed intendi la religione solo come spiritualità.

Il cristianesimo non è solo etica, ma comportamento coerente.

Per i cristiani l'amore di Dio per noi non può che diventare amore per i fratelli. Gesù Cristo è stato assai chiaro.

Quindi aiutare l'altro appartiene al cristianesimo. Se come assistenti sociali aiutiamo gli altri, la connessione c'è.

Perchè non la vedi?

Tu puoi anche non vederla (perchè non sei cristiano), ma permetti a noi colleghe cristiane di vederla. Per noi è essenziale.

AC
Daniela Olivo
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Daniela Olivo »

Argomento molto interessante...
Personalemte ho fatto una profonda scelta di fede nella mia vita (fede Cristiana)...in cui ho scelto di mettere Dio al di sopra di ogni cosa...e al centro di ogni cosa...

La mia passione per Dio, per Gesù e per il prossimo hanno trovato espessione nel dono che da lui ho ricevuto...aiutare il prossimo, essere misericordioso verso il "debole"...

Ecco che nel "mestiere" dell'assistente sociale non ho trovato altro che IL MEZZO per servire Dio e il prossimo... e questo lo trovo meraviglioso!

Gesù ci insegna un amora incondizionato, ma che impartisce nel suo amore e nella sua misericordia anche disciplina e ammonimenti...proprio per il bene di colui che amava e istruiva... aiutare, soccorre, perdonare, consigliare, offrire opportunità...questo è il meraviglioso esempio di Cristo nella Bibbia, nella mia vita, nel lavoro...

Nulla da togliere...nulla da aggiungere...solo da "organizzare"....
Nulla si contraddice....

Amo Dio e lo ringrazio per l'opportunità di fare il meraviglioso lavoro che faccio...per il privilegio che "il bisognoso" bussi alla mia porta e io possa aprirgli....

Daniela
Ros5
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Re: servizio sociale e cristianesimo

Messaggio da Ros5 »

Sono perfettamente daccordo con Davide!!!
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