l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Tavola di discussione sulle questioni relative all'Ordine Nazionale degli Assistenti Sociali e agli Ordini Regionali.
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ugo.albano
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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da ugo.albano »

Ho vissuto anche io all'estero per cinque anni, ai miei tempi - con l'entrata in vigore del DPR 14/1987 - mi sono ritrovato (ed eravamo in tanti all'estero) con un titolo di studio non più valido dalla sera alla mattina. Dall'estero capire che cavolo succede in Italia è un bel problema, vista l'italica (brutta) abitudine delle istituzioni a non rispondere. Vi lascio immaginare il "senso di appartenenza" dove andava a finire....

Devo dire che il "pensiero ricorrente" di chi vive all'estero è sempre quello: amore-odio verso la madre Patria. Amore perchè si hanno radici e storia nel Belpaese, odio perchè per campare bisogna andarsene. E' un "dissidio identitario" che conosco, che mi fece fare allora la grossa cazzata di tornare in Italia. Non l'avessi mai fatto. Molti colleghi, invece, con cui ho ancora rapporti, ci sono rimasti e di ritornare non ne hanno proprio voglia.

La questione "albo si e albo no" dipende dal progetto di vita di ognuno. Come sapete, il progetto migratorio, oltre che "materiale" (si va dove c'è il pane) è identitario. Ancorpiù se si hanno figli: occorre DECIDERE dove voler vivere leggendo la realtà. In tal senso, se si vuole vivere nel paese x o y, una volta fatto conviene stabilizzare il proprio percorso in quel luogo. Secondo me il "lasciarsi una via di fuga" aperta (cioè verso l'Italia) mi pare perdente, oggi come non mai.
Ugo Albano

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pallaspina
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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da pallaspina »

guarda, non me lo dire a me... ho toccato con mano.... non solo ti fanno dare esami in piú per riconoscere il titolo, ma io non ti dico il sangue che ho sputato per studiare qui... in quanto avevo finito un anno di psicologia e volevo continuare senza buttarlo... alla fine diciamo che l'ho spuntata solo perché sono tenace, ma ho dovuto fare traduzioni giurate, pagarle salate, stressarmi... il problema é che Bologna non ha risolto nulla, perché i piani di studio sono diversissimi. Ad esempio: psicologia e servizio sociale in Italia sono 3+2 per 300 crediti totali, in Spagna sono 4 anni a ciclo unico per 240 totali... Solo le professioni mediche hanno una relativa facilitá di convalida, o per lo meno non devono integrare esami, peró devono comunque fare la trafila...
Concordo con Ugo che se ora il tuo progetto é lí, ti conviene fare le pratiche lí e non infognarti con l'Italia.
per me, Ugo, é piú dubbia la cosa perché mio marito ha comunque (per ora) un lavoro a termine, anche se molto lungo. Noi abbiamo chiaro che vogliamo o restare qui o spostarci in Europa ma non tornare in Italia, peró sai, non si sa mai... io per ora viaggio dietro a lui e non ho nulla in mano... e chiudere la finestra italiana, ovvero mollare definitivamente un posto fisso in Comune, con l'aria che tira, é abbastanza folle... so che prima o poi lo dovró fare ma prima vorrei avere qualche prospettiva piú certa, per lo meno finire l'universitá e poi avere un titolo (o di psicologo o di a.s. - omologandolo- o tutti e due) spendibile comunque... ma concordo con te che l'Italia é lontana, anzi io non ho neppure la mancanza delle radici, forse perché anche in Italia mi sono sempre spostata e perché in Spagna ci sono tantissimi italiani e c'e' 'u sole e 'u mare.... non lo so... :lol: sta di fatto che non rimpiango nulla, anzi, vedo una grossa differenza in termini positivi... mi spiace ma io non sono il comandante che affonda con la sua nave, sará egoismo ma mi salvo io e soprattutto voglio offrire qualcosa di diverso ai miei figli e giá il fatto che parlino 3 lingue é un grosso valore....
davide
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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da davide »

