autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti local

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stefania
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autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti local

Messaggio da stefania »

ciao a tutti
spero ci sia qualche collega che lavora nei comuni perché mi piacerebbe un confronto sulle modalità operative.
Io lavoro in un ambito sociale nella regione Friuli venezia giulia, da circa due anni è arrivato un nuovo responsabile che ha burocratizzato molto il nostro lavoro e soprattutto ha creato la gerarchia...
Prima infatti noi sociali avevamo come unico riferimento il responsabile ora l'attuale responsabile ha creato uno staff fatto di 4 assistenti sociali coordinatori e ha diviso il territorio in 4 unità operative.
I coordinatori mantengono tutti i rapporti con la parte politica , organizzano il lavoro e ovviamente mantengono i rapporti con la responsabile.
Le assistenti sociali semplici no, nell'organizzazione ci sono anche dei referenti di area che spesso non coincidono con i coordinatori. Se non coincidono con gli operatori portano le loro "idee" ai coordinatori che poi le porteranno in staff
Altro elemento il nuovo responsabile ritiene il lavoro dell'assistente sociale strettamente legate alle pratiche amministrativo-burocratiche e non vede positivamente il lavoro dell'assistente sociale come facilitatore di reti di supporto , organizzatore di occasioni di sensibilizzazione su tematiche di benessere e salute rivolte alla cittadinanza. Quest'ultimo aspetto è motivato dal fatto che ritiene tale azione di competenza unicamente sanitaria.
Voi cosa ne pensate? che ruolo ricoprite nei vostri enti?
pallaspina
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Re: autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti l

Messaggio da pallaspina »

Ciao collega, ho lavorato 13 anni in un Comune toscano. Quello che rilevavo era la generale tendenza alla burocratizzazione e alla politicizzazione del nostro lavoro, soprattutto negli enti locali. La parte tecnica era ritenuta per lo piú una scocciatura e una perdita di tempo. Del resto, quando come dirigente si hanno informatici e avvocati... bé... no c'e' da stupirsi... Io mi sono sempre chiesta se nessuno direbbe niente se un servizio di psicologia venisse diretto da un ragioniere... o se un reparto di medicina venisse coordinato da un laureato in scienze politiche... bé, questo é quello che accade nel servizio sociale italiano!
Al tuo responsabile io farei leggere il codice deontologico e penserei a fare una segnalazione all'ordine, in quanto le sue affermazioni vanno contro la nostra stessa deontologia.
Peraltro, ti posso dire che da alcuni anni vivo in Spagna, dove esercito la professione, e la realtá é molto molto diversa. In generale all'estero la professione é riconosciuta, i coordinatori sono tutti tecnici, non bisogna lottare per lavorare, la parte tecnica in fondo é quella per cui ti pagano (io ho sempre detto.... per cosa chiedono un laureato in servizio sociale? per riempire le carte é piú economico un ragioniere...mah...) e il tecnico ha davvero voce in capitolo.
In Italia servirebbe un ribaltone culturale, anche il fatto che (a differenza che all'estero) il 90% di noi lavora nel pubblico, non aiuta.... l'ente pubblico é burocratico e apicale, dietro la filosofia del fare l'interesse pubblico in realtá c'e' l'interesse a mantenere lo status quo (=tengo buono il cittadino, quindi mi rivota). Non é che il privato sia piú etico, eh. Il privato spesso funziona come una facciata, almeno dove lavoro io (=faccio vedere che sono buono), peró il lato positivo é che l'immagine che si vende é demagogicamente selettiva (=io aiuto te, perché te lo meriti, e tu in cambio collaborerai facendo X e Y) e il fatto di essere comunque in competenza con altri settori per vivere, permette che si vogliano migliorare alcuni aspetti come appunto la capacitá tecnica dei lavoratori (non si sceglie il burocrate, bensí la persona empatica che capta clienti). Insomma, per noi tecnici é comunque una realtá piú gratificante...
Per me é stato per molti anni un motivo di crisi... vedevo che il sociale pubblico italiano non era per me, a fronte di una crisi professionale fuggii a fare la psicologa, peró ora sto svolgendo entrambe le professioni e devo dire che l'ambito del sociale lo trovo arricchente. Ma non se bisogna farsi un fegato grosso cosí a far capire le cose ad amministratori che non vogliono capire... sarebbe lo stesso se un medico dovesse lottare per far capire al primario che le operazioni si fanno in camera sterile... Mah... a volte mi sono sentita un pó cosí!

