SCIENTIFICITA' DEL SERVIZIO SOCIALE?

LA SCIENTIFICITA' DEL LAVORO DI ASSISTENTE SOCIALE

Sondaggio concluso il lun, 14 apr 2008 - 1:25 pm

POSSO DIMOSTRARE CHE IL MIO LAVORO QUOTIDIANO ( NELLA PRASSI ) DI ASSISTENTE SOCIALE E' SCIENTIFICO?
6
86%
OPPURE POSSO DIRE CHE NON LAVORO IN MODO SCIENTIFICO MA L'ASSISTENTE SOCIALE SEGUE PIU' IL BUON SENSO E PROPRIO INTUITO ?
1
14%
 
Voti totali: 7

furio
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SCIENTIFICITA' DEL SERVIZIO SOCIALE?

Messaggio da furio »

Salve, sono un assistente sociale di Roma, volevo propormi e proporvi un quesito, che mi è venuto lavorando e seguendo la mailing list ASIT, in particolare avendo del colloqui con il prof. Colaianni:
" Come dimostrare la scientificità del mio lavoro di assistente sociale nel quaotidiano? In particolare un esempio:
lavoro come assistente sociale in un centro di riabilitazione e per ogni utente che seguo ho delle riunioni con altri professionisti ( fisioterapista, psicologo, neurologo, fisiatra, logopedista) con i quali sono chiamato a concordare un progetto di riabilitazione globale, e quindi ad integrare gli obbiettivi del servizio sociale con quelli degli altri professionisti concordandoli con il paziente /utente. Periodicamente abbiamo equipe di verifica sugli obbiettivi per ciascun professionista e alla fine verbalizziamo
Come dimostrare ai colleghi di altre professionalità appunto ( fisioterapista, psicologo, fisiatra ecc.) che il mio lavoro di servizio sociale in questo centro ha caratteristiche di scientificità? Perchè è scientifico? Qualcuno potrebbe obbiettarmi che lavoro solo con il buon senso, come dimostrargli il carattere di scientificità su "caso" concreto che sto seguendo? ( es. seguo un signore di 53 anni che ha avuto un ictus e viene al centro per fare fisioterapia. Il responsabile medico ha chiesto il mio inserimento nel progetto perchè individua dei problemi di tipo sociale nel nucleo del paziente, cosa che riscontro anche io nella visita domiciliare e nei primi colloqui di conoscenza ecc. - ognuno sviluppi il seguito con fantasia e creatività...) Se si vuole fare un esempio di un "caso" ( eliminando dati sensibili veri e fare riferimento al modello teorico e applicativo del proprio lavoro ecc.
aspetto vostre grazie
ciao
furio
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Messaggio da Nazg »

a primo impatto leggendo le due opzioni del sondaggio avrei detto:
"dovrebbe essere il primo, ma spesso è il secondo"
e quindi non ho risposto :lol:

secondo me ci sono elementi oggettivi, altrimenti su cosa possiamo fare una valutazione? Forse man mano che il tempo passa e si acquisisca esperienza si incrementano gli elementi di "fiuto" professionale verso alcune problematiche e quindi si reagisce in base ad un ipotetico istinto che in realtà non è alltro che il bagaglio professionale acquisito che si manifesta...

gli elementi oggettivi dicevo ci sono: casa fatiscente o in buono stato, reddito da lavoro o da pensione o nessun reddito, presenza di patologie più o meno invalidanti (che altri professionisti diagnosticano, ovviamente!), ma io ci metterei pure le relazioni sociali intra ed extra familiari....
si si lo so quelle sono piene di sensazioni oggettive quando ci sbattiamo il naso sopra, ma sotto sotto anche loro hanno ottenuto dei degni strumenti di valutazione (es. Mappa di Todd,ecc.) e che cavolo allora USIAMOLI!

mi sa che che gli a.s che usano solo il buon senso non sono degli a.s. interessati a migliorare la propria qualità professionale:
se fare l'a.s. volesse dire avere buon senso allora molti potrebbero sostituirci, o no???

spero di aver sollecitato ulteriormente la discussione
:oops:
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un volontario allora potrebbe fare l'assistente sociale?