Grazie e grazie Dott. Albano ,le sue sono parole forti, ma dentro di me so che sono vere. devo solo avere il tempo di elaborarle. Io tengo una finestra aperta considerando anche il fatto che fra una decina d'anni magari le cose saranno ancora più "Europee" e ci sarà la possibilità di poter lavorare e spostarsi con ancora più facilità. ma ho bene in mente che al momento in Italia non si può tornare, la situazione sta diventando estremamente precaria, il discorso occupazionale sta,se pensiamo al meridione,arrivando a dei livelli di "distruzione generazionale". i giovani dai 18 ai 30 sono completamente, non solo non considerati, ma trattati male, offesi insultati e derisi nella loro dignità professionale e umana. c'è da arrabbiarsi tanto considerando soprattutto che il livello culturale e le realta clientelari stanno completamente azzerando anche le possibilità di dare un senso alle nostre formazioni. visto che moltissime università sono completamente immerse in certi meccanismi e una laurea presa al sud è completamente diversa da una laurea presa al nord.e ogni 5, 6 anni che si fa..una nuova riforma,un nuovo conteggio di crediti, una nuova formazione..
il problema però rimane sempre, io non capisco cosa si sta inseguendo, che modello?
con l'indebilimento della pubblica amministrazione, con il passaggio da "stato" a "privatizzazione" neoliberista sociosanitaria, mi chiedo ma quale sarà il futuro dell' A.sociale? saranno capaci le riforme di dare un "campo di lavoro" reale??c'è veramente una confusione incredibile..
grazie per l'attenzione.
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ugo.albano
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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da ugo.albano »

Caro Davide,

le Sue parole mi hanno molto colpito. Infatti il problema non è "c'è o non c'è lavoro", bensì come un sistema inefficiente e clientelare (quale è l'Italia) snaturi il senso stesso dello stato sociale.

Non è solo questione di politica e di baronie universitarie: è pure una PALESE INCAPACITA' degli assistenti sociali di LEGGERE LA REALTA'.

Ancora oggi si insegna all'università un welfare che non esiste. Ancora oggi i colleghi disoccupati aspettano il "concorso". Ancora oggi non siamo capaci di vedere i mille spiragli lavorativi che il settore privato, in qualche modo, offre. Ancora oggi, quando leggo le riviste professionali o quando vado ai convegni, me ne esco sempre con questo pensiero "ma questi quà dove vivono"? E' a mio modo di vedere emblematico il fatto che, da quando è nato, il nostro Ordine nazionale ha sempre avuto un presidente pensionato....significherà qualcosa?

Se alla fine noi che studiamo in Italia ci troviamo paradossalmente meglio all'estero, ciò è segno che da noi la professione è morta. Io di cadaveri ne vedo tanti in giro...... Lei pensi che io, da ex sindacalista, sono d'accordo con l'abolizione dell'art. 18, solo che consiglierei al premier di iniziare proprio dal pubblico impiego e, se lo posso suggerire, proprio dagli assistenti sociali. Il paradosso è che il "cambio radicale" debba venire non dalla sinistra, ma da un liberista come il prof. Monti della Bocconi.....

Stiamo parlando di cose su cui all'estero si parla tanto, ma non in Italia. Stiamo parlando, ad ogni caso, un linguaggio incomprensibile alla maggioranza dei colleghi. Meno male che almeno questo forum ci ospita...................
Ugo Albano

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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da davide »