Chiara (assistente sociale e psicologa emigrata)
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ugo.albano
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Re: autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti l

Messaggio da ugo.albano »

Carissima,

si tratta purtroppo di una situazione molto diffusa. Questa dipende, a mio avviso, da diversi fattori ormai prevalenti:

1) gli Enti pubblici hanno necessariamente natura burocratica, diversamente da questo modo difficilmente esistono.
2) come faceva notare Pallaspina, c'è dietro un preciso “mandato politico”, in base al quale bisogna dare per consolidare un certo consenso politico locale.
3) C'è inoltre la questione dei dirigenti che non hanno un back-ground di servizio sociale. Su ciò la colpa è della nostra categoria: non siamo stati capaci di richiedere una dirigenza specifica. Basti pensare che la stessa LM, pensata per manager sociali, non viene neanche più richiesta dai colleghi.
4) La gerarchia, che è tipica delle burocrazie, non può essere diversa nei servizi sociali. La questione non è solo di potere e di stile, è più precisamente di competenza. Per esempio la gestione del personale: vedo tanta ignoranza in questi dirigenti pubblici a trattare con i collaboratori.
5) La questione non è degli “altri”, ma “interna”. Per mia esperienza i peggiori capi (in termini di ignoranza) sono proprio i colleghi. Tu parli, nella tua organizzazione, dei colleghi coordinatori. Come si muovono? Che stile hanno? E, specialmente, sono competenti sui compiti di sistema?

CHE FARE? L'autonomia tecnica è sacrosanta e stabilita per Legge. Essa però non è un problema tuo. Quindi fate gruppo e portate avanti istanze sindacali. Fate quindi gruppo. Se il problema è condiviso, affrontatelo come categoria. Inoltre: attenzione ai colleghi coordinatori. Ma sei così sicura che loro non sono d'accordo col capo?

Tutto ciò va ascritto al lavoro pubblico, che ha in sé certe caratteristiche difficilmente modificabili. Paradossalmente q ueste situazioni di malessere lavorativo devono invitare a “ridimensionare” il significato del lavoro pubblico, che magari qualche sicurezza la dà, ma ti toglie l'anima. Il nostro lavora ha infatti delle componenti – la creatività, la flessibilità, il lavoro di relazione – che a priori non ci stanno nel lavoro pubblico che, per natura, è burocratico, gerarchico, spersonalizzante.

Non ti scoraggiare quindi. Già capire cosa si può modificare e cosa no è tanto. Sta poi ad ognuno di noi adattarsi più o meno passivamente all'andazzo richiesto. L'andazzo odierno è quello di “lavorare senza pensare”. Chi pensa è disfunzionale al sistema, appunto perchè questo funziona diversamente da come invece noi vorremmo che il mondo fosse.
Ugo Albano

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stefania
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Re: autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti l

Messaggio da stefania »

GRAZIE A TUTTI....
Ultima modifica di stefania il mer, 06 lug 2016 - 4:26 pm, modificato 1 volta in totale.
Federica72
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Re: autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti l

Messaggio da Federica72 »

Capisco questi sfoghi ma sono molto amareggiata e invito alla prudenza, essendo il forum pubblico.
Difficilmente estranei come noi possono valutare situazioni complesse attraverso lo scritto di un topic.
Lavoro negli enti locali dal 2002, non come assistente sociale però, e nonostante alti e bassi e un cambiamento di ente a metà periodo (2010) continuo a credere nel valore del servizio pubblico. Sono spaventata dall'idea di passare a fare l'assistente sociale nel mio comune se queste sono le condizioni....
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ugo.albano
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Re: autonomia tecnico professionale e gerarchia negli enti l

Messaggio da ugo.albano »

La questione è molto semplice: chi ha compiti dirigenziali NON PUO' non saper gestire il personale. Il problema è che da anni pure il Legislatore se n'è accordo, da decenni il Dipartimento per la Funzione Pubblica emette di continuo circolari, ma ci troviamo spesso situazioni organizzative irretite.

In ciò il fatto che una collega - dirigente - commetta lo stesso errore la dice lunga sulla necessità di professionalizzare i livelli apicali. Il fatto che una collega dirigente esprima questi agiti a me fa venire non solo rabbia, ma pure tristezza: tutte le lotte che abbiamo fatto per anni nel volere assistenti sociali dirigenti non significava affatto questo.

La questione non è solo deontologica (e lì pure il Codice parla chiaro), ma di merito e di cultura. Possibile che oggi, 2016, il dirigente si sente ancora il "capo" e non come un "manager"??

Invito a leggere questo bellissimo articolo appena pubblicato, che meglio spiega la questione:
http://www.informazionesenzafiltro.it/d ... n-esempio/

TORNANDO AL POST: un buon dirigente non contrasta, ma favorisce l'autonomia tecnico-professionale, che nel nostro caso è pure prerogativa di Legge (DPR14/1987).

Speriamo. Io credo che l'Italia ha davvero bisogno di dirigenti manager coscenzioni, preparati ed equilibrati. Di "capi" dal DNA fascista non ne ha più bisogno il Paese, ma da tempo......
Ugo Albano

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