Messaggio da furio »

Si infatti, il punto e' proprio questo, cosa può distingue un assistente sociale professionista da una persona qualunque che vuole "aiutare" l'altro o qualcuno che fa volontariato?
Il servizio sociale è una scienza?
Il lavoro dell'assistente sociale è basato su un metodo scientifico, un modello teorico e un modello applicativo?
aspettiamo risposte di altri colleghi
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Re: un volontario allora potrebbe fare l'assistente sociale?

Messaggio da Nazg »

furio ha scritto:Si infatti, il punto e' proprio questo, cosa può distingue un assistente sociale professionista da una persona qualunque che vuole "aiutare" l'altro o qualcuno che fa volontariato?
Il servizio sociale è una scienza?
Il lavoro dell'assistente sociale è basato su un metodo scientifico, un modello teorico e un modello applicativo?
non potrebbe definirsi scientifico il lavoro per progetti qualora si basi su un percorso attento di valutazione dei bisogni e delle risorse, e ovviamente anche dei risultati in base a standard definiti per legge e indicatori oggettivi?
:idea:
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scientificità

Messaggio da ugo.albano »

Ogni tanto il tema viene a galla, vedo.

La scienza è per definizione un corpus di conoscenze, raggruppate, dimostrate ed in continua evoluzione, rispetto ad una certa area. Questo vuol dire che la scienza richiede un pensiero (che ipotizza e specula) ed una pratica (che verifica e restituisce alla teoria).

Il servizio sociale è una scienza? Dipende.

Certo è che sul piano teorico siamo messi non bene, nel senso che di letteratura ce n'è tanta, ma occorre un consenso epistemologico. La confusione la conoscono molto bene gli studenti, i quali, dopo i tre anni non si sentono di possedere una scienza e non si definiscono neppure dottori, nonostante la Legge lo preveda (Dottore significa infatti avere scienza!).Ahimè,......

C'è però parecchia "buona pratica" che secondo me è scientifica, sia perchè agita con metodo, poi perchè verificata sull'efficacia.

Il problema, sempre secondo me, è che lo sviluppo teorico (e la stessa formazione accademica) è in mano ai sociologi, i quali se ne fregano del servizio sociale. L'altro problema è che gli assistenti sociali fanno tanto, ma riflettono poco, ancor meno scrivono, cioè "formalizzano" un sapere.

E' un pò come Newton: dopo che la mela gli è cascata in testa non ha detto solo "ahi", ma ha cercato di capire perchè. Ogni scienza parte da li.

Ugo
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Re: scientificità

Messaggio da Nazg »

ugo.albano ha scritto: Il problema, sempre secondo me, è che lo sviluppo teorico (e la stessa formazione accademica) è in mano ai sociologi, i quali se ne fregano del servizio sociale. L'altro problema è che gli assistenti sociali fanno tanto, ma riflettono poco, ancor meno scrivono, cioè "formalizzano" un sapere.
concordo co Ugo, è molto difficile chiedere ad un assistente sociale di scrivere, per esempio, un articolo sul suo lavoro e sperare che ti risponda positivamente.
Scavando a fondo nel dialogo tra colleghi si scoprono modalità di lavoro ottime, riflessioni sui bisogni dell'utenza, sui fenomeni e sui problemi dell'organizzazione...ma poi non c'è il tempo (o la voglia) di condividere tutto ciò tramite la scrittura.
Che ci sia dietro la paura di esporsi?
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scrivere

Messaggio da ugo.albano »

Concordo sull'analisi, anche se è un paradosso: le assistenti sociali, che di solito stanno sempre a relazionare per gli altri, poi non hanno voglia/tempo di scrivere su se stessi. Non è penoso?

Io la penso in questo modo: c'è chi agisce professionalmente (ed è riflessivo, quindi scrive) e chi no (fa e non riflette). Altro che sezione A o B!!!!!