volevo anzitutto dirle Dott. Albano che leggo i suoi articoli e apprezzo molto la sua capacità critica e libera di esprimersi. Ho letto molti suoi interventi e devo dire che lo spirito battagliero e non-pregiuiziale che lei esprime mi rende ottimista!purtroppo è raro fra professionisti del suo calibro, soprattutto considerando la disponibilità con cui si confronta con giovani come noi. Allora,prendo spunto da ciò che lei racconta, per supportarlo. racconto brevemente la mia esperienza, magari qualcuno capisce a cosa cosa mi riferisco. Io ho 30 anni, con un curriculum che considero ricco e pieno di esperienze in Italia, all'estero, lauree,tesi comparate, volontariato all'estero, frequento un master, tirocini all'estero, esperienze di anni in italia nelle cooperative, percorsi di analisi personale ecc). insomma mi piace il sociale. L'anno scorso ho deciso di fare l'esame di stato, in un università del meridione: una delle esperienze più tristi che io abbia mai vissuto, nonchè esplicativa della pericolosa e sconfortante arretratezza culturale con cui oggi si lavora nel sociale. in commissione sedevano alcuni ass.sociali che hanno deciso, poi ho scoperto, di non ammettermi "a priori"( la mia prima laurea è in sc. dell'educazione) indipendentemente dalle cose che sono state dibattute negli scritti e nell'orale.( ho passato entrambi gli scritti, l'orale non dico tutto ciò che è successo).

Io ovviamente posso sostenere l'esame di stato, avendo per legge, tutto in regola esami di Serv. Sociale fondamentali compresi ma non ho la triennale che ho in un certo qual modo fatto rientrare in un duro piano di studi in specialistica. Pensi che mentre io parlavo di "società liquida",neoliberismo e smantellamento del welfare,privatizzazione e marchetizzazione dei servizi nel territorio e lavoro sui casi in chiave di quasi-mercato (ho fatto tirocinio anche all'estero, una tesi comparativa con un paragone tra codici deontologici tra Italia e UK, insomma molte cose nuove...) le risposte di alcuni commissari si sono concentrate su domande tipo : "i modelli del servizio sociale", "la programmazione sinottica e centralizzata", il modello di progrm. degli anni 70/80!! vedevo e mi accorgevo che molti di loro, esclusi i prof che però non erano ass. sociali ma sociologi, non sapevano di cosa parlavo.

vabbè a parte il tentativo corporativo, tipico clientelare/massonico di chiudere le porte a chi ha un percorso di base diverso da puro ass sociale, anche se non capisco visto che io ho sostenuto tutti gli esami fondamentali di Serv. sociale nel biennio successivo, ma quello che colpisce è come noi siamo in mezzo a riforme di crediti, meccanismi clientelari di chiusura al mercato del lavoro da parte di vecchi 60 enni, mentalità arretrata di analisi del sociale, irresponsabilità valutativa non controllata con la dovuta accuratezza da organi indipendenti come l'ordine, professionisti che trattano casi ma che non sanno niente di sistemi informatici,di problmeatiche sociali come culturale neoliberista della finanza, smantellamento del welfare, counselling e terapia breve strategica ecc ecc...rinchiusi in una vecchia scrivani di un comune del meridione, questi signori addiriturano ironizzano in sede d'esame su percorsi variegati e formazioni europee.. "ma lei lo conosce il codice deontologico italiano o conosce solo quello inglese??" sono uscito dall'esame con le gambe che mi tremavano, sopratutto perchè vedevo gettati all'aria tanti anni di sarifici e soldi e vedevo come in realtà mi sbattevo contro un muro.

il governo monti, la riforma del mercato del lavoro è una mano europea per allineare l'italia al resto della tribù. premesso che io non concordo con quasi niente, mi riferisco al processo di smantellamento del welfare, politiche sociali neoliberiste, azzeramento dei diritti sociali dei lavoratori, azzeramento del ruolo dei sindacati ecc ecc sa cosa penso??
che vista la situazione attuale di clientilismo da pubblica amministrazione, purtoppo siamo arrivati al punto che la cura di un neomercantilismo montiano e draghiano sia ahimè L'UNICA strada per levare dalle palle questi vecchietti cche stanno davvero rovinando quel poco che è rimasto!!

dal basso, dal welfare e dalle politiche sociali di una sinistra vera e sociale (non quella dei partiti dalemiani ovviamente) dai dibattiti su giustizia locale e redditi di cittadinanza, non solo non è stato costruito un bel niente, ma è stata data e si continua a dare l'illusione di un dibattito politico e sociale che è assolutamente falso, corrotto e pericoloso.

c'è da arrabbiarsi?? certo da arrabbiarsi. c'è da studiare e c'è da capire...ma purtroppo c'è anche da vivere e portare avanti un progetto di realizzazione professionale. con i mulini a vento..non è sempre salutare lottare..
la ringrazio davvero per i suoi spunti dott. Albano.
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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da chiara79 »

Ciao Davide, adesso capisco la tua situazione. Ti conviene cambiare sede di esame di stato, anche se il tuo racconto sul corporativismo in sede di esame di stato non è il primo che sento. Infatti ora la riforma dell'ordine professionale, se passerà, non renderà più possibile presentarsi all'esame di stato dopo il quinquiennio di studi se il percorso (3+2 o laurea a ciclo unico) non è stato tutto nell'ambito delle lauree in servizio sociale.
Io che avevo alle spalle una laurea del vecchio ordinamento (tra l'altro dichiarata equipollente a fini concorsuali alla classe delle lauree specialistiche del nuovo ordinamento in servizio sociale), proprio per evitare di incappare in una situazione simile a quella in cui ti trovi ora, ho preferito iscrivermi alla laurea triennale e ora sono iscritta all'albo B. Tra l'altro se ora mi dovessi disiscrivere ho il terrore che poi non potrei più rifarlo perché se passa la riforma professionale per essere iscritta all'albo sarei obbligata a fare la specialistica in servizio sociale (che già ho!!!) e rifare l'esame di stato. Ecco perché anche se lavorerò all'estero pagherò SEMPRE la mia iscrizione. Ma ti rendi conto?!?
In Italia non si può mai stare certi, ci sono riforme ogni giorno e si rischia improvvisamente di non essere più in regola. Che sconforto! Fatti forza e fai l'esame di stato al più presto, altrimenti se passa la riforma sei fuori dal giochi.
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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da ugo.albano »

Che tristezza, Davide!

Da come scrive ed argomenta io l'avrei promosso senza problemi. Chi Le parla è stato per quattro volte commissario ed io sono stato severissimo, mi creda.

In questi esami ho molto stimolato il dibattito con quei (assai pochi) candidati provenienti da percorsi "spuri", vedendo la contaminazione di saperi come un'opportunità e non come un ostacolo. La questione non è solo "sapere", ma anche connettere ciò al ruolo professionale. I migliori candidati che mi ricordo erano proprio questi: educatori, sociologi, teologi, finanche o.s.s...

Il problema è invece che, quando ci si pone con competenze con commissari ignoranti, scattano le difese. Siccome certi sanno solo "1+1=2", è il caso di rispondere 2 e nulla più. Porsi con competenze a persone incompetenti, che però hanno il potere, fa succedere queste cose.

Nostro Signore raccomanda nel vangelo di "non dare perle ai porci", altrimenti questi "vi si rivoltano contro. Se lo dice Gesù Cristo.....

Lei deve però tramutare le Sue conoscenze in "strategie". Lo so che non è facile per voi giovani. Lei è inoltre (come me) un uomo, noi abbiamo il vizio di dire le cose come le pensiamo, quando l'interlocutore è dell'altro sesso, prevalgono umori, impressioni ed emozioni.

ERGO: le prenda per culo! Rifaccia l'esame di stato, dica loro quel che si vogliono sentir dire e poi via!

Io credo, penso ed affermo che la nostra professione abbia un immenso bisogno di persone come Lei.

Rifaccia l'esame. Logicamente cambiando sede.

Non dia poi giudizi di arretratezza sul Sud. La questione è (purtroppo) "trasversale", mi creda: da Lampedusa a Bolzano la testa è sempre quella. Anzi (se vogliamo essere razzisti fino in fondo) è dal sud che viene una forte spinta all'innovazione. Parola di meridionale!
Ugo Albano

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Re: l'AS italiano e l'albo: e se si lavora all'estero?