Il sentirsi professionista richiede di possedere un habitus teorico, quindi il professionista legge e scrive, ad ogni caso è sempre in contatto con il suo gruppo professionale.

Chi non si sente professionista e quindi in tal modo lavora, non pensa e quindi non scrive (e se lo fa sul lavoro lo fa pure male!) e neanche si sente parte di un gruppo più vasto. Il "non professionista" non a caso va in burn-out, perchè disinveste cognitivamente sul suo lavoro.

Tutto ciò per dire che la scientificità del servizio sociale non deriva dal cielo o da una Legge (quella pure c'è, tant'è che gli stessi corsi di laurea si chiamano "in scienza del servizio sociale"), ma dalla riflessione teorica. Ora, c'è chi la fa e chi non la fa.Secondo me molti la fanno, ma la maggioranza no: e questo è un bel problema!!!!

Ugo
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Messaggio da Nazg »

mi pare di dedurre dal discorso di Ugo che la scientificità del servizio sociale è molto influenzata dall'atteggiamento dell'AS verso la professione e dal suo derivante comportamento attivo o inattivo.

effettivamente non capisco i colleghi che mi rispondono: "scrivo troppo sul lavoro e quindi non mi va di scrivere altro", mi pare si siano incagliati da soli sul "fare" e abbiano accantonato la possibilità di dire la loro in altro modo, di rileggere con occhio critico la propria quotidianità.

Questo va ad influire anche sulla partecipazione professionale dei singoli nei confronti della comunità, sul candidarsi per l'ordine regionale, sulla partecipazione a corsi di aggiornamento, ecc.

La mia "paura" è che i giovani AS in alcuni casi si comportino come vecchi AS incancreniti e in burnout...
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a proposito di scientificità...........

Messaggio da ugo.albano »

Da alcuni mesi sono stato nominato nel direttivo di una Società Sientifica di Servizio Sociale a Roma. Si chiama Socialia, è una Società in seno al SUNAS.

Pensate che si è discusso ultimamente molto proprio sullo stesso tema, specialmente perchè negli anni scorsi in tal senso la Società si è mossa, con formazioni e pubblicazioni.

Io sono ormai (dopo venti anni di professione....) radicale: la scientificità non è un suggello che ci dà l'Accademia (la stessa che ci stà deprofessionalizzando....) ma è anche lo sviluppo teorico di una pratica. Su questa affermazione ho proposto di avviare a Roma un "laboratorio di scientificità": in soldoni, facciamo un sabato al mese di formazione in cui ogni volta un collega comunica il proprio pensiero e la propria pratica.

ERGO: avete voglia di sperimentarvi in quest'avventura? Chi di voi ha una prassi scientifica (cioè efficace)? Vi riconosciamo un gettone di presenza e vi rimborsiamo le spese per venirci.

Vi piace l'idea? Vogliamo cominciare a fare sul serio?

Riservo la proposta solo ai partecipanti a questo forum.

Chi vuole informazioni o ha in testa qualche idea, mi contatti direttamente.

Ciao a tutti.

Ugo
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Messaggio da Nazg »

mi pare che la proposta di Ugo sia molto interessante perchè chiede agli ass.soc. di essere veramente protagonisti nel proprio contesto professionale.

Lo sviluppo teorico nasce dalla base se come ass.soc. siamo in grado di riflettere sulle azioni compiute e cerchiamo di dare un senso di qualità e validazione.
Il confronto con gli altri colleghi è uno strumento, secondo me, utilissimo per rivedere il proprio lavoro alla luce delle teorie e viceversa :D
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Aggiornamenti ...

Messaggio da Angela N »

Ciao!
Argomento molto interessante!!
Io ho partecipato ad un corso di formazione sul modello narrativistico che vanta di essere scientifico e quindi verificabile.
Vi dirò che questo modello mi ha lasciato molti dubbi ... anche se interessante.
Io valuto che abbiamo, come Servizio Sociale, molti modelli di riferimento ma noi AS non abbiamo provato ad applicarli seriamente ai casi, facendo poi una statistica e una verifica del modello stesso.

Volevo sapere se la proposta del gruppo di lavoro di Roma è ancora attuale e, se i colleghi si sono incontrati, quali sono stati i risultati.

Angela
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per Angela N

Messaggio da ugo.albano »

No, non si sono ancora incontrati. E' previsto per il 2008. Poi darò notizia su questo forum.

Comunque: c'è sempre posto, si sono aggiunti altri colleghi con delle proposte davvero interessanti! C'è una ricchezza che mi sorprende.

E che bella scientificità!!

Ugo
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mara
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Messaggio da mara »

Salve a tutti!
Non sono ancor assistente socile ma essendo già al secondo fuori corso credo appunto di aver appreso molto....credo che si alla fine noi nel nostro lavoro dovremo servirci di tutta una serie di conoscenze e di metodi applicativi,però il punto è che in qualsiasi professione e naturalmente ancora di più nella nostra non bisogna mai dimenticare di avere fronte prima di tutto delle persone,degli esseri umani con sentimenti e vissuti propri,insomma il campo del sociale a differenza di quello dell'elettronica ad es. è bello proprio per questo,non sùci sono dei robot dall'altra parte,ma persone come noi ed volte aiuta molto di più il proprio istinto che esclusivamente una preparazione "scientifica".E' importante riuscire a combinare entrambe le cose.
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scientificità, si, ma come?

Messaggio da ugo.albano »

Cara Mara,

la tua contrapposizione servizio sociale - elettronica mi ricorda che io, prima di essere un assistente sociale, sono stato un tecnico elettronico.

In tutta verità: l'essere stato nel campo "tecnico" mi aiuta ancor oggi nel servizio sociale. Insomma, 1+1=2 vale pure nel servizio sociale, credimi.

Anzi, la debolezza scientifica del servizio sociale è stato proprio questa: 1+1 poteva essere pure 3 o 5, ....il problema è che spesso dopo il segno uguale gli assistenti sociali non scrivevano mai niente (al di là delle chiacchiere).

Cosa voglio dire? La scientificità non è la "teoria" ed il servizio sociale non è la "pratica". Nè può essere il servizio sociale (come mi pare che tu sostenga) una fantasia, un'arte, un esercizio dell'intuito (per quanti alcuni ricercatori pure lo sostengano......).

Aiutare significa farlo con metodo, occorre conoscere i fenomeni su cui si interviene, .......gli stessi nostri interventi hanno senso se sono efficaci rispetto a quanto prima posto,......ma se prima non pongo alcunchè, è un "fare per fare". Alla lunga lavorare così vi manda in burn-out.

Il servizio sociale è scientifico, se cioè realizza quanto prima ipotizzato, nè più e nè meno come l'elettronica.

Certo che però il nostro campo è più complesso dell'elettronica. Complesso però non vuol dire "nebuloso": a maggior ragione, nel nostro campo, contenuti e metodi devono essere ben chiari ed orientati all'obiettivo.

Se -concludo- un tecnico elettronico è bravo se alla fine le macchine funzionano, allo stesso modo un assistente sociale è bravo se le persone per cui lavora stanno meglio. Questa è la scientificità.

Se manca ciò, manca non solo scientificità, ma "senso", l'aiuto diventa un gioco, un modo per "mantenere la disuguaglianza sociale", qualcosa che è bene che sparisca, a mio parere.

Ugo
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mara
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Messaggio da mara »

Ciao finalmente ho letto la tua risposta sai forse mi sono espressa male io,ma non intendevo dire che il servizio socilale debba essere un'arte o altro nè intendevo dire che la pratica e la conoscenza dei fenomeni non servano a niente,ma solo che si può anche cadere nel rischio che poi le persone vengano trattate non da persone,ma solo come dei casi su cui lavorare e che comunque basarsi un pò sul proprio istinto non credo sia sbagliato.....
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