Messaggio da davide »

Grazie Chiara per il tuo incoraggiamento e Grazie Dott. Albano per la fiducia che mi ha accordato mi da ottimismo.
concordo con ciò che avete scritto e cercherò di fare tesoro delle vostre esperienze. in effetti rileggendo la mia mail, c'è ancora molta rabbia rispetto ad un episodio che è giusto come sottolinea bene dott. Albano affrontare con uno spirito diverso,ed è bene canalizzare questa rabbia in qualcosa di costruttivo e tenere duro, d'altronde il commissario è purtoppo l'espressione o il risultato di un sistema ben più complesso per cui occorre agire in maniera propositiva.

insomma è proprio vero "tramutare le nostre conoscenze in strategie "e qui riconosco il fatto che spesso l'esperienza è sempre importante, e a me manca; inoltre Dott. Albano ha proprio centrato il punto alla perfezione a parer mio, anche col discorso "difese" psicologiche,è quello che ho percepito anche durante l'interrogazione, e la valutazione. una sensazione mai provata prima, ma è un atteggiamento dott. Albano che le persone oltre i 55 60 anni hanno, una certà rigidità piscologica, una "strutturazione" dei loro principi, psicologici,umani, professionali e caratteriali che fanno una resistenza incredibile..dannosissima.
ed è per questo che è molto dannoso perchè sono chiusi al cambiamento, alla nuova proposta,sono chiusi alla "crisi" delle loro idee, dimostrando una scarsissima capacità critica, provenendo da percorsi educativi post fascisti, democristiani, immersi in culture conservative cattocomuniste, in realtà molto rigide, scolasticamente e lavorativamente parlando. oggi la loro mente davanti alle solleccitazioni davanti anche alla semplice "formazione continua" reagiscono in modo pigro, e come lei ha scritto prima, nei convegni si parla di cosa??questo è un discorso sociologico ma è un discorso "psicologico" e va affrontato con grande senso di umiltà e voglia di dialogare in maniera aperta. la messa in discussione non è facile per nessuno, io l ho sperimentato spesso nella mia breve esperienza, basti pensare ai quei genitori che dicono..." io ho i miei principi..."
le idee fisse le posizioni rigide, rappresentano un blocco della società, qui manca uno scontro generazionale.. e i confronti/scontri generazionali che in italia non sono mai avvenuti rappresentano il passaggio inevitabile per poter crescere liberarsi dal vecchio... se il figlio litiga con i genitori e non si scontra col padre non potrà mai diventare persona consapevole capace di crescere realmente.

certo ...cambiare sede, adeguarci a chi abbiamo davanti, per raggiungere l'obiettivo personale tutto giusto,tutto bene. ma risolviamo il problema? io non so, lo faccio si, ma dentro di me permane un senso di disorientamento e non so quel meccanismo di "l'importante che io riesca poi"...sia il percorso giusto da fare. non so parlo come "giovane" che è comunque spaventato davanto al suo futuro come molti altri in questo forum ne sono convinto.

.. e allora non possiamo lamentarci se le immense problematiche che gli assistenti sociali sollevano, l' immagine professionale, lo scarso aggiornamento formativo, la scarsa cultura rispetto alle dinamiche sociali contemporanee..ci caratterizzano, in fondo questa pigrizia è l'approccio comune trasversale che caratterizza questa professione...ed è ovvio che l'assistente sociale sia anche questo.

concludo scusate i miei quasi monologhi..pessime capacità di sintesi.
ha fatto molto bene dott. Albano a sottolineare il discorso sui giudizi del Sud.. volevo solo se mi è possibile dire, che spero di no, rifletterò su questo,ma non credo di avere pregiudizi sul sud, io stesso sono meridionale, isolano per giunta, e ho studiato e lavorato al nord e al sud..e concordo sul discorso della trasversalità. purtoppo la questione è ben complessa. le risorse economiche sul sociale che hanno in lombardia, in emilia romagna o in piemonte sono tante e vengono investite in maniera diversa e questo alla lunga negli anni...incide..

forse da meridionale le dico che è perchè amo cosi tanto le mie origini che sono particolarmente deluso e quindi severo con ciò che vedo nella mie realtà..

un caro saluto buona giornata.